La domanda di professionisti con competenze ICT è cresciuta negli ultimi anni, ma il sistema formativo continua a non essere in grado di rispondere con adeguata reattività alle richieste delle imprese. ILo scollamento che si è creato tra la domanda per queste competenze e la loro disponibilità nel mercato del lavoro italiano richiede l’adozione di politiche pubbliche tempestive da parte dei policy-maker. È questo il tema al centro dell’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023, realizzato dalle maggiori Associazioni ICT in Italia (AICA, Anitec-Assinform e Assintel), in collaborazione con Talents Venture.

La domanda di professionisti ICT

Negli ultimi anni, la domanda di professionisti ICT esercitata dalle imprese tramite annunci Web in Europa ha registrato una crescita notevole, passando dai 453.000 annunci presenti online di gennaio 2019 fino al picco di oltre 1,3 milioni registrato a febbraio 2023. Anche in Italia gli annunci di lavoro pubblicati hanno registrato una crescita importante, passando nello stesso periodo da circa 25.000 a 54.000 unità. Solo dalla primavera 2023 la domanda delle imprese per questi profili ha registrato una stabilizzazione, con tutta probabilità legata all’assestamento delle economie dopo il boom post-Covid, alle incertezze geopolitiche e agli elevati livelli inflattivi.

Protagoniste della domanda per questi profili professionali in Italia sono le grandi aziende del mondo tech, tra cui Amazon, IBM e Accenture. Al fianco di queste, a contendersi i profili ICT presenti sul mercato, un ampio tessuto di piccole e medie imprese (delle oltre 100.000 imprese attive nei settori digital italiani, il 94% conta meno di 10 dipendenti).

Ma quali sono le figure professionali più domandate? Concentrandosi sulle 60 professioni più richieste nel mercato italiano, spiccano quelle legate allo sviluppo software, che rappresentano il 40% del segmento, e tra cui si annoverano figure come l’Application developer, il Front-end developer e il Java Developer. Seguono poi le figure dell’ingegneria delle reti e dei sistemi (tra cui rientrano i Cloud Architect e i Systems Engineer), che valgono il 20% del segmento. A questi profili sono richieste prevalentemente competenze relative a linguaggi di programmazione e cloud, ma dall’analisi dati emergono tre interessanti evidenze:

  • Il primo posto tra le competenze richieste ai profili ICT in Italia è occupato da una skill trasversale: il Project Management. Il primato di questa competenza negli annunci di lavoro racconta una domanda di mercato da parte delle imprese che chiede ai profili ICT non solo le competenze tecniche strettamente digitali, ma anche capacità manageriali necessarie a occuparsi delle varie fasi di un progetto e capacità di inserimento con autonomia nei processi aziendali.
  • Analizzando le competenze crescentemente richieste dalle imprese ai profili ICT, emerge una crescita repentina della domanda di competenze in IA generativa. Il recente boom degli strumenti di legati a questa tecnologia, infatti, a partire da novembre 2022, ha generato un’esplosione della domanda negli Stati Uniti e nell’Unione Europea che inizia a manifestarsi, seppur con ritardo, anche nel mercato italiano
  • Oltre le competenze avanzate richieste ai professionisti ICT, analizzando il mercato del lavoro trasversalmente emerge la forte richiesta di competenze di base da parte di imprese di ogni settore a tutti i profili professionali. Infatti, l’11% degli annunci di lavoro in Italia oggi richiede un utilizzo di base della suite Office, con particolare enfasi sulle competenze relative ai fogli di calcolo.

professionisti ict

Gli sforzi (ancora insufficienti) del sistema della formazione

Di fronte a una domanda di competenze così incalzante, la risposta del sistema formativo risulta insoddisfacente. Nelle Università italiane infatti i corsi di laurea in materie ICT sono in crescita da anni, ma rappresentano appena il 7% dell’offerta formativa complessiva. Questi pochi corsi di laurea riescono a immettere ogni anno nel mercato del lavoro poco più di 9.000 laureati (meno del 5% dei quasi 190mila complessivamente immessi nel mercato universitario dal sistema universitario).

A un dato così insoddisfacente, si aggiunge che questi percorsi di laurea sono oggi appannaggio prevalentemente “maschile” e si assiste a drammatici squilibri di genere. Tra i laureati in materie ICT pronti a entrare nel mercato del lavoro, infatti, le donne rappresentano solo il 23% del totale. E, ad approfondire specifici segmenti formativi, i numeri diventano ulteriormente preoccupanti: nei corsi di laurea magistrale in Sicurezza Informatica (le cui competenze formate sono crescentemente richieste dal mercato del lavoro), su 100 laureati, solo 6 sono donne.

A fianco dell’insoddisfacente risposta del sistema universitario, c’è quella dell’altro pilastro della formazione terziaria italiana: le ITS Academy. Sebbene sia da giudicare positivamente la crescita degli ITS che offrono percorsi in ambito ICT registrata negli ultimi anni, a oggi le ITS Academy attive in questo segmento sono solo 19 e il numero di diplomati pronti a soddisfare la richiesta di competenze da parte delle imprese è ancora molto contenuto. Sforzi per promuovere la conoscenza degli ITS presso i diplomandi saranno essenziali per aumentare la capacità di questo bacino di formare talenti da immettere nel mercato del lavoro. Da un’indagine realizzata presso studenti e studentesse delle scuole superiori, infatti, emerge che ancora solo il 18% degli studenti di IV e V superiore sia a conoscenza dell’offerta degli ITS.

image004

Ai pilastri della formazione terziaria si aggiunge l’offerta di professionisti ICT formata dentro le scuole superiori. In questo segmento, sebbene sia da giudicare positivamente un trend costante di crescita del numero di indirizzi volti a formare futuri professionisti ICT, occorre notare che la percentuale complessiva di indirizzi ICT rispetto al totale degli indirizzi è rimasta sostanzialmente invariata, con una stabilità nel numero di diplomandi pronti a entrare nel mercato del lavoro (circa 34.000, considerando come indirizzi ICT un semento piuttosto ampio dell’offerta formativa).

L’insoddisfacente risposta appena presentata del sistema formativo alle esigenze delle imprese sta sostenendo in questi anni il proliferare di ulteriori segmenti nel mondo della formazione:

  • Bootcamp. Si tratta di enti privati che offrono percorsi di studio di durata generalmente compresa tra i 3 e i 9 mesi, erogati prevalentemente tramite didattica online e focalizzati su competenze fortemente richieste dal mercato del lavoro ICT. Secondo un censimento realizzato ad hoc, infatti, la maggior parte dei percorsi offerti dai bootcamp è concentrato sulle seguenti discipline: sviluppo web, analisi dati, marketing digitale e coding.
  • Academy aziendali. Sono percorsi formativi realizzati all’interno delle imprese, pensati sia per la formazione di talenti appena entrati in azienda (prevalentemente dopo la formazione universitaria), sia per favorire processi di up-skilling e re-skilling della forza lavoro con maggiore esperienza.

Immagine1

“Insieme, imprese e istituzioni devono collaborare per una scuola che prepari i giovani alle sfide del lavoro e per soluzioni di upskilling e reskilling adeguate ai fabbisogni delle aziende ed all’evoluzione del mercato. C’è bisogno di una strategia ampia che includa academy, università, ITS e istituzioni scolastiche per offrire formazione di qualità, diffusa e a prova di futuro” ha dichiarato Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform.

Il confronto tra i dati degli annunci di lavoro pubblicati online in Italia per profili ICT (circa 219.000 unità nel 2022) e il numero di professionisti formati dai diversi bacini e pronti a entrare nel mercato del lavoro (44.000 unità, tra laureati in corsi strettamente ICT, diplomandi delle scuole superiori e diplomati ITS) nel 2021, consente di stimare che nel 2022 l’Italia ha registrato una carenza di circa 175mila professionisti specializzati in materie ICT. In altre parole, per ogni 5 annunci di lavoro pubblicati sul web per profili ICT, solo un profilo veniva inserito nel mercato del lavoro da parte del sistema formativo italiano.

image006

“L’Italia continua ad avere una posizione svantaggiata sulle competenze digitali ed è un gap che si riflette nel mondo delle imprese. Serve un deciso intervento delle istituzioni su tre fronti: la sensibilizzazione culturale alle discipline STEM (che passa anche per la modifica delle modalità di orientamento scolastico), il potenziamento degli ITS e una stretta partnership di indirizzo e di docenza fra le Università e le aziende del Made in Italy digitale presenti sul territorio” ha dichiarato Paola Generali, presidente di Assintel.

Nella sezione finale dell’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2023 sono individuati alcuni suggerimenti di policy mirati a generare un aumento strutturale del numero di professionisti ICT pronti a soddisfare la richiesta delle imprese e a promuovere una trasformazione digitale dell’economia su scala nazionale. Le aree di intervento individuate sono tre:

  • Formazione. Si sottolinea l’importanza di riformare sistema formativo, con investimenti mirati per una scuola e un’università digitali, garantendo una formazione ICT inclusiva in grado di superare le disparità di genere.
  • Mercato del lavoro. Si propone una trasformazione digitale del mercato del lavoro, sia attraverso il rinnovamento degli schemi di apprendistato e dei dottorati industriali, sia attraverso la “digitalizzazione” della forza lavoro, che permetta ai lavoratori di acquisire le nuove competenze richieste da un ambiente in costante evoluzione.
  • Ecosistema digitale. Si sottolinea la necessità di sviluppare un “ecosistema digitale”, potenziando il sistema imprenditoriale ICT, favorendo la creazione di network collaborativi di filiera e avviando una rivoluzione culturale che coinvolga l’intero sistema Paese, dalla sfera educativa a quella aziendale.