Lo scorso giugno fa è stato pubblicato il nuovo report DESI 2020 (Digital Economy and Society Index), che annualmente fa il punto sul percorso di digitalizzazione in Europa. Nel 2016, Italia era al quartultimo posto nel ranking complessivo, al 17essimo posto per i sevizi pubblici digitali e al quintultimo per le competenze digitali.

Sfortunatamente, seppur complessivamente gli indici DESI siano migliorati, nel nuovo report DESI 2020 Italia rimane quart’ultima in Europa negli indici generali, arretra di due posizioni nella digitalizzazione dei servizi digitali pubblici e diventa ultima per quanto riguarda le competenze digitali (superata, rispetto al 2016, dalla Grecia, Cipro, Romania e Bulgaria).

Probabilmente la questione delle competenze digitali è la prima da affrontare perché ci permetterebbe di creare e diffondere la consapevolezza che ormai la digitalizzazione e l’investimento in tecnologia e innovazione siano processi fondamentali per la crescita di un paese. E forse la mancanza di competenze digitali (direi anche a livello di ministeri) sta alla base della situazione paradossale che si è creata a partire dalla legge di bilancio 2020 che in pratica limita la spesa in tutti gli ambiti e addirittura la taglia solo per l’ICT.

Tutto ciò dopo un periodo che ha visto diverse evoluzioni e una rinnovata attenzione al digitale da parte della politica, che si sono tradotte nella creazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e nelle sue iniziative, nel Team per la trasformazione digitale e poi nel Ministero dell’Innovazione. Tutte attività che lasciavano prospettare l’inizio di un nuovo percorso di crescita e investimenti, in cui sarebbe stato garantito il necessario, e direi urgente, miglioramento della situazione in tema di digitalizzazione e attivazione di un processo governato di crescita.

Il governo spinge su cloud e software as a service da un lato…

Sul fronte AgID e piano triennale si inizia dal 2017 un processo di evoluzione del settore ICT della pubblica amministrazione che vede, tra altre iniziative, la razionalizzazione dei data center, la migrazione in cloud e l’utilizzo del software a servizio (SaaS) come elementi indicativi del processo di evoluzione digitale.

Vengono inoltre accelerati i percorsi di adozione delle piattaforme nazionali, di digitalizzazione dei processi e di attivazione di nuovi servizi digitali per utenza e cittadini, anche questo prevalentemente in modalità SaaS.

Dal punto di vista finanziario, seguire queste indicazioni significa spostare i costi da investimenti a spesa corrente.

…ma taglia contemporaneamente le spese correnti dall’altro

La legge di bilancio 2020, (legge n. 160 del 27.12.2019) introduce infatti importanti limiti nella spesa corrente della PA, su due fronti.

Il Comma 591, che riguarda tutti gli ambiti della PA, prescrive che a partire dal 2020 nella PA non si possano effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018. 

Il comma 610 inasprisce tale vincolo solo per l’ambito ICT e impone la riduzione del 10% della spesa corrente per il settore informatico, in contraddizione con tutto quanto fatto in precedenza. Il settore ICT deve quindi garantire per il triennio 2020-2022, anche tramite il ricorso al riuso  dei  sistemi  e   degli   strumenti   ICT,  un  risparmio  di  spesa annuale pari al 10  per  cento  della  spesa  annuale  media sostenuta  nel  biennio 2016-2017.

Per le amministrazioni che fatto la migrazione dal proprio datacenter al “Cloud della PA” (CSP o PSN), la percentuale di risparmio nelle spese correnti si riduce al 5 percento – al netto delle spese di migrazione – successivamente alla certificazione di AgID del relativo passaggio (Comma 611).

Un’impresa impossibile, soprattutto nell’era del Covid

Durante l’emergenza sanitaria, e in particolare subito dopo l’attivazione del lockdown, tantissimi enti e aziende hanno riscoperto l’importanza dell’ICT. Nella maggioranza dei casi si è riusciti ad attivare il lavoro agile in tempi brevi permettendo una continuità lavorativa e di servizio per niente scontata. Questo ha sicuramente richiesto un impegno significativo sia nell’individuazione delle tecnologie da attivare, sia nel supporto da fornire ai numerosi colleghi in difficoltà.

Tutto ciò non ha effetto sulla normativa tant’è che nel decreto rilancio è prevista sì una deroga alle riduzioni di spesa per la gestione del settore informatico in ragione dell’emergenza da COVID-19, ma solo per il Ministero della salute e per le Università, e solo per l’anno 2020. Per tutti gli altri, e a partire da gennaio 2021, rimane sempre valido il comma 591.

Ci sarebbero tante riflessioni da fare e tantissimi motivi per chiedere una revisione. Possiamo invocare la palese incoerenza con le linee nazionali impostate da AGID, possiamo sostenere che in questo modo si incrementa un importante divario tra chi è riuscito a investire in tecnologia prima del 2016 e chi invece ha percepito quest’esigenza in ritardo. E possiamo anche evidenziare che è necessario investire di più in tecnologia e innovazione se vogliamo garantire competitività ed efficienza alla Pubblica Amministrazione Italiana.

Ma dobbiamo chiarire che, se questa impostazione non venisse modificata, esisterebbe il rischio concreto che, sul piano della digitalizzazione, la PA italiana torni indietro di quattro anni (e ci resti per almeno altri tre) accumulando un ulteriore ritardo rispetto agli altri paesi sia in Europa che nel resto del mondo.

Marius Spinu CIO Università di Firenzedi Marius Spinu è dirigente dei sistemi informativi presso l’Università di Firenze e ha un’esperienza di più di dieci anni nella pubblica amministrazione. Fino al 2017 ha lavorato per il sistema sanitario della Regione Toscana e si è occupato di sistemi informativi sia per la parte amministrativo-contabile e logistica che per la parte clinica e sanitaria. Ha affrontato diversi progetti di digitalizzazione e riorganizzazione di processi, anche a livello regionale, riguardanti le strutture ICT, sistemi di collaborazione applicativa, l’ambito del sistema trasfusionale, l’organizzazione del sistema regionale di HTA (Health Technology Assessment) e l’attivazione di percorsi di Project Management.