Erano venti e adesso sono 21 con l’ultima arrivata che riguarda il settore biomedicale. Stiamo parlando della RIR, Rete Innovativa Regionale del Veneto che si chiamerà Tech4Life, tecnologia a servizio della vita.

Per Rete Innovativa Regionale si intende un’aggregazione tra imprese, soggetti pubblici e privati, presenti sul territorio regionale, che operano in ambiti innovativi di qualsiasi settore. Sono in grado di sviluppare un insieme di iniziative e progetti rilevanti per l’economia regionale, non necessariamente limitati a un ambito produttivo specifico ma aperti alla multisettorialità.

La Rete si caratterizza per l’estensione sul territorio della regione (che può anche travalicare i confini regionali e nazionali e in cui diventa fondamentale l’aspetto relazionale), imprenditorialità e l’appartenenza a settori innovativi. Spaziando dal food alla sostenibilità, ora comprendono anche il biomedicale che ha come soggetto proponente Denis Faccioli, CEO di Tecres e Vicepresidente con delega all’internazionalizzazione della Confindustria locale.

L’adesione del territorio

Alla Rete aderiscono 58 imprese, di cui dieci di grandi dimensioni, cui si aggiungono sette dipartimenti dei quattro atenei veneti, più un Digital Innovation Hub e il sostegno di Confindustria regionale. A disposizione per le 21 RIR ci sono i fondi europei con 56 milioni distribuiti in tre anni. A questi si aggiungono 8,5 milioni dalle università e 32,4 milioni dalle imprese, per un totale di 97 milioni.

I soldi che spettano al biomedicale saranno utilizzati per realizzare progetti nel campo della robotica sanitaria e per lo sviluppo di dispositivi medici rivolti al “miglioramento del benessere della persona”. Domotica, robotica, monitoraggio da remoto di pazienti cronici, telemedicina e identità digitale del paziente da mettere in rete insieme alle strutture ospedaliere, sono le linee di indirizzo dei progetti grazie ai quali le aziende del territorio puntano a implementare la medicina rigenerativa, predittiva e personalizzata.

Il progetto di Mirandola

La Rete veneta si inserisce in un settore in crescita, dove l’Italia vanta una forte presenza grazie al Distretto Biomedicale di Mirandola, in provincia di Modena, nato dopo il sisma del 2012 per valorizzare il più importante polo produttivo di dispositivi monouso in Europa, nominato capofila di un progetto UE da 5,8 milioni di euro.

Attraverso una call straordinaria innestata su Horizon 2020 è stato varato questo progetto che intende portare da tre settimane a 48 ore i tempi di produzione dei componenti medicali critici, agendo su manifattura additiva e soluzioni digitali. L’obiettivo è non trovarsi mai più sprovvisti di dispositivi salvavita in caso di emergenze o pandemie – dalle mascherine per la protezione individuale agli strumenti per la cura dei pazienti come spike e respiratori. Impure (Injection Moulding Rpurposing for Medical Supplies Enabled by Additive Manufacturing) è il nome del progetto che si concluderà a Maggio 2022 e che coinvolge 19 partner di otto Paesi Europei, coordinati dall’Università Tecnica di Atene.