L’approccio della servant leadership, introdotto da Robert K. Greenleafè negli anni ’70, si è affermato come uno stile manageriale che sostituisce comando e controllo con empatia e responsabilizzazione. Dà priorità alla crescita, al benessere e all’empowerment dei lavoratori, promuovendo un ambiente inclusivo che consente a tutti di prosperare. Mentre la leadership tradizionale si concentra sul successo dell’organizzazione, la servant leadership mette i lavoratori al primo posto per far crescere l’azienda attraverso il loro impegno e coinvolgimento. Se implementata correttamente, aiuta a promuovere la fiducia, la responsabilità, la crescita e l’inclusione nell’ambiente di lavoro.

Se suona come un percorso impegnativo, è perché lo è. La servant leadership spesso è ostacolata dal pregiudizio che empatia ed empowerment vadano a scapito dell’esecuzione e dei risultati. I servant leader ammettono che, quando la pressione lavorativa è alta, empatia e richieste di produttività possono essere in contrasto. Gli sforzi possono anche ritorcersi contro, se i collaboratori non si dedicano alla missione principale del team.

Ma il gioco vale la candela. La pratica della servant leadership non solo promuove la soddisfazione dei lavoratori, ma aiuta anche le organizzazioni a trattenere i talenti quando non possono competere con stipendi più alti. I responsabili IT e i professionisti delle risorse umane offrono i loro suggerimenti su cose da fare e da non fare per mettere in pratica la leadership di servizio.

Sì: assicurarsi che i collaboratori comprendano e aderiscano alla missione

Affinché le porsene collaborino, devono comprendere e accettare la missione del team e il loro ruolo in essa”, afferma David Dotlich, presidente e partner senior di Korn Ferry. Una volta raggiunto un accordo sulla missione, i manager dovrebbero chiedere ai dipendenti: “Come posso aiutarti a raggiungere quegli obiettivi?”. Secondo Dotlich, un vero servant leader dovrebbe anche chiedere: “Come posso supportare le tue aspirazioni nella tua carriera?”, piuttosto che “Come ti inserisco nella nostra azienda?“.

Sì: ascoltare di più e parlare di meno

La servant leadership consiste nell’ascoltare di più e nel parlare di meno“, afferma David Reis, CIO dell’Università di Miami Healthcare System. Reis conduce mensilmente colloqui one-to-one con tutti i 300 dipendenti IT per capire di cosa hanno bisogno, che si tratti di formazione, strumenti o superare degli ostacoli. Nessun argomento è off limits. “Ridurre l’attrito e aiutare il team affinché possa portare a termine il lavoro crea fiducia e i dipendenti sono più felici”.

Sì: dare indicazioni e poi mettersi da parte

Assumiamo persone molto brillanti per fare un lavoro: lasciamo che lo facciano!”, dice Tom Kuczynski, vicepresidente IT presso la District of Columbia Water and Sewer Authority. Kuczynski ha praticato la servant leadership per 32 anni senza mai dargli un’etichetta. “Diamo al personale IT una direzione e le indicazioni che servono loro, e poi li lasciamo liberi di muoversi come ritengono meglio”, dice. “Ho bisogno di essere informato, ma non ho bisogno di essere coinvolto in tutto. E sono sempre disponibile quando qualcuno ha bisogno di assistenza”.

Sì: dare responsabilità alle persone

Lisa Davis ha esercitato la leadership di servizio per 20 anni in posizioni nel governo, nella tecnologia e ora nel settore sanitario come CIO di Blue Shield of California. “Sono diretta e onesta nel dare responsabilità alle persone“, dice Davis. “Ovviamente è fondamentale che la la consegna dei messaggi sia chiara”.

Assicuratevi che le persone comprendano le aspettative e si ritengano responsabili del raggiungimento degli obiettivi”, aggiunge. “I risultati dipendono anche dal modo in cui interagite con loro”.

No: essere sfuggenti

Anche quando i collaboratori sono capaci e autonomi, hanno comunque bisogno di consigli e supporto. “Essere disponibili e avvicinabili è fondamentale”, sottolinea Davis. “I miei collaboratori non hanno bisogno di aspettare per avere un incontro settimanale con me: se hanno qualcosa in mente o hanno bisogno di aiuto, io ci sono”.

No: rinunciare al controllo

Essere un servant leader non significa rinunciare al controllo o “lasciare che le persone facciano quello che vogliono“, dice Dotlich. “Non credo nemmeno significhi fare tutto quello che i dipendenti chiedono, che è il modo in cui normalmente pensiamo a un ‘servitore’. Si tratta di facilitare le prestazionie le aspirazioni delle persone, il raggiungimento di obiettivi e risultati. E’ questo il modo di ‘servire’ chi vogliono essere o cosa vogliono ottenere”.

No: predicare l’empatia senza praticarla

Durante i periodi di alta pressione, “spesso i manager vogliamo continuare ad andare avanti, ma è esattamente la cosa sbagliata da fare“, dice Reis. “A volte è solo meglio prendersi un minuto, riflettere poi rimettersi in moto”.

I leader possono anche mostrare empatia attraverso il feedback, secondo Reis. “E’ facile ascoltare un elenco di lamentele e mettersi sulla difensiva. Ma l’empatia sta nel capire che le questioni sollevate fanno parte del sincero desiderio dei compagni di squadra di migliorare le cose. Si tratta di entrare in empatia con quella frustrazione e farsene carico”.

Per approfondire: La cultura dell’ascolto e del feedback come stimolo per l’innovazione

Sì: definire un modello personalizzato di servant leadership

È importante che ogni azienda definisca la leadership di servizio “in un modo che funzioni nel proprio sistema, che le persone capiscano e che non sia fuorviante“, afferma Dotlich. “Non è solo una parola di moda, ma è la filosofia con cui creiamo un ambiente di lavoro“.

Se i leader IT seguono un approccio di leadership di servizio, il loro esempio può diffondersi nell’intera organizzazione portando maggiore trasparenza, fiducia, collaborazione e supporto reciproco.

Sarà un posto più felice, e non perché il lavoro sarà più facile o ce ne sarà di meno”, dice Reis. “Il lavoro acquisterà più significato e il collegamento con la missione sarà forte e chiaro”.

Stacy Collett