L’importanza dei dati. L’edizione 2022 del Meridiano Sanità dello Studio Ambrosetti pone l’accento anche sulle potenzialità del modello data-driven sottolineando come l’adozione di una strategia nazionale con gli obiettivi e le azioni prioritarie per la trasformazione digitale del Paese e una spiccata propensione all’innovazione sono due elementi che accomunano i Paesi meglio posizionati a livello europeo.

La digitalizzazione del settore sanitario porta alla gestione di una enorme mole di dati nella sanità che valgono circa il 30% di tutto il volume dei dati prodotto ogni anno a livello mondiale. Si tratta di una mole prevista in ulteriore crescita per i prossimi anni: entro il 2025, infatti, si prevede che il tasso annuale di crescita dei dati prodotti dal settore salirà al 36%, un ritmo che viaggia a +11% più alti rispetto a quello di altri settori.

I benefici

Grazie alla crescita del digitale è possibile raggiungere popolazioni che solitamente hanno minori possibilità di interfacciarsi con i professionisti e con gli spazi tradizionali della sanità, passando per l’opportunità di fuoriuscire dal sistema sanitario formale, per esempio sfruttando maggiormente le cure domiciliari rispetto a quelle ospedaliere o soluzioni in grado di monitorare e prevedere l’evoluzione dello stato di salute delle persone in ogni momento della loro giornata, come nel caso dei dispositivi wearable. “Per comprendere e apprezzare appieno i benefici di una Sanità data-driven è necessario sottolineare che per processo di transizione digitale del settore si intende qualcosa che va ben oltre la semplice conversione dal cartaceo all’elettronico o dal fisico al virtuale (televisite, teleconsulti), che guarda invece all’incremento della qualità e dell’efficacia dei servizi sanitari, liberando il valore detenuto dalla disponibilità di dati e informazioni opportunamente raccolte, conservate e strutturate”.

Questo porta a una più efficiente allocazione delle risorse – favorendo una maggiore capacità di programmazione delle attività e delle risorse necessarie, in un supporto concreto per il potenziamento del processo decisionale dei clinici, in un maggior controllo sulla qualità dei servizi erogati, delle tecnologie e delle terapie utilizzate, sempre ponendo i pazienti al centro e dando supporto al personale sanitario in tutte le fasi del patient journey.

Secondo lo Studio Ambrosetti le principali potenzialità di una sanità digitalizzata si riassumono nella possibilità di porre il paziente al centro delle decisioni e delle cure fornite, incremento del controllo sulla sanità pubblica e sui servizi erogati, espansione dei servizi sanitari alle popolazioni più svantaggiate che tendenzialmente hanno difficoltà ad accedervi e usufruirne, supporto e incoraggiamento delle cure a domicilio, possibilità di fornire servizi sanitari al di fuori del sistema sanitario formale tramite le maggiori opportunità di monitorare e predire lo stato di salute delle persone, maggiore capacità di allocare prioritizzare e programmare le risorse, supporto al personale sanitario nel comprendere le necessità dei pazienti e fornire cure più personalizzate e mirate alle specifiche esigenze.

Il supporto positivo alle attività cliniche dei dati è dimostrato anche dalla presenza di buoni margini di miglioramento rispetto allo stato attuale. Diversi studi indicano che i pazienti ricoverati ricevono soltanto il 50% delle cure raccomandate e che gli errori di terapia si verificano nel 5% dei ricoveri ospedalieri, di cui il 39% al momento della prescrizione terapeutica. Solo negli Stati Uniti, gli errori clinici sono responsabili di una quota compresa tra 44.000 e 98.000 decessi l’anno.

Le ospedalizzazioni evitabili  

L’accesso a sistemi avanzati di analisi dei dati, basati anche su tecniche di Ia e attraverso il cloud, consente a ricercatori e medici di accelerare e migliorare le capacità di diagnosi, con risultati migliori sia sul piano della prevenzione sia dal punto di vista delle cure, in termini di appropriatezza prescrittiva, ma anche per verificare le ospedalizzazioni evitabili, che oggi rappresentano una delle voci di costo più rilevanti per i sistemi sanitari. Secondo alcuni studi di Epidemiologia e Ricerca Applicata (ERA) in Italia le malattie dell’apparato respiratorio (escludendo le sindromi causate da Sars-Cov2) sono spesso causa di ricoveri inappropriati: fino al 50% dei casi di quelli ordinari e fino al 30% di quelli in day-hospital.

Le potenzialità derivanti dal supporto del digitale non riguardano solo le attività cliniche di corsia ma si estendono anche (e soprattutto) al di fuori dell’ospedale. Si stima, per esempio, che il telemonitoraggio a domicilio per i pazienti cardiaci possa migliorare del 15% il tasso di sopravvivenza, ridurre del 26% i giorni di ricovero e far risparmiare il 10% delle spese infermieristiche. Ovviamente non mancano ostacoli e rischi. Alcune delle sfide più importanti relative alla digitalizzazione riguardano la standardizzazione e la valorizzazione dei dati, considerando la presenza di ostacoli quali la rigidità del sistema, le barriere alla diffusione poste dal personale sanitario e la condivisione di informazioni tra provider e Istituzioni.

L’esposizione ai rischi della sicurezza e alla cyber-criminalità, che implica investimenti importanti in sistemi avanzati di sicurezza digitale e la necessità di educare il personale sanitario dell’utilizzo delle tecnologie a disposizione. La tutela della privacy, ad esempio per i dati sensibili raccolti dai wearable, e per cui è fondamentale che i sistemi di storage siano adeguati e aggiornati e che il trattamento dei dati sia svolto nel rispetto delle normative. La presenza di infrastrutture e reti resilienti e capillari per ampliare la copertura della connessione 5G e della fi bra, in grado di supportare le interazioni tra dati e consentire un costante scambio tra diversi strumenti. La necessità di formare il personale sanitario sulle tecnologie sanitarie digitali e, come precedentemente citato, sul problema della sicurezza dei dati e sulla tutela della privacy. Questo anche considerando una futura carenza di personale quantificata dall’Oms in dieci milioni di professionisti al 2030.