“Quante volte le vostre dita hanno digitato sulla tastiera oggi? Quante ore siete stati seduti davanti allo schermo del computer? Quante e-mail avete inviato? Quali siti web avete visitato sul computer aziendale o sul cellulare? Se conosceste le risposte, pensate che rappresenterebbero accuratamente la vostra giornata lavorativa, ciò che avete fatto e quanto siete stati produttivi? Non sono sicuro, per esempio, di come gli strumenti di monitoraggio come i software di key logging o la videosorveglianza rifletterebbero accuratamente il valore e il risultato di una riunione che ho avuto oggi con il mio team”.

Inizia così la riflessione di Ralf Gegg, Vice President EUC di VMware EMEA, sui sistemi di monitoraggio dei dipendenti sempre più in voga in un mondo caratterizzato dal lavoro ibrido come quello attuale. Attualmente, infatti, è in corso un grande dibattito tra i datori di lavoro e i loro dipendenti su come misurare le prestazioni e la produttività ora che le persone lavorano “da casa e da fuori ufficio”. Un dibattito iniziato per il semplice fatto che, a differenza degli strumenti di lavoro digitali che hanno permesso velocemente ai dipendenti di lavorare letteralmente da qualsiasi luogo, il modo in cui i capi gestiscono i team in questo mondo distribuito non si è adattato altrettanto velocemente. La società di consulenza Global Workplace Analytics prevede che il 70% della forza lavoro lavorerà da remoto almeno cinque giorni al mese entro il 2025.

In base a questi dati, dobbiamo ripensare a come stiamo misurando la produttività delle persone ora. Abbiamo già visto alcuni esempi di cosa non fare. La rete di telecamere di sicurezza di Amazon e gli obiettivi di produttività oraria per lo spostamento dei pacchi, che ha generato titoli di giornali con parole come “distopico”, “violazione” e “spionaggio”, è uno di questi. Un altro esempio è l’uso da parte della banca britannica Barclay di un software che permetteva ai manager di misurare il tempo in cui i dipendenti erano lontani dalle loro scrivanie e il tempo impiegato per finire i propri impegni lavorativi. Un tentativo talmente naufragato male che la banca rischia ora una multa di 1,1 miliardi di dollari se si scoprirà che ha violato le leggi sulla privacy.

Il monitoraggio di per sé non è necessariamente il problema. Secondo una recente ricerca di VMware il 59% dei dipendenti (in Italia il 70%) riconosce che la propria organizzazione ha dovuto sviluppare nuovi modi per misurare la produttività come parte del passaggio al lavoro ibrido. Il vero problema è che sorveglianza e gestione delle prestazioni o monitoraggio del contributo di un dipendente al business sono cose diverse. C’è una vera e propria mancanza di trasparenza intorno al monitoraggio remoto del lavoro e al motivo per cui avviene, tanto che, secondo la ricerca, la fiducia stabilita tra capo e dipendente rischia di essere compromessa. Infatti, il 39% delle aziende che hanno già implementato il monitoraggio dei dispositivi (il 36% in Italia) e il 41% delle aziende che sono attualmente in procinto di farlo (il 45% in Italia), stanno già vedendo “drasticamente aumentati” o “aumentati” i livelli di turnover dei dipendenti.

Con molte organizzazioni che si spostano definitivamente verso modelli di lavoro ibridi che non richiedono che i lavoratori della conoscenza siano sempre in ufficio, occorre trovare soluzioni che permettano di valutare in modo significativo le prestazioni dei dipendenti in un modo che funzioni per loro e per l’azienda. Come si può raggiungere questo obiettivo? Dove tracciamo il confine tra un monitoraggio intrusivo basato sulle attività e una misurazione significativa basata sulle prestazioni?

Capire perché si sta misurando

Fra le ragioni per monitorare i dipendenti le aziende citano di tutto: dalla compliance e la sicurezza al monitoraggio degli indicatori di razzismo e molestie. Tutte ragioni valide, ma in generale l’impressione è che spesso il management non sia andato avanti, non abbia cambiato mentalità quando si parla di tempo alla scrivania dell’ufficio sostituito dal tempo passato al portatile in un altro luogo. Il monitoraggio dovrebbe servire ai responsabili per capire come fornire ai dipendenti i migliori strumenti e le migliori esperienze e la flessibilità per poter lavorare in ufficio e da remoto. Questa è la rampa di lancio per una maggiore produttività e per la felicità dei dipendenti. E non è neanche così male per i profitti.

Come ha scritto la giornalista del Guardian Rachel Connolly “la migliore misura della produttività è semplicemente la qualità e la quantità del lavoro di una persona. Monitorare ciò che le persone stanno facendo non è la stessa cosa che misurare il loro rendimento lavorativo”.

Il nuovo approccio al lavoro ibrido si riflette nel nuovo ma crescente spostamento dai Service Level Agreements (SLA) agli Experience Level Agreements (XLA), secondo cui le aziende devono migliorare nella misurazione dell’esperienza complessiva dell’utente, non solo a livello IT o da una prospettiva HR, ma attraverso la lente dell’intero business.

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Utilizzando strumenti di misurazione del coinvolgimento dei dipendenti, supportati da capacità di machine learning, le organizzazioni possono ora misurare come i dipendenti si sentono. Questo è un insieme di dati molto più prezioso come indicatore della produttività di qualcuno rispetto al semplice numero di e-mail che ha inviato.

La grande domanda è come dovrebbe essere misurato tutto ciò. Cominciamo da come non dovrebbe essere fatto. Le misure di sorveglianza dei dipendenti vanno dal monitoraggio delle e-mail, della navigazione web e degli strumenti di collaborazione, così come la sorveglianza video, il monitoraggio dell’attenzione tramite webcam e software di key logging. Sono metodi che, come abbiamo già visto, i dipendenti stanno sempre più contestando e per i quali le aziende di tutta Europa stanno finendo dalla parte del torto per le autorità di regolamentazione. L’ex CEO di IKEA in Francia è stato recentemente condannato a due anni di prigione con la condizionale per “eccessiva e illegale sorveglianza del personale e raccolta di dati”.

Il monitoraggio della produttività deve adattarsi nello stesso modo in cui continuano ad adattarsi gli strumenti digitali che permettono alle persone di avere applicazioni e strumenti in modo sicuro su qualsiasi dispositivo di loro scelta. Dovremmo cercare di misurare le prestazioni utilizzando metriche incentrate sulla performance, in modo trasparente con i dipendenti e, soprattutto, evitare di replicare gli approcci precedenti che misuravano il valore in base alle ore, concentrandosi invece su ciò che portano al business.

Questo sarà particolarmente importante quando si cercherà di attrarre i lavoratori della Gen Z, che vogliono essere valorizzati per il loro contributo e non riescono a capire perché andare in un ufficio o essere “monitorati” non sia una cosa del passato. Il monitoraggio del lavoro, ciò che rivela e come queste informazioni vengono utilizzate deve essere uno sforzo di collaborazione tra i datori di lavoro e il loro personale. Solo attraverso la collaborazione si otterrà un valore.

Lavorare con i dipendenti in modo trasparente

Se i dipendenti vengono tenuti all’oscuro di qualsiasi nuovo strumento di misurazione o monitoraggio messo in atto, la fiducia sarà inevitabilmente erosa. Oggi un quarto dei dipendenti non sa se la propria organizzazione ha implementato sistemi di monitoraggio dei dispositivi per controllare la loro produttività. I datori di lavoro devono essere trasparenti con i dipendenti sul perché stanno monitorando e come lo stanno facendo. Naturalmente, è un requisito legale in gran parte del mondo, per rimanere in linea con le leggi sulla privacy del Paese o dello stato come il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Ci sono casi in cui la sorveglianza è vitale per la salute e la sicurezza, ma anche così deve esserci il pieno consenso del dipendente.

Il passaggio a una forza lavoro più distribuita è l’opportunità perfetta per le organizzazioni di riconsiderare la natura del lavoro e le nostre percezioni tradizionali su ciò che costituisce produttività e performance. Sappiamo che solo perché qualcuno è seduto alla scrivania di un ufficio non significa che stia lavorando in modo produttivo. Allo stesso modo, il brainstorming con carta e penna non è un’attività che può essere monitorata, ma questo non la rende meno preziosa.

Gli strumenti digitali del posto di lavoro che abbiamo oggi significano che possiamo lasciarci alle spalle queste percezioni ed essere più flessibili su dove e come lavoriamo, e su come viene misurato il risultato. È una nuova realtà in cui ci stiamo ambientando, con i dipendenti che finalmente si sentono valorizzati per il loro lavoro e non per metriche irrilevanti che quantificano semplicemente la loro giornata lavorativa, senza alcun legame reale con il contributo che danno al business. La sfida è trovare quell’attento equilibrio e riconoscere che sorveglianza e performance sono due cose molto diverse. Trovate il giusto equilibrio e creerete una forza lavoro connessa e produttiva, ovunque essa sia.