Cittadinanzattiva nel Rapporto Civico sulla Salute 2023 fotografa le urgenze della sanità. Urgenze che possono essere superate riaffermando cinque condizioni, come spiega Anna Lisa Mandorino, Segretaria Generale di Cittadinanzattiva.

“Per superare l’Urgenza Sanità chiediamo che siano riaffermate cinque condizioni, cinque chiavi di accesso alla casa comune del Servizio Sanitario Nazionale: l’aggiornamento periodico e il monitoraggio costante dei Livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti ed esigibili su tutto il territorio nazionale; l’eliminazione delle liste di attesa, attraverso un investimento sulle risorse umane e tecniche, una migliore programmazione e trasparenza dei vari canali, un impegno concreto delle Regioni per i Piani locali di governo delle liste di attesa; il riconoscimento e l’attuazione del diritto alla sanità digitale per ridurre la burocrazia, comunicare meglio con i professionisti e accedere a prestazioni a distanza; la garanzia di percorsi di cura e di assistenza dei malati cronici e rari e, in particolare, delle persone non autosufficienti, finanziando la nuova legge per gli anziani non autosufficienti e riprendendo l’iter normativo per il riconoscimento dei caregiver; l’attuazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR, con il coinvolgimento delle comunità locali e dei professionisti del territorio”.

Urgenza liste di attesa e rinuncia alle cure

Due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento per tumore all’utero che andava effettuato entro un mese, due mesi per una visita specialistica ginecologica urgente da fissare entro 72 ore, sempre due mesi per una visita di controllo cardiologica da effettuare entro 10 giorni. Sono alcuni esempi di tempi di attesa segnalati dai cittadini che lamentano anche disfunzioni nei servizi di accesso e prenotazione, ad esempio determinati dal mancato rispetto dei codici di priorità, difficoltà a contattare il Cup, impossibilità a prenotare per liste d’attesa bloccate.

La quasi totalità delle Regioni non ha recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia, e non tutte hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. Non è stato utilizzato circa il 33%, per un totale di 165 milioni. I dati raccontano che il Molise ha investito solo l’1,7% di quanto aveva a disposizione, circa 2,5 milioni. Male anche la Sardegna (26%), la Sicilia (28%), la Calabria e la Provincia di Bolzano (29%).

Urgenza pronto soccorso

Le segnalazioni più ricorrenti riguardano: eccessiva attesa per effettuare o completare il triage (18,9%) pronto soccorso affollato (15,4%), carente informazione al paziente o al familiare (9,8%), mancanza di posti letto in reparto per il ricovero (9,2%), mancanza del personale medico (8,7%), pazienti in sedia a rotelle o in barella lungo i corridoi per ore/giorni (7,5%). Negli ultimi dieci anni facciamo i conti con una riduzione costante e cospicua delle strutture di emergenza: si conta una riduzione sul territorio nazionale di 61 dipartimenti di emergenza, 103 pronto soccorso, 10 pronto soccorso pediatrici e 35 centri di rianimazione; per quanto riguarda le strutture mobili negli ultimi 10 anni abbiamo avuto una riduzione di 480 ambulanze di tipo B, un incremento di sole quattro ambulanze di tipo A (ma nel 2019 il decremento rispetto al 2010 era di 34 unità), un decremento di 19 ambulanze pediatriche e di 85 unità mobili di rianimazione.

Urgenza prevenzione

Sono sei le regioni (erano tre nel 2019) che non raggiungono la sufficienza rispetto ai criteri Lea per la prevenzione: in particolare a Sicilia, PA di Bolzano e Calabria, che mostrano i dati più bassi, si aggiungono nel 2020 Liguria, Abruzzo, Basilicata.

Urgenza personale sanitario

Diecimila operatori sanitari appartenenti a venti categorie professionali hanno partecipato alla prima indagine condotta da Cittadinanzattiva con l’obiettivo di sondare le motivazioni dei professionisti a restare o lasciare il SSN. Oltre il 46% afferma di essere soddisfatto del proprio percorso professionale, ma non altrettanto del proprio ambiente di lavoro che stimola poco o niente la realizzazione personale (per il 42,6%) e la crescita professionale (48,5%). Oltre il 40% dichiara di avere carichi di lavoro insostenibili e uno su tre non riesce affatto a bilanciare i tempi lavorativi con quelli della vita privata. Il 31,6% denuncia di essere stato vittima, negli ultimi tre anni, di aggressione (verbale o fisica) da parte degli utenti, il 20,7% da parte di un proprio superiore e il 18,4% da parte di colleghi. E l’assenza nel posto di lavoro di un punto di ascolto psicologico è lamentata in particolare dal 65,9% degli intervistati.

Urgenza assistenza territoriale

Ad oggi in Italia meno di tre anziani over 65 su 100 è inserito in percorsi di ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), con una forbice tra le diverse aree del paese che va da meno dell’1% in Molise, Valle d’Aosta e Provincia aut. di Bolzano, al quasi 5% (in Abruzzo). Dati decisamente più bassi rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, mentre in controtendenza in Italia si mantiene stabile o in crescita il numero di posti letto in residenze sanitarie assistenziali. Combinando i servizi resi in ADI e le cure residenziali, si evince come diverse Regioni italiane riescano ad offrire assistenza a più di un anziano su sei.

Urgenza PNRR

Grazie alla collaborazione tra Cittadinanzattiva e Fondazione Openpolis, è stato avviato un monitoraggio sul tema dell’assistenza territoriale a partire dalla mappatura degli interventi previsti dal PNRR. La fotografia è contenuta in un report pubblicato da Openpolis e da Cittadinanzattiva “Il PNRR e la sanità territoriale”, navigabile nei suoi focus regionali al seguente link. I dati disponibili sulle Case e gli Ospedali di Comunità permettono di verificare che, come previsto dal PNRR, la programmazione e la collocazione delle strutture ha rispettato gli standard previsti dalla riforma del D.M 77/22: avremo una Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti, mentre con un numero inferiore di abitanti è stata prevista una Casa spoke. Ma dai dati è altrettanto chiaro che ci saranno molti territori soprattutto appartenenti ad aree interne che, caratterizzati da un numero basso di abitanti, rimarranno senza questo servizio. Il modello previsto dalla riforma del D.M 77/22 non riesce a tenere conto delle differenze territoriali. La prossimità in alcuni territori richiede di integrare le strutture con la loro digitalizzazione (Cot e la telemedicina), di valorizzare quello che già è disponibile nei territori, adottando un approccio di comunità.