L’importanza di predisporre un piano nazionale è l’oggetto di un paper dello studio Ambrosetti, Malattie cardio, cerebro e vascolari una priorità di sanità pubblica.

In Europa, questo tipo di malattie continuano infatti a rappresentare la prima causa di morte e la seconda causa di disabilità. Secondo i dati del Global Burden of Disease, questo gruppo eterogeneo di patologie, che possono colpire tutti indistintamente, è responsabile del 36% di tutte le morti e del 20% delle morti premature, impattando profondamente sulla vita degli oltre 60 milioni di persone che convivono con questo tipo di patologie e dei loro caregiver.

Rappresentano un gruppo di patologie ad alto impatto per i sistemi nazionali, sia in termini di salute sia di costi economici e sociali associati, che superano i 210 miliardi di euro nei Paesi EU-27. A causa dell’invecchiamento demografico e dell’adozione di stili di vita non adeguati – alimentazione scorretta, eccesso di alcol, fumo, sedentarietà – che caratterizzano le società occidentali, il peso di queste patologie è destinato ad aumentare, con conseguenze gravi in termini di capacità di risposta dei sistemi sanitari ai bisogni di assistenza e cura dei pazienti affetti.

Potenziare reti e percorsi di cura

L ’evoluzione del contesto demografico ed epidemiologico, aggravato dagli effetti della pandemia ha fatto aumentare l’attenzione della comunità medico-scientifica e dei decisori pubblici verso le patologie cardio, cerebro e vascolari, evidenziando la necessità e l’esigenza di innovare e potenziale le reti e i percorsi di cura e assistenza. In questo quadro si inserisce il paper, redatto da un gruppo di esperti, che intende fornire un quadro di riferimento delle dimensioni di queste patologie e individua sei ambiti chiave che determinano l’efficacia della presa in carico globale dei pazienti, proponendo per ciascun ambito obiettivi e linee d’azione operative.

Il paper si occupa anche della telemedicina e dell’utilizzo della sanità digitale sottolineando come diversi studi, anche pre Covid-19, ne abbiano evidenziato le potenzialità sia sotto l’aspetto clinico che organizzativo. “Nel caso dello scompenso cardiaco, essa può, in alcuni ambiti, ridurre del 50% la mortalità dei pazienti e del 39% le ospedalizzazioni, dato quest’ultimo che si traduce in un risparmio fi no al 60% dei costi sanitari. In aggiunta, la gestione della patologia attraverso algoritmi diagnostici multiparametrici è in grado di prevedere con un anticipo di 34 giorni il verificarsi dell’evento acuto sintomatico, riducendo del 74% il numero delle ospedalizzazioni e del 56% la durata”.

La pandemia ha avuto come effetto la diffusione dei servizi di telemedicina che ha registrato una forte accelerazione anche in ambito cardiovascolare, l’area terapeutica, dopo il diabete, in cui è stato avviato il maggior numero di iniziative di questo tipo soprattutto nella forma del tele-consulto e del tele-monitoraggio, come confermato nelle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”. Da una survey promossa da AIAC, Associazione italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, emerge che, se tutti i 116 centri aritmologici rispondenti ricorrevano al tele-monitoraggio dei dispositivi impiantabili già prima della pandemia, il 71,6% ne ha aumentato l’utilizzo e il 31% ha anche attivato un servizio di televisita sia per pazienti con dispositivi impiantati che non.

Le criticità

L’utilizzo sinergico di nuove tecnologie e strumenti tradizionali rappresenta anche la soluzione più efficace per affrontare al meglio la gestione del paziente anziano a rischio cardiovascolare.

Il telemonitoraggio dei dispositivi cardiaci impiantabili può essere uno strumento a supporto della medicina territoriale in quanto gestito efficacemente dal personale delle professioni sanitarie con opportuna formazione e acquisizione delle specif i che competenze (1.038 pazienti/infermiere o tecnico) senza gravare sulla medicina territoriale (solo il 21% dei dati trasmessi necessitano di valutazioni ulteriori da parte del personale medico).

La teleriabilitazione, complementare e non sostitutiva alla riabilitazione in presenza, prevedendo un controllo da remoto da parte dello specialista, può ampliare la platea dei beneficiari dei servizi riabilitativi, oltre che aumentare il grado di coinvolgimento e motivazione dei pazienti. Già pre-pandemia si erano evidenziate la sicurezza e l’efficacia della teleriabilitazione in ambito cardiologico, sia per incidere sui fattori di rischio attraverso l’esercizio fi sico che per ristabilirsi da un intervento di cardiochirurgia.

Secondo gli esperti esistono però una serie di criticità che ostacolano la digitalizzazione delle cure e dei percorsi dei pazienti cardio, cerebro e vascolari, che possono essere riassunti in una scarsa interoperabilità tra i diversi sistemi utilizzati e nella normativa privacy, che spesso complicano la condivisione e l’utilizzo del dato sanitario e, in ultima istanza, una piena integrazione ospedale-territorio.

Dati dell’Osservatorio Digitale del Politecnico di Milano evidenziano come, tra gli ambiti di investimento previsti dal PNRR, il 64% dei direttori delle strutture sanitarie italiane ritiene molto importante lo sviluppo di soluzioni aziendali per garantire la raccolta del dato di cura del paziente, seguiti dai sistemi per l’integrazione ospedale-territorio e dalle soluzioni che consentono l’integrazione con sistemi regionali o nazionali come il Fse. A questo proposito, le risorse del PNRR, che nella sola Missione 6 destina oltre quattro miliardi di euro alla digitalizzazione e all’informatizzazione della sanità, rappresentano una grande opportunità.

Infine, bisogna garantire una definizione delle tariffe più uniforme a livello nazionale: a oggi, per esempio, solo otto Regioni, tutte quelle del Centro-Nord e la Puglia, hanno provveduto al riconoscimento amministrativo e al rimborso del telemonitoraggio dei dispositivi impiantabili, mentre quelle che prevedono un rimborso specifico per la televisita cardiologica/cardiochirurgica di controllo sul tariffario regionale, come il Lazio, sono ancora casi isolati e comunque non sempre l’applicazione della norma trova riscontro omogeneo nella pratica. Le recenti pubblicazioni delle “Linee Guida contenenti il modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare” e delle “Linee guida per i Servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio”, obiettivi del PNRR dal cui raggiungimento dipendeva l’erogazione dei finanziamenti, sono un passo giuridico importante in questo senso.

È importante infine ricordare come l’innovazione digitale si configuri come un’innovazione più di tipo organizzativo che tecnologico e per questo le dinamiche organizzative attuali dovrebbero essere profondamente ripensate agendo su cultura, competenze e nuove responsabilità di tutti gli attori coinvolti nel processo di trasformazione