Dal punto di vista tecnologico, stiamo vivendo una fase nuova. Assistiamo infatti ad un periodo di convivenza tra innovazione e rivoluzione, tra innovation e disruption.

Si tratta di due percorsi molto diversi, che richiedono approcci e competenze raddoppiate. Quello che può mancare in azienda è soprattutto nella parte strategica: come decidere al meglio come posizionarsi su entrambi i fronti?

Il ricorso ad una consulenza globale è una delle migliori soluzioni. Oracle si propone per questo ruolo, forte di due osservazioni: in primo luogo, viviamo la società dei dati e Oracle è leader di questo settore; in secondo luogo, il colosso di Redwood ha completamente cambiato pelle sull’innovazione, pur mantenendo i suoi tradizionali punti di forza.

Abbiamo avuto modo di parlarne con Neil Sholay, vicepresidente del Digital in Oracle EMEA.

Lo scrum come business model

Neil Sholay, vicepresidenteDigital in Oracle EMEA.

Neil Sholay, vicepresidente
Digital in Oracle EMEA.

“Da una situazione di partenza che la vedeva come azienda specializzata nei database in senso tradizionale, con un management di mezza età e un business model consolidato, nel breve volgere d’un decennio Oracle è diventata alfiere di un business model open, basato sull’innovazione continua”, dice Neil.

E in questo settore l’Italia sta mietendo successi: i risultati a livello mondiale sono eccellenti, ma Sholay ha fatto particolari complimenti al gruppo operante nel nostro Paese per essere tra i primissimi in Emea e “primi per il passaggio veloce al cloud”.

La trasformazione è partita da un diverso approccio alla comunità di sviluppatori, recentemente ospitata proprio a Roma.

Gli argomenti, trattati con grande ampiezza e profondità, sempre nell’ottica dell’open source, hanno fatto di Oracle una forza trainante nel mondo DevOps.

A ben pensarci, il cambiamento maggiore si ottiene applicando al business il metodo Scrum, opportunamente modificato per essere vincente in un ambiente diverso dallo sviluppo di software.

“Forse non tutti sanno che il termine scrum non è un complesso acronimo, bensì la parola che indica il pacchetto di mischia nel rugby”, spiega Sholay; “è un gruppo di persone che con grande forza ed organizzazione s’impegnano in modo complesso per ottenere un risultato difficile”.

Algoritmi da linearizzare

Raggiungere il risultato vuol dire oggi sfruttare le tecnologie rivoluzionarie in continuità con il metodo usato finora. Serve quindi un piano operativo con tool che linearizzino la disruption. E cosa è più rivoluzionario del deep learning?

In Oracle, anche questa rivoluzione viene linearizzata, sagomando quelle parti delle tecniche deep che possono essere impiegate anche al di fuori della data science. L’azienda fornisce widget che con tecniche di intelligenza artificiale analizzano il percorso del singolo utente e forniscono un’offerta personalizzata in soli 20 millisecondi. Ovviamente esistono dei paremetri che è possibile ottimizzare e che regolano il potere del singolo venditore.

Si tratta di una competenza che può venire solo da una vera conoscenza del flusso dei big data negli algoritmi di deep learning, ma con l’occhio al business.

Metodologia dell’innovazione

“Abbiamo bisogno di piattaforme, strumenti e processi per supportarla”, ricorda l’innovatore.

“Chiediamoci sempre se la nostra azienda sta creando un ambiente per le sperimentazioni, e se i prototipi sono immediatamente utilizzabili e scalabili fin dalla prima realizzazione”. Neil sa di che parla: la sua biografia pubblica gli assegna un master in Business Administration, ma non tutti sanno che precedentemente si era laureato in elettronica.

Un esempio forte di innovazione sul posto è stato realizzato da Oracle per la catena di hotel Melia. Gli esperti Oracle si sono riuniti in un albergo di Maiorca e hanno studiato un braccialetto waterproof per accessi e pagamenti non solo in albergo ma anche nei principali negozi del circondario. Subito attivo in quell’hotel, il dispositivo è stato poi usato in altri alberghi della stessa catena. “Oracle non ha chiesto neanche un euro per il prototipo”, ha spiegato il manager, “che è stato adottato subito anche perché era pronto e scalabile verso l’alto”. Questa è consulenza sull’intero ciclo di vita, con condivisione del rischio imprenditoriale tra cliente e consulente, nel nome della co-innovazione.

Ci sono due lezioni da apprendere, qui: il CFO deve smettere di guardare solo al numeretto sullo spreadsheet, e l’innovazione va fatta direttamente nel luogo e con expertise pronte al mercato reale. “Le startup sono certamente una realtà per l’innovazione, ma nella mia esperienza solo un progetto su cinque può venire da loro, mentre gli altri quattro vanno studiati nel reale ambito d’applicazione”.

Tutto parte dalla sperimentazione

Per riassumere il punto di vista di Sholay su come affrontare il momento che stiamo vivendo è utile prendere a prestito una frase a lui cara: “dobbiamo essere pronti a lasciar andare la proprietà intellettuale”. A pensarci bene, è una vera rivoluzione nel business, che richiede di produrre costantemente innovazione senza troppi retropensieri.

Neil conclude l’intervista con un pensiero essenziale per il nuovo mindset dirigenziale. “Fatevi una domanda: state davvero creando un ambiente per la sperimentazione in azienda?”