Tradizionalmente, il lavoro è legato a un tempo e a un luogo specifici. Non a caso in italiano si dice “trovare un posto di lavoro” o “creare posti di lavoro” e in inglese lo “straordinario” si chiama “over time“, oltre il tempo stabilito.

Dispositivi mobili e sistemi di lavoro più flessibile ci stanno però abituando a lavorare anche in luoghi e momenti in cui prima il lavoro era, volente non nolente, bandito.

Il lavoro in mobilità consente senza dubbio al lavoratore e all’azienda di aumentare la propria produttività, diminuire i tempi di risposta ed essere complessivamente più competitivi, ma per qualcuno la disponibilità continua può diventare un peso, perché va a sommarsi alle ore spese regolarmente in ufficio.

Ma se questa modalità di lavoro flessibile non fosse un’aggiunta rispetto ai tempi e ai luoghi stabiliti per il lavoro, bensì la modalità di lavoro principale, e il recarsi sul luogo di lavoro in orari stabiliti fosse invece l’eccezione? Se il “dove” e il “quando” perdessero ogni importanza, e contasse solo il cosa?

In questo caso, il cambiamento potrebbe portare vantaggi positivi per tutti: lavoratore e azienda in primis, ma anche ambiente e infrastrutture urbane.

Ma se questa modalità di lavoro flessibile non fosse un’aggiunta rispetto ai tempi e ai luoghi stabiliti per il lavoro, bensì la modalità di lavoro principale?

È attorno a questi concetti che si sta sviluppando un nuovo metodo di organizzazione del lavoro chiamato smart working. Ne abbiamo discusso con Milco Accornero, che all’interno del Marketing di Telecom Italia | TIM coordina lo sviluppo del programma Smart Working & Digital Life. Lo abbiamo incontrato a margine dell’evento HR Business Conference tenutosi a Milano lo scorso 24 giugno e gli abbiamo chiesto di offrirci uno spaccato della situazione italiana e una panoramica dell’offerta di Telecom Italia | TIM in questo campo.