In un’inedita convergenza tra il mondo tech e quello militare, alcune delle menti più brillanti della Silicon Valley sono state arruolate nella Riserva dell’Esercito degli Stati Uniti. Il loro obiettivo? Accelerare l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle strategie operative e decisionali dell’esercito.

Shyam Sankar (CTO di Palantir), Andrew Bosworth (CTO di Meta), Kevin Weil (Chief Product Officer di OpenAI) e Bob McGrew (ex Chief Revenue Officer di OpenAI) hanno aderito alla neonata divisione Detachment 201: Executive Innovation Corps, ottenendo il grado di tenente colonnello nella Riserva.

Secondo la comunicazione ufficiale, il Detachment 201 è stato creato per reclutare dirigenti senior del settore tecnologico con l’obiettivo di “guidare soluzioni tecnologiche rapide e scalabili a problemi complessi” nell’ambito della modernizzazione dell’esercito. In sostanza, si tratta di portare il know-how del settore privato dentro le dinamiche militari, offrendo consulenza su progetti ad alto impatto e valore strategico.

La scelta dei profili coinvolti non è casuale. Palantir, ad esempio, collabora con l’Esercito statunitense dal 2008 e nel 2023 ha ottenuto un contratto da 480 milioni di dollari per gestire il Project Maven, iniziativa volta a integrare l’IA in ogni aspetto operativo della difesa. L’idea è quella di consentire al software di analizzare grandi quantità di dati eterogenei in tempo reale, coordinando le risposte sul campo con un’efficacia prima impensabile.

Meta, da parte sua, ha recentemente avviato una partnership con Anduril Industries, la compagnia fondata da Palmer Luckey (ex Oculus), per fornire soluzioni di realtà aumentata alle forze armate statunitensi. Il CTO di Meta, Bosworth, si è dichiarato “onorato” di accettare la nomina a tenente colonnello, affermando su X: “Il nostro ruolo sarà quello di esperti tecnici a supporto degli sforzi di modernizzazione dell’Esercito. Ho accettato questo incarico a titolo personale perché credo fermamente nell’innovazione tecnologica americana.”

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La presenza di OpenAI nel progetto rappresenta un ulteriore segnale dell’avvicinamento tra il colosso dell’IA e il settore della difesa. OpenAI, un tempo rigidamente contraria a ogni applicazione militare della propria tecnologia, ha recentemente allentato queste restrizioni, avviando anch’essa collaborazioni con Anduril su progetti non meglio specificati.

L’Esercito non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma secondo fonti vicine all’iniziativa i membri del Detachment 201 dovranno dedicare almeno 120 ore all’anno a queste attività, potranno operare in remoto e saranno esentati dall’addestramento militare di base. Un dettaglio non secondario per figure come Kevin Weil, che è anche un corridore di maratone, ma di certo non un soldato addestrato.

Shyam Sankar ha sottolineato con orgoglio su X l’importanza della sinergia tra innovazione e difesa nazionale: “L’America vince quando unisce la dinamicità dell’innovazione con le missioni vitali dell’esercito. È ciò che ci ha permesso di prevalere nel XX secolo. Può aiutarci a vincere ancora oggi.”

Questa alleanza tra tecnologia ed esercito, come è facile capire, rischia di avere profonde ripercussioni sulla sovranità digitale degli altri Paesi, in particolare di quelli europei, già fortemente dipendenti dalle piattaforme e dai servizi sviluppati negli Stati Uniti.

Il primo effetto evidente è il rafforzamento della supremazia tecnologica americana, con un controllo sempre più centralizzato su infrastrutture, algoritmi e dati strategici. Questo potrebbero mettere a rischio la capacità delle nazioni alleate di mantenere un’autonomia decisionale e tecnologica e, allo stesso tempo, si indebolisce la presunta neutralità delle grandi piattaforme digitali, visto che se i vertici di queste aziende assumono ruoli militari formali, diventa difficile considerarli attori puramente commerciali.

La conseguenza è che i Paesi esteri che si affidano a tecnologie USA ora rischiano di vederle orientate verso finalità strategiche americane, con possibili implicazioni anche per la cybersicurezza e la protezione dei dati. Inoltre, l’influenza militare potrebbe dirottare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale verso obiettivi bellici, a scapito di usi civili o etici.

(Immagine in apertura: Shutterstock)