Qual è l’atteggiamento dei CEO del settore tecnologico nei confronti dell’intelligenza artificiale e del suo impatto sui lavoratori? Secondo il CEO di IBM, Arvind Krishna, fino al 30% dei lavori di back-office di IBM potrebbero essere automatizzati dall’IA.

In risposta a queste preoccupazioni, il colosso tech si è unito a un consorzio di altre aziende tecnologiche di alto profilo (tra cui Cisco, Google, Microsoft, Intel e SAP) con l’obiettivo di esaminare l’impatto dell’IA sui posti di lavoro, in particolare nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). Il consorzio includerà anche consulenti provenienti da organizzazioni come l’American Federation of Labor e DigitalEurope.

Ispirandosi all’iniziativa congiunta US-UE del Trade and Technology Council, il consorzio ha dichiarato di voler identificare 56 ruoli lavorativi che l’IA è più probabile che elimini. Secondo IBM, questi 56 ruoli rappresentano l’80% dei 45 principali lavori in ambito ICT. Sulla base di queste previsioni, il consorzio si impegna a sviluppare e sostenere programmi di formazione per aiutare studenti, professionisti in transizione e lavoratori IT esistenti a prepararsi e a trasferirsi verso ruoli meno suscettibili all’automazione da parte dell’IA.

Su questo versante l’amministrazione Biden sembra essere più che disposta a lasciare che siano le stesse aziende che stanno sviluppando l’IA a guidare questo sforzo. Ciò solleva però preoccupazioni sul fatto che le stesse aziende potrebbero utilizzare i dati raccolti per determinare rapidamente quali posizioni tagliare, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla riqualificazione dei lavoratori.

Tutto ciò accade mentre si sta assistendo all’ascesa di strumenti di IA sempre più potenti e sofisticati come Microsoft Copilot, Google Gemini e l’assistente di codifica di SAP, tutti progettati per aumentare la produttività dei lavoratori. Aziende come Nvidia e IBM stanno inoltre fornendo strumenti per aiutare le imprese a costruire, affinare e personalizzare i modelli di linguaggio naturale (LLM) per i loro flussi di lavoro interni.

accenture intelligenza artificiale

Sempre in tema di IA e lavoro, secondo un recente sondaggio di Jefferies quasi la metà dei lavoratori d’ufficio statunitensi teme che l’IA possa portare alla perdita del loro lavoro. Ora i ricercatori si chiedono se l’IA possa anche sostituire i manager nella gestione di progetti di ricerca.

I ricercatori Maximilian Koehler e Henry Sauermann dell’ESMT Berlino sostengono che l’IA potrebbe aiutare a gestire i progetti di ricerca in modo più efficiente e su scala più ampia rispetto alla supervisione umana. Il loro articolo, pubblicato sulla rivista Research Policy, esplora il potenziale della cosiddetta gestione algoritmica nell’ambito della ricerca scientifica.

Gli autori affermano che gli strumenti basati sull’IA possono potenziare il lavoro umano accelerando la revisione della letteratura scientifica, identificando nuove domande di ricerca, assistendo nell’elaborazione dei dati e prevedendo nuovi composti farmaceutici innovativi. Tuttavia, gli esperti umani rimarranno ancora importanti in futuro, dato l’aumento di complessità e scala dei progetti di ricerca.

Per valutare la fattibilità della gestione algoritmica, gli autori hanno analizzato circa 200 progetti di ricerca, identificando 16 progetti e 2 piattaforme che utilizzavano in qualche modo l’automazione manageriale. Tra questi, il progetto Galaxy Zoo utilizza l’IA per migliorare il coinvolgimento dei partecipanti, inviando messaggi di intervento per mantenere alta la loro motivazione.

I risultati suggeriscono che i progetti che utilizzano la gestione algoritmica tendono ad essere più ampi e associati a piattaforme, grazie ai vantaggi dell’infrastruttura tecnologica condivisa. Ciò ha implicazioni in termini di dominio delle piattaforme e di come le grandi organizzazioni di ricerca dovrebbero affrontare il finanziamento della ricerca e l’infrastruttura IT.

Vengono inoltre sollevate questioni etiche e legali riguardo allo sfruttamento dei meccanismi di motivazione e al controllo dei lavoratori sui dati relativi alle loro competenze, motivazione e prestazioni. Nonostante questi rischi, i due ricercatori ritengono che se l’IA potesse assumere alcune funzioni manageriali più algoritmiche e routinarie, i leader umani potrebbero concentrarsi su compiti più strategici e sociali.