Un importante intervento di terapia neuromodulativa con algoritmi innovativi è stato effettuato dell’équipe del servizio di terapia antalgica dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, su una paziente con un forte dolore neuropatico invalidante. La paziente 63enne, affetta da POPS, Post Operative Pain Syndrom, e conseguente dolore neuropatico invalidante con importanti disturbi sensitivi e motori, è stata trattata in un lasso di tempo di 45 giorni, dalla prima visita all’intervento.

La paziente aveva una deambulazione molto limitata – spiega Stefano Lippi, responsabile della Terapia antalgica – e non riusciva ad andare oltre i cento metri di camminata. Abbiamo quindi deciso di posizionare un elettrocatetere con algoritmi innovativi all’interno dello spazio epidurale, con un ingresso lombare fino all’altezza delle vertebre dorsali t8 e t9, per avere una stimolazione ottimale per gli arti inferiori. Questo tipo di intervento viene effettuato in sala operatoria – aggiunge il Lippi – in regime di day surgery ed in anestesia locale, in quanto è fondamentale la collaborazione del paziente in relazione al tipo di stimolazione che viene avvertita. Viene così ridotta ed in alcuni casi sospesa la terapia del dolore farmacologica, quindi degli oppioidi e dei relativi effetti collaterali, anche degli antiepilettici e degli antidepressivi che si usano in questi casi”.

L’impulso elettrico

La Terapia antalgica è un servizio che fa parte dell’Anestesia e rianimazione perioperatoria e generale, diretta da Pasquale D’Onofrio, è centro Hub per l’area vasta sud est e fanno parte dell’équipe anche Elena Fatighenti, Agnese Faltoni e Marco Mautone e Francesco Palilla.

La neuromodulazione avviene attraverso un impulso elettrico che modula il segnale doloroso – spiega Elena Fatighenti – che dalla periferia arriva al sistema nervoso centrale dove viene elaborato. In questo caso specifico abbiamo utilizzato un algoritmo che agisce sulle cellule gliali che stando alla ricerca più attuale sono quelle maggiormente coinvolte nella modulazione, percezione e cronicizzazione del dolore. L’impianto in sala operatoria corrisponde all’inizio della fase trial con delle stimolazioni intraoperatorie, durante le quali il paziente deve individuare la zona dove avverte dolore e capire se la stimolazione arriva in quella zona. Il paziente viene poi dimesso e conduce una vita normale, l’elettrocatetere viene collegato ad un pacemaker esterno che invia degli impulsi programmati per due-tre settimane. Finita la fase trial il paziente viene rivalutato, e con un miglioramento evidente della sintomatologia viene riportato in sala operatoria, dove viene applicato l’impianto sottocutaneo definitivo, sempre in anestesia locale”.

Avevo dolore, bruciore e formicolio dalla metà della schiena alle gambe, non riuscivo a fare niente – aggiunge la paziente, la signora Cristina – nemmeno a dare lo straccio per terra. Ho avuto giovamento fin da subito l’intervento, sono spariti formicolio e bruciore, e sono riuscita di nuovo a stare in piedi e fare normalmente le attività quotidiane. Ho un tenore di vita accettabile e normale, è una grande cosa. Ringrazio tutti i professionisti del servizio di Terapia antalgica, non mi sono sentita un numero”.