Il futuro del CIO si trova in precario equilibrio tra due sponde. Da un lato il CIO può rendersi protagonista di enormi trasformazioni, aiutando società e aziende a diventare attori di primo piano nel business digitale globale. Dall’altro lato il CIO può però anche soccombere di fronte a questo gravoso incarico ed essere superato da un altro CIO capace di guidare queste grandi trasformazioni aziendali.

“Il CIO di oggi deve essere un leader naturale, rapido e pronto” dice il CIO di GE Capital International Kevin Griffin. “Le capacità tecniche e i tradizionali servizi IT avranno un ruolo sempre più marginale di fronte alle tecnologie digitali emergenti a livello di social, mobile e cloud”.

Ma esattamente come dovrà essere questo CIO del futuro prossimo? CIO ha parlato con Griffin per capire il suo punto di vista sul CIO del futuro. Griffin ammette di provenire da ambienti IT ma tiene subito a precisare che il CIO di domani molto probabilmente non avrà un background tecnologico. Questo nuovo tipo di CIO dovrà però saper guidare uno staff tecnico e al tempo stesso essere un “leader di leader”.

CIO: In che direzione sta andando il ruolo di CIO?

Kevin Griffin: Oggi il CIO è tipicamente un professionista in ambito IT con un background nel sistema informativo gestionale o di tipo ingegneristico che sta provando a bilanciare il retaggio del passato con le richieste del business digitale del 21° secolo. Il CIO di domani però potrebbe arrivare da qualsiasi background, perché ormai sapere imparare velocemente cose nuove è più importante di conoscerle già. In secondo luogo, gli attributi chiave che deve avere il CIO del domani sono la capacità di assicurare un forte allineamento tra business e IT, una propensione alla velocità e all’agilità nel riadattare il business in business digitale e, infine, la capacità di essere influenti a livello del consiglio di amministrazione. Questi attributi potranno essere trovati in leader provenienti da qualsiasi background e non solo da un percorso ingegneristico.

il CIO di domani molto probabilmente non avrà un background tecnologico

CIO: Quanto è importante il know-how tecnologico?

Kevin Griffin: Penso che la capacità tecnica, da sempre vista come un requisito fondamentale per un CIO, sarà acquisita sempre di più da fonti differenti, come partner, venditori e clienti. Alcuni aspetti della strategia IT saranno ricavati dall’esterno in modalità crowd-sourcing. Noi stessi a GE Capital abbiamo dato il via negli ultimi anni a laboratori di innovazione, dove abbiamo inserito team con diverse funzioni che lavorano per trovare soluzioni ai problemi. L’integrazione digitale con i clienti e con i vari canali di comunicazione andrà a sostenere tutti gli sviluppi IT. A prescindere quindi dal background del CIO, ci sarà sempre bisogno di questa forte architettura IT che integri soluzioni in un insieme di servizi business.

Penso che sia un grande vantaggio avere trascorsi in ambito tecnologico o qualche esperienza di questo tipo agli inizi della carriera, ma non penso che tutto ciò sia un requisito fondamentale. Ci sono altri modi per ottenere quel tipo di conoscenza.

CIO: Come può un CIO “non tecnico” guadagnare il rispetto del reparto IT e degli ingegneri?

Kevin Griffin: Gli ingegneri e i tecnici potrebbero comunque provare rispetto per la persona se il CIO ammettesse questa sua debolezza; alcuni CIO hanno invece cercato di nasconderla o di non considerarla come una cosa importante. Se però un CIO ammette chiaramente di avere un certo tipo di background, di non possedere una visione tecnologica, di dipendere per certe questioni su alcuni colleghi più esperti di lui ma di credere in qualcosa e di investire in essa, allora le sue “truppe” lo seguiranno. Non bisogna aspettarsi di avere tutte le risposte possibili da un CIO, il quale però deve fare tutto quello che è in suo potere per costruire un prodotto sostenibile.

CIO: Da un rapporto di Forrester risulta che solo un CIO su cinque tra le aziende Fortune 500 dice di possedere le capacità per impostare un programma tecnologico di business. Un CIO di oggi è in grado di compiere con successo questo tipo di transizione?

Kevin Griffin: Quel numero è un po’ più basso di quanto mi aspettassi. Non sono però sorpreso che la maggioranza dei CIO non si senta pronta per questo passaggio. La domanda da porsi è cosa siano disposti a fare riguardo a ciò. Se ci mettiamo a imparare seriamente e ad adottare un modello che badi prima di tutto al cliente, sono certo che i CIO provenienti da un ambiente non tecnologico possano compiere questa transizione nella nuova realtà digitale.

Vedere il business attraverso gli occhi di un cliente non è una pratica comune per noi CIO. Siamo infatti soliti passare molto tempo parlando di operazioni interne e mansioni di supporto, ma come CIO abituati a operare entro certi limiti siamo davvero pronti a uscire da questi confini e a buttarci in iniziative interfunzionali? Se rimaniamo rinchiusi dentro i paletti dell’IT, mancheremo all’appuntamento con l’agenda della trasformazione digitale.

Dobbiamo prendere decisioni importanti in termini di cose da acquistare e da produrre e di partnership con altri soggetti. Tradizionalmente c’è stato un forte orientamento a costruire qualsiasi cosa. Ora però ci stiamo rendendo conto che ciò non è più possibile se si vuole star dietro alla velocità del mercato digitale.
Ecco perché la capacità di unire insieme fonti differenti per creare qualcosa di valore per i clienti e la volontà di staccarci da alcuni partner per poi aggregarci ad altri ci guideranno verso questa differenziazione.

I CIO possono certamente portare sul piatto una prospettiva esterna, ma penso che non lo stiano facendo abbastanza e questo sembra essere un ostacolo.

CIO: La tradizionale incapacità dei CIO di stare dietro alla velocità del mercato è qualcosa che si sente spesso. Sembra che voi CIO operiate a un ritmo differente.

Kevin Griffin: Avete ragione. Al momento qualsiasi attività cerca di reiventarsi come business digitale. Non c’è attività che non sia immune alla trasformazione digitale. La sfida più grande è capire con quanta prontezza e agilità sia possibile inserire l’IT in un’attività decisa a trasformarsi. Ci sono poi da considerare altri fattori come l’infrastruttura tecnologica e le competenze, la difficoltà nell’avere un’ideale bilanciamento della forza lavoro e la possibilità di non avere abbastanza persone con una visione per il futuro per l’azienda. I CIO possono certamente portare sul piatto una prospettiva esterna, ma penso che non lo stiano facendo abbastanza e questo sembra essere un ostacolo.

CIO: Vedi un futuro di grandi cambiamenti per i CIO. Noi però abbiamo l’impressione, sentendo alcuni report, che il ruolo del CIO stia diminuendo nell’acquisizione di tecnologie e nell’influenza esecutiva a livello di dirigenza.

Kevin Griffin: Non ho ancora visto uno spostamento sull’asse del potere di acquisizione, ma ho visto invece nuove fonti di richiesta per l’IT. Sono davvero tanti quelli che si siedono al nostro tavolo proponendo idee su dove dovremmo investire e cosa dovremmo fare. Con la consumerizzazione dell’IT molti pensano di possedere un parere esperto su queste questioni. Non c’è certo carenza di input.

Se il CIO è dotato del giusto acume per gli affari e può sostenere conversazioni con chiunque a livello di board utilizzando un linguaggio che tutti possono capire, allora non c’è davvero nessuna ragione per cui il CIO non dovrebbe essere un fidato partner d’affari. Il CIO può stabilire diversi paletti in termini di investimenti IT e di come vadano fatte certe cose.

Considero il ruolo del CIO come quello di un guardiano o di un custode in modo da non ritrovarci con organizzazioni IT “ombra” che spuntano fuori da ogni parte. I giorni della strategia IT decisa solo dal CIO, con quest’ultimo che doveva convincere il CFO e il CEO, sono tramontati. Il CIO deve essere in grado di prendere input da tutte le fonti e di gestire la conversazione a livello di board per assicurarsi di ottenere una visione a 360 gradi su quello che si dovrebbe fare.