La telemedicina cresce anche fra i dermatologi. È uno dei risultati del progetto “TeleDerma – Attuale utilizzo e opportunità offerte dai servizi di telemedicina in dermatologia in Italia” – realizzato da Deloitte Consulting. La teledermatologia, spiega l’indagine, è un modello di fornitura di servizi in continua evoluzione grazie all’immediato accesso che la pelle riserva sia al medico che al paziente, nonché al possibile utilizzo delle nuove tecnologie per documentare facilmente l’insorgenza e lo sviluppo di condizioni a carico del derma.

Se durante le fasi più critiche della pandemia da Sars-Cov-2, la teledermatologia ha spesso rappresentato l’unica alternativa possibile alla continuità assistenziale, il suo ruolo sta ora evolvendo verso un modello di integrazione con la tradizionale pratica clinica in cui, per esempio, in previsione della visita in presenza, i pazienti possono scattare delle foto alla porzione di pelle interessata e caricarle su una piattaforma condivisa con il dermatologo che una volta ricevute le immagini, le può analizzare per fornire poi durante la visita i consigli e il supporto necessario al paziente.

Utilizzo e propensione

In questo scenario, la teledermatologia funge quindi da abilitatore per fare una prima valutazione per diverse condizioni della pelle, capelli e unghie, il tutto in modalità digitale. Spetterà poi al dermatologo decidere sulla base della specifica patologia, delle sfaccettature della pratica clinica o sulla base della singola casistica, di effettuare, qualora lo ritenga necessario, successive visite in presenza.

A oggi il 19% dei dermatologi (183 su 485) che ha preso parte alla ricerca, non eroga prestazioni di telemedicina. Il restante 81% del campione indica come principali prestazioni di telemedicina utilizzate la messaggeria asincrona (210), ovvero messaggi costituiti da brevi file audio o audio-video, oltre che immagini statiche e testo, non in tempo reale, e la messaggeria sincrona (112), ossia brevi messaggi scritti in tempo reale.

A seguire, la televisita (79), ovvero l’interazione a distanza, in tempo reale, con il paziente per attività di controllo, il teleconsulto medico (79), inteso come l’interazione a distanza tra professionisti al fine di ottenere una second opinion e infine la telerefertazione (74), la relazione rilasciata dal medico a distanza, scritta e trasmessa per mezzo di sistemi di telecomunicazione.

La pandemia ha determinato un’accelerazione nello sviluppo e applicazione delle tecnologie digitali, ma la propensione dei professionisti verso questo tipo di visite non è molto alta. Solo il 26% (90 su 344) riferisce di avere un livello di propensione all’uso della telemedicina alto e/o estremamente alto. Il 74% dei dermatologi rispondenti non ha invece un buon livello di propensione, un dato che sale con il crescere dell’età.

Fra i benefici ci sono la continuità assistenziale in occasioni di impossibilità nel raggiungere di persona i pazienti, l’erogazione dell’assistenza da remoto e la riduzione al minimo del rischio di contagio Covid-19 risulta molto importante come beneficio raggiunto per dermatologi (76%) e regioni (80%). Fra le criticità c’è la mancanza di strumenti tecnologici adeguati, la limitata conoscenza degli strumenti tecnologici necessari e, soprattutto secondo i dermatologi, la difficoltà di creare una rete virtuale fra i vari presidi. Dermatologi (72%) e Regioni (36%) ritengono che il mancato riconoscimento della prestazione di telemedicina da un punto di vista tariffario sia una criticità importante e altri sottolineano i rischi legati ad aspetti etici, legali e socioculturali, nell’utilizzo