Dare alle persone una formazione digitale, spegnere i server non necessari la notte, evitare stampe cartacee di volantini. Sono alcune delle iniziative messe in atto da Sole365, brand che il CIO Pasquale Testa definisce “nativo sostenibile”, insieme alle altre aziende del Gruppo AP Commerciale, che ha fatto della sostenibilità uno dei suoi valori fondanti. Da quando è entrato in azienda, circa quattro anni fa, Testa ha colto nella trasformazione digitale un’opportunità per portare avanti questo valore, lavorando con il team IT per analizzare gli ambiti in cui la tecnologia e i processi digitali possono supportare gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) di tutto il Gruppo.

Un impegno sostenuto dal confronto sulle best practice, ma anche sugli ostacoli e le barriere culturali, con il CIO Club Italia, la community fondata da Pasquale Testa nel 2019, che riunisce manager e professionisti IT e ha recentemente superato i mille iscritti.

Come fondatore e presidente del CIO Club lei si confronta con molti responsabili IT. Qual è la percezione dei temi relativi alla sostenibilità nelle loro aziende?

Confermo che ritengo essenziale confrontarmi con i molti CIO iscritti all’associazione. Personalmente ho cercato di approfondire molto l’argomento della sostenibilità studiando, apprendendo sul campo e confrontandomi con coloro che hanno fatto dell’argomento il loro studio principale.

Abbiamo parlato spesso, ultimamente, delle nuove iniziative in ambito ESG e sono stati tenuti diversi eventi e iniziative per affrontare tutti insieme l’argomento.

Da una statistica interna tra i CIO iscritti alla nostra associazione emerge che per la maggioranza (48%) la sostenibilità è un tema sentito o molto sentito (17%). Tuttavia circa un terzo (26%), pur conoscendo l’argomento, non sente la necessità di affrontarlo, e una parte (9%) afferma che è un argomento di cui non sa nulla.

Che ruolo può avere il CIO nel promuovere e mettere in pratica le iniziative di sostenibilità dell’azienda?

Come sempre il CIO deve essere, come piace definirlo a me, “la punta di lancia” dell’azienda.

Spesso è lui che deve spingere l’agenda ad innovare e a rinnovarsi, di certo nell’ambito dei processi e della trasformazione digitale, ma deve essere sempre più attento a far parte delle iniziative di evoluzione dell’azienda.

Oggi deve mostrare di essere un manager completo, non solo un professionista informatico, un manager presente al tavolo del direttivo. Non deve essere più visto come lo specialista IT, il “risolutore” dei problemi aziendali.

I CIO oggi sono la chiave di volta per le aziende, perché ogni processo, ogni iniziativa, ogni funzione aziendale si basa su un processo informatico, su una piattaforma o una soluzione di cui il CIO ha la governance.

Come si può utilizzare la tecnologia per migliorare l’impatto ambientale e sociale di un’azienda?

Ci sono molti modi per farlo, di base basterebbe implementare pratiche IT sostenibili che, da un punto di vista operativo, possono compensare l’uso dell’energia, favorire supply chain e altri potenziali impatti.

E poi ci sono i risparmi sui costi che possono derivare dalla migrazione a soluzioni efficienti dal punto di vista energetico.

Il primissimo passo è capire cosa è in atto in termini di infrastruttura IT e determinare dove è possibile apportare miglioramenti. E poi agire su più fronti:

  1.  valutare l’impatto ambientale delle infrastrutture IT e creare una strategia IT sostenibile che si allinei con la strategia di sostenibilità globale dell’azienda
  2. creare procedure di governance efficaci che supportino la strategia
  3. rendere operativo il loro piano, per esempio incorporando la sostenibilità nell’architettura del software e sviluppando una cultura della sostenibilità tra i dipendenti.

Dopo aver investigato e analizzato tutti i vari ambiti, scrivere documenti e non applicare nulla nei fatti non dà alcun vantaggio. Se lo si fa solo per “far vedere” che si sta lavorando sugli obiettivi ESG, ma non si mette davvero in atto una politica di sostenibilità, anche digitale, serve solo a “mostrarsi” e non crea nessun valore.

Nella sua azienda sono state avviate diverse iniziative per ridurre gli sprechi. Ce ne racconta qualcuna?

Io ho la fortuna di lavorare in un gruppo di aziende che posso definire “native sostenibili”. L’azienda più grande del gruppo, AP Commerciale, proprietaria dei circa 70 supermercati a marchio “Sole365” e “La Speseria”, ha da sempre fatto della sostenibilità un plus.

Basta accennare al fatto che Sole365 non stampa volantini, adottando un modello di sostenibilità ad ampio spettro, abbattendo oltre ai costi anche le ripercussioni inquinanti della produzione di carta e dei relativi rifiuti. Statisticamente ogni anno salviamo 3500 alberi, risparmiamo 100 milioni di litri d’acqua ed evitiamo 300 tonnellate di emissioni nocive.

Da circa quattro anni sono in azienda e l’impulso alla trasformazione digitale che ho cercato di dare in prima persona, col mio gruppo di lavoro e con tutto il direttivo, è stato proprio quello di spingere l’adozione del digitale per migliorare e semplificare ogni processo aziendale.

Lo stesso dipartimento IT ha sviluppato un’ottima configurazione ibrida di server on premise e in cloud per ottimizzare risorse e costi e siamo stati molto attenti a ridurre i consumi energetici, sia spegnendo alcuni server negli orari non necessari, sia agevolando l’inserimento di strumenti di monitoraggio su ogni dispositivo possibile per evitare sprechi e consumi incontrollati.

Lo spegnimento dei server durante la notte sembrava una scelta non importante, ma ci ha permesso di ridurre i costi del cloud del 20% e mettere a budget, con i soldi risparmiati, ulteriori iniziative IT.

Quello che cerchiamo di fare sempre è usare il digitale per evitare sprechi: sprechi di carta usata per i documenti, evitare stampe inutili con varie iniziative, dare a tutti i nostri colleghi la possibilità di lavorare “pensando digitalmente”, cosa che possono fare solo dopo che hanno ricevuto mezzi e formazione necessari.

E devo dire che la risposta è sempre positiva! Tutti cercano noi per trovare una soluzione digitale ai loro problemi “analogici”.

A partire dal 2024 le aziende con determinati requisiti (più di 250 dipendenti, fatturato superiore ai 50 milioni di euro, bilancio annuo di almeno 43 milioni di euro) saranno obbligate a redigere il bilancio di sostenibilità. È un obbligo di legge, ma anche un’opportunità. Qual è la sua opinione?

Sono dell’idea che bisogna sempre anticipare i tempi e le scadenze, quindi spero che tutti noi, come professionisti e come cittadini, affronteremo l’argomento e non ci limiteremo a correre ai ripari quando sarà oramai tardi.

La dichiarazione conosciuta come Bilancio di Sostenibilità contribuisce a misurare e monitorare l’impatto delle nostre imprese sull’ambiente e sulla società, e a rendicontare gli impegni e i risultati raggiunti.

Redigere questo bilancio migliorerà la reputazione aziendale, permetterà di accedere a mutui e finanziamenti migliori e rafforzerà l’immagine dell’azienda, non solo verso i clienti, testimoniando la sua responsabilità nei confronti dell’ambiente.