Schneider Electric aiuta i CIO a prepararsi alla Energy Efficiency Directive europea
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Il 7 percento dell’energia elettrica consumata in tutto il mondo deriva dall’industria ICT, con una parte considerevole impegnata nell’alimentare server e impianti di raffrescamento dei data center.
Per questo motivo, l’Unione europea ha inserito nella sua Direttiva sull’Efficienza Energetica (EED) alcuni obblighi di reportistica specifici per le aziende la cui componente IT abbia consumi superiori a 500 kW di potenza nominale, equivalenti a circa 250 kW di potenza dei soli apparati IT, o che hanno un consumo annuale superiore a 2780 MWh.
A partire dal 15 maggio 2024, le aziende che corrispondono a questi requisiti dovranno produrre un report annuale indirizzato allo stato membro e alla Commissione europea e che include 25 specifici data point sulle caratteristiche dell’impianto, le prestazioni energetiche, il consumo di acqua e la flessibilità nell’approvvigionamento.
Successivamente verranno richiesti piani per il miglioramento dell’efficienza e – anche in base ai consumi complessivi dell’azienda – saranno soggette ad audit.
Direttiva sull’Efficienza Energetica: un nuovo fardello sulle spalle dell’IT
Per molte aziende, però, determinare i consumi della sola componente IT non è affatto semplice. Le fatture dell’elettricità spesso sono uniche per l’intera sede, ed è complicato scorporare i consumi relativi alla sola infrastruttura IT. Quando poi le sedi sono centinaia, come nel caso del retail, o si fa un uso esteso dell’architettura Edge computing, le cose si complicano.
Secondo Alison Matte, Sustainability Lead per EcoStruxure IT di Schneider Electric, “già ottenere il dato dell’efficienza energetica (PUE) è difficile. Metterlo poi in una serie storica per capire le tendenze, identificare i punti di intervento e mettere il tutto in un report strutturato sarà un compito oneroso per la funzione IT”.
“Gli strumenti software per la gestione dell’infrastruttura dei data center (DCIM) possono contenere al loro interno gran parte delle informazioni necessarie a produrre il report, ma sono spesso molto complicati da utilizzare e anche solo l’estrazione del PUE richiede un lungo processo manuale, una conoscenza approfondita della materia e va aggiornato dopo ogni cambiamento – afferma Kevin Brown, Senior Vice President delle EcoStruxure Solutions di Schneider Electric – ed è da qui che vogliamo partire per avanzare verso la nostra visione per un DCIM 3.0 in grado di abilitare la costruzione di infrastrutture IT resilienti, sicure e sostenibili”.
Nuovi modelli di reportistica basati su dati
Le nuove (e future) funzionalità del software EcoStruxure di Schneider Electric cercano di venire incontro alle necessità dei CIO che intendono monitorare, gestire e progettare la propria infrastruttura data center e che dovranno presto dovranno produrre report dettagliati per la EED o per la loro parte all’interno dei bilanci di sostenibilità delle aziende.
Utilizzando modelli di intelligenza artificiale basati sui dati correnti e storici, derivati anche dalla mole di informazioni presenti nel data lake di Schneider Electric, le funzionalità di EcoStruxure permetteranno di valutare le prestazioni energetiche di diverse server room e data center in serie storica, evidenziare le criticità ed esportare i dati – come tabella o documento strutturato in Pdf – per essere poi inseriti in altri tool di reportistica e visualizzazione.
L’azienda afferma che EcoStruxure sarà in grado di compilare l’80 percento dei data point richiesti dalla EED, oltre a fornire molte altre informazioni utili alla gestione ma che non sono al momento oggetto di interesse per la direttiva.
Il modulo IT Expert è una dashboard basata su cloud che permette di monitorare un’infrastruttura anche distribuita, centralizzando inventario, benchmark e allarmi. Offre visibilità sulle prestazioni, identifica i possibili problemi e fornisce suggerimenti predittivi sugli interventi da effettuare. Sarà disponibile dal primo trimestre 2024 e incluso nell’attuale abbonamento.
EcoStruxure IT Advisor offre visibilità capillare sul data center, permettendo una modellazione di singoli armadi o dell’intero impianto con una visualizzazione 3D che permette di pianificare modifiche e gli interventi da effettuare, verificandone gli impatti. Sarà disponibile in cloud o come installazione on-premises dall’inizio del secondo trimestre.
Arriverà invece in autunno EcoStruxure Data Center Expert, tool scaricabile in tre versioni (Basic, Standard ed Enterprise) per permettere il monitoraggio di alimentazione, raffreddamento e sicurezza del data center, con funzionalità di reportistica, notifiche dei guasti e procedure di escalation per la risoluzione degli incidenti.
L’esperienza della CIO Elizabeth Hackenson e i consigli per i colleghi
Oltre a produrre soluzioni che aiutano le aziende a perseguire i propri obiettivi di efficienza e sostenibilità, Schneider Electric è essa stessa in prima linea su questo fronte. Nel 2023 è stata nuovamente premiata da Corporate Knights, che la ha classificata al numero 7 tra le 100 aziende più sostenibili, e al primo posto nella sua categoria.
Al raggiungimento di questi obiettivi ha contribuito ovviamente anche la funzione IT, che ha potuto sperimentare in anteprima le soluzioni tecnologiche dell’azienda. La CIO Elizabeth Hackenson ci ha raccontato la sua esperienza, fornendo alcuni consigli che potranno essere utili a chi si trova a dover monitorare e poi ottimizzare i consumi e l’impronta ecologica della funzione IT aziendale.
Qual è stata la sua esperienza nel percorso di riduzione delle emissioni di Schneider Electric?
“Il Green IT è diventato una priorità nel 2021, quando l’azienda si è data nuovi standard di sostenibilità. Con centinaia di migliaia di asset IT, tra pc, server room e data center che servono 150.000 dipendenti in 100 paesi, sapevamo di essere grandi consumatori di energia, ma non sapevamo esattamente quanta ne consumavamo ed era difficile capire da dove partire”, racconta Hackenson a DigitalManager.
Quali fattori hanno contribuito di più alla riduzione delle emissioni?
“Due programmi hanno contribuito a fare un po’ di luce: il progetto di migrazione al cloud, che ha permesso di dismettere 10.000 server beneficiando della virtualizzazione e quello sulla resilienza IT che ha imposto una mappatura precisa dei data center e delle sale server nell’Edge. In questo ci è stato molto utile la Sustainability Dashboard di EcoStruxure, che ci ha aiutato a capire i consumi effettivi e la loro evoluzione nel tempo, non solo come fotografia puntuale”.
Nello spostamento al cloud, è importante notare che parte di quel che si risparmia in termini di consumi sul posto deve essere riconsiderato come fonte di emissioni Scope-2, e quindi ottenere dai cloud provider informazioni sull’impronta energetica della propria infrastruttura cloud.
“La mappatura e la modernizzazione dell’infrastruttura IT effettuate per migliorare la resilienza ci ha poi permesso di individuare in alcune server room molte opportunità di ottimizzazione che semplicemente non erano evidenti perché non c’era un dato sui consumi di quelle stanze, in quanto le forniture erano relative all’intero edificio, e non avevamo una misurazione puntuale”, afferma la CIO.
La modernizzazione dell’infrastruttura hardware e di rete che deve rimanere on-prem è un processo che durerà un decennio, e accelerarlo potrebbe non essere la scelta giusta. Un altro fronte di riduzione dei consumi deriva infatti dal prolungamento della vita di pc e server, una tendenza che stiamo vedendo produrre non solo un risparmio economico, ma anche una diminuzione degli scarti da avviare al riuso o riciclo, che pure contribuiscono all’impronta ambientale.
Quali scelte avete fatto in materia di procurement per ridurre l’impronta ecologica?
“Stiamo lavorando con i vendor e partner OEM per modificare i contratti di leasing e manutenzione per portare a un minimo di cinque anni il ciclo di refresh dei server, e allungare da tre a quattro anni quello dei PC”, ci dice Zach Nimboorkar, Senior Vice President Global Technology Services Digital Innovation & Technology di Schneider.
Nimboorkar e Hackenson sottolineano anche che tecnici e dirigenti IT dovrebbero fare più pressioni sui vendor affinché migliorino l’efficienza dei propri prodotti, perché “possono fare molto di più”.
Quali sono i risultati per il momento?
Con un’infrastruttura distribuita è normale non avere un’idea chiara della situazione di partenza, ma può capitare che questo riservi anche sorprese positive. “L’obiettivo iniziale di una riduzione del 5% delle emissioni lanciato ‘al buio’ una volta mappata la situazione si è rivelato conservativo. Nel primo anno del programma la funzione IT di Schneider Electric ha potuto portare a una riduzione di 7500 tonnellate di CO2, corrispondente a una diminuzione del 26%“.
Quali suggerimenti può dare ai CIO di grandi organizzazioni che stanno affrontando un processo di trasformazione sulla spinta della sostenibilità?
“Innanzi tutto, non farsi scoraggiare. All’inizio è difficile anche solo capire qual è la linea di base, perché è difficile reperire le informazioni sui consumi effettivi. Non bisogna aspettarsi una vittoria immediata, ma continuare a provare e procedere per miglioramenti incrementali”.
Proprio perché si tratta di un processo lungo, è indispensabile cominciare subito a farsi un’idea e capire come funzionano le normative.
“Anche se per il momento la propria azienda ha consumi che la fanno ricadere nella Energy Efficiency Directive, questa situazione potrebbe cambiare a breve per un possibile abbassamento della soglia, o al contrario per un aumento dei consumi magari sulla spinta di nuove tecnologie energivore come la Generative AI, ed è bene farsi trovare preparati”.
È poi importante che questi obiettivi vadano di pari passo con quelli delle funzioni di business per cui la funzione IT lavora. Tra i fattori chiave del suo successo, anche personale, Hackenson segnala l’adozione del concetto di “Power Couple”, nella quale IT e gli stakeholder di business lavorano insieme a un obiettivo. “
Non c’è un progetto IT che cala dall’alto sul business, e nemmeno una decisione di business che ha conseguenze impreviste sulla gestione IT, ma ciascuno contribuisce secondo le sue prerogative: il business decide cosa va fatto, e l’IT come realizzarlo. Distinguere il cosa dal come è fondamentale”, conclude.