La ricerca è un po’ di parte, questo è scontato. Ma può servire ai professionisti ICT che operano nel settore sanitario per capire se hanno qualche margine di azione. Parliamo dell’indagine pubblicata dal Cloud Economic Center di Amazon Web Services che ha quantificato in 14,4 miliardi di euro i risparmi che i fornitori di servizi sanitari dell’Unione Europea e del Regno Unito potrebbero ottenere dal passaggio dell’infrastruttura IT al cloud nei prossimi cinque anni.

Il documento si basa sui dati dei clienti AWS che hanno creato un’analisi un business case dettagliato per quantificare i loro risparmi prospettici derivanti dalla migrazione delle applicazioni sanitarie nel cloud. Si tratta di 28 casi aziendali di società che operano in sei continenti, con dimensioni da trecento posti letto a organizzazioni nazionali con oltre oltre cinque milioni di pazienti.

Pay-Back in 15 mesi

La previsione di spesa quinquennale combinata per l’infrastruttura IT on-premise di questi 28 fornitori di servizi sanitari è stata di 447 milioni di euro con un risparmio di 198 milioni di euro grazie al passaggio al cloud, in media il 44% in meno rispetto alle previsioni per l’infrastruttura on-premise. Considerando il numero di letti ospedalieri dei fornitori di servizi sanitari inclusi nello studio, ciò equivale a un costo a un risparmio di 5.665 euro per posto letto in cinque anni.

I dati più recenti di Eurostat riportano che ci sono 2,54 milioni di letti ospedalieri nell’UE e nel Regno Unito quindi il risparmio potenziale per le strutture sanitarie è di 14,4 miliardi di euro in cinque anni. Il pay-back per il passaggio è calcolato con una media di 15 mesi. Il passaggio al cloud riguarda un’ampia gamma di applicazioni cliniche e non cliniche, tra cui: cartelle cliniche elettroniche, sistemi point-of-care, imaging, genetica, neurologia, flebotomia, diagnostica, farmaceutica, diabete, nutrizione, ricerca, forniture mediche, sistemi finanziari e HR, comunicazioni, business intelligence, monitoraggio, intelligenza artificiale e apprendimento automatico.

L’infrastruttura dei 28 fornitori inclusi nell’analisi comprendeva 39.965 server e 17,2 petabyte di storage. La maggior parte dei server (oltre il 95%) era virtualizzata, prevalentemente con VMware. Gli analisti hanno chiarito che l’81,2% dei server utilizzava Microsoft Windows come sistema operativo, mentre Linux l’alternativa predominante e il 24% di questi sistemi operativi Linux erano Red Hat. Diciannove strutture sanitarie hanno raccolto dati dettagliati sull’utilizzo di 30.703 server. I nove fornitori rimanenti non disponevano di dati sull’utilizzo, pertanto il loro business case si è basato su dati di benchmark.

I dati di utilizzo dettagliati hanno fornito le seguenti indicazioni: sui 30.703 server, il livello medio di picco di utilizzo della CPU è stato del 20,9%. Il livello medio di picco di utilizzo della memoria (RAM) era del 76,6%. Solo il 48% dello spazio di archiviazione fornito veniva utilizzato. Il restante 52% non conteneva dati, ma conservava i costi di gestione e di acquisto.

Questo indica che anche nei momenti di picco di utilizzo la maggior parte delle CPU dei server non era utilizzata, circa il 79%, mentre per la memoria si arrivava al 23%. Anche tenendo conto dei vantaggi della virtualizzazione, questo significa che una spesa significativa per l’infrastruttura è abitualmente sottoutilizzata. Altri dati dell’indagine indicano una dispersione di risorse che potrebbe essere evitata con il passaggio al cloud.