Uno sguardo sul futuro di commercialisti e contabili italiani dalla ricerca Wolters Kluwer

La seconda edizione del report globale Future Ready Accountant di Wolters Kluwer Tax & Accounting restituisce una fotografia della trasformazione che sta investendo il mondo della contabilità e della consulenza fiscale. Basato sulle risposte di oltre 2.700 professionisti in tutto il mondo, il rapporto analizza le dinamiche di cambiamento che stanno ridefinendo una professione tradizionalmente legata a competenze normative e fiscali, ma sempre più spinta verso automazione, intelligenza artificiale e nuovi modelli di valore per il cliente.
Il CEO di Wolters Kluwer Tax & Accounting, Jason Marx, sintetizza la transizione in atto con parole che segnano un cambio di paradigma: “L’IA non è più un’ipotesi futura, ma un imperativo attuale che le aziende devono adottare non solo per sopravvivere, ma per evolversi e crescere.” Una dichiarazione che ben riassume il cuore del rapporto, ovvero che la professione contabile è in una fase di trasformazione strategica, in cui la consulenza, la formazione e l’integrazione tecnologica diventano i tre pilastri del successo competitivo.
A livello globale, i dati raccolti mostrano un’accelerazione impressionante nell’adozione dell’intelligenza artificiale. In un solo anno, la percentuale di studi che la utilizza è passata dal 9% al 41%, un incremento che segna il passaggio dalla sperimentazione all’integrazione strutturale. Il 77% degli studi prevede di aumentare ulteriormente gli investimenti in IA nei prossimi anni, con il 35% che dichiara di farne già uso quotidiano. L’obiettivo principale non è sostituire il lavoro umano, ma potenziarlo migliorando l’efficienza operativa, automatizzando l’attività ripetitive e, soprattutto, generando analisi strategiche in grado di guidare decisioni e strategie di lungo periodo.
Parallelamente, la consulenza si afferma come il nuovo terreno di competizione per gli studi professionali. Se nel 2024 l’83% offriva servizi consulenziali, nel 2025 la percentuale sale al 93%, ma cambia anche la qualità del servizio: non più un’estensione delle attività contabili, ma un’offerta basata su dati, IA e analisi predittive. Gli studi più innovativi utilizzano oggi strumenti digitali per personalizzare la consulenza, costruire relazioni continuative con i clienti e anticipare i loro bisogni in ambito fiscale, finanziario e gestionale.
Un’altra area di forte evoluzione è la gestione dei talenti. Mentre un anno fa l’attenzione era concentrata sull’attrazione di nuovi professionisti, oggi il focus si sposta sulla formazione e sull’acquisizione di competenze tecniche avanzate. Il 31% degli studi individua nello sviluppo del capitale umano una delle principali sfide per il futuro, segno che la transizione digitale richiede non solo tecnologie, ma anche persone in grado di gestirle, interpretarle e metterle al servizio del cliente.
La crescita dell’adozione del cloud è un altro indicatore chiave. Nel 2024, il 62% degli studi operava già su piattaforme cloud, mentre nel 2025 la percentuale di studi che ha ampliato l’infrastruttura digitale basata su cloud sale al 52% e, tra quelli con sistemi fortemente integrati, l’87% registra un incremento dei ricavi. L’evidenza è chiara: la maturità digitale non è solo una questione di efficienza operativa, ma un fattore determinante per l’innovazione, la resilienza e il successo economico.
Il caso italiano: competenze forti, trasformazione lenta
L’Italia si posiziona in una condizione di equilibrio precario tra tradizione e innovazione. I commercialisti italiani si distinguono per la solidità del rapporto con le PMI e per l’elevato livello di fiducia di cui godono, con il 69% delle piccole e medie imprese che affida la propria contabilità a studi professionali, riconoscendo in essi un punto di riferimento imprescindibile. Tuttavia, questa forza relazionale convive con un ritardo tecnologico che potrebbe diventare un fattore di vulnerabilità.
Il 34% degli studi italiani opera oggi in modalità completamente cloud, un dato che colloca il Paese al terzo posto in Europa per adozione totale. Ma includendo anche le soluzioni ibride, l’Italia scende al settimo posto, segno che la transizione digitale è ancora in corso e incontra resistenze culturali e operative. La principale barriera all’adozione del cloud resta la paura di interruzioni durante la migrazione (38%), un timore che riflette la necessità di una maggiore cultura digitale e di soluzioni di supporto più affidabili.
L’intelligenza artificiale, invece, è ancora in fase embrionale, visto che solo il 28% degli studi italiani la utilizza quotidianamente, contro una media europea del 33%. Le prospettive sono però incoraggianti, con il 61% degli studi che prevede investimenti in IA nei prossimi tre anni principalmente per automatizzare attività di ricerca normativa e analisi dati.
Sul fronte della consulenza, i dati confermano il consolidamento del ruolo strategico dei commercialisti italiani. Gli studi infatti non si limitano più alla gestione contabile, ma offrono servizi a valore aggiunto come pianificazione fiscale, consulenza strategica e supporto nella scelta dei software gestionali. Solo il 57% assiste però i clienti nella selezione delle soluzioni tecnologiche, la percentuale più bassa d’Europa e un segnale di quanto la componente digitale sia ancora vista come accessoria e non come leva di competitività.
Infine, il tema della gestione del capitale umano rivela una delle sfide più urgenti. Solo il 26% degli studi ha introdotto modelli di lavoro ibrido negli ultimi tre anni, uno dei valori più bassi d’Europa, mentre l’investimento in formazione digitale rimane indietro rispetto a Paesi come Belgio o Paesi Bassi. Eppure, l’81% dei professionisti italiani riconosce che l’evoluzione normativa influenzerà in modo significativo l’operatività futura, a dimostrazione che la consapevolezza del cambiamento c’è, ma non sempre si traduce in azione concreta.
(Immagine in apertura: Shutterstock)