Sanità italiana, la digitalizzazione cambia marcia: +22% nel 2023
Deciso cambio di marcia per la crescita della sanità digitale italiana, passata dal +7% del 2022 al +22% del 2023. È la stima dell’Osservatorio sulla sanità digitale del Politecnico di Milano secondo il quale questo mercato è passato da 1,6 miliardi a 2,2.
“Ci eravamo lasciati con la sensazione che qualcosa dovesse ancora avvenire – spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio -. Quella crescita del 7% era davvero troppo poco per parlare di switch off verso il digitale: qualcosa ancora stentava a essere messa a terra”.
Un po’ di progetti sono quindi partiti e le strutture sanitarie, che rappresentano la parte più importante dello sforzo di digitalizzazione, hanno speso 1,6 miliardi, oltre il 20% in più rispetto allo scorso anno.
È stato dato il via a interventi di digitalizzazione di primo e secondo livello, aggiunge Corso, che segnala anche il +14% delle Regioni che hanno speso 480 milioni. “In questo caso si tratta di un incremento molto parziale perché alcuni progetti sono entrati in fase di implementazione ma altri lo faranno più avanti nel prossimo anno”.
Per i Medici di medicina generale, Mmg, si assiste a un leggero decremento della spesa complessiva e un aumento di quella procapite frutto della loro diminuzione, mentre le istituzioni centrali segnano una forte crescita legata soprattutto ai 59 milioni spesi da Agenas. I 2,2 miliardi di totale sono quindi “l’incremento più elevato da quando noi effettuiamo queste rilevazioni”.
Cybersecurity che preoccupazione
Secondo l’Osservatorio, entrando nel merito delle singole componenti emerge che gran parte degli investimenti è ancora da attivare, e che alcuni incrementi di spesa non sempre ricadono pienamente sulle strutture sanitarie. Da qui li mood dei direttori generali delle strutture sanitarie che per il 63% indicano come barriera principale allo sviluppo della digitalizzazione la mancanza di risorse. Seguono la cultura digitale limitata, la difficoltà delle integrazioni e la mancanza di competenze.
Per quanto riguarda le aree di investimento, si conferma al primo posto la cybersecurity, anche alla luce del raddoppio degli attacchi informatici nel settore sanitario nel 2023. Una serie di eventi, anche gravi, che hanno generato urgenza.
Poi c’è la cartella clinica elettronica, con il tema forte dell’integrazione con il fascicolo sanitario elettronico, su cui sono attesi investimenti importanti nel prossimo anno, mentre resta indietro l’intelligenza artificiale dove in termini di investimenti le strutture sanitarie sono ancora alla finestra. L’IA per ora viene vista come un’area di frontiera.
Per illustrare la situazione attuale della sanità digitale il Politecnico utilizza la metafora della costruzione di un edificio dove all’inizio si vede soprattutto polvere, cemento e disagi. Ora però quella fase sta per essere ultimata e si iniziano a vedere pilastri, muri, travi.
“Importante – osserva Corso – è non lasciarsi scoraggiare in questa fase e riuscire ad avere chiaro l’obiettivo, essere molto presenti per condurre lo sviluppo del progetto. Bisogna pensare con la mente dell’architetto che nel caos vede la realizzazione finale. Perciò è fondamentale avere un’ottica un po’ strabica con un occhio al presente e un altro al futuro con la capacità di saper aggiustare il piano che dovrà sicuramente essere modificato o aggiornato”.
Le performance del Pnrr
Alla visione generale sugli investimenti nella sanità si è aggiunta quella relativa al Pnrr con l’intervento di Alessio Nardini, direttore generale unità di missione per l’attuazione del Pnrr del Ministero della Salute.
“Di solito si prende come riferimento la spesa come indicatore di avanzamento dello stato di attuazione della missione del Pnrr. Ma dobbiamo tenere in considerazione che per l’impianto della Missione 6 gli effetti della spesa hanno uno spostamento dovuto a vari fattori“, ha detto Nardini.
Il piano prevede interventi con tempistiche di attuazione che si concludono al termine del periodo di investimento del Piano nel giugno 2026. “Questo vuol dire che vedremo questa spesa svilupparsi nel momento in cui metteremo a terra operativamente il progetto”.
A differenza di altri investimenti europei precedenti, il Pnrr prevede una spesa correlata agli stati di avanzamento e si misura sulle performance con effetti della spesa traslati nel tempo. “Noi paradossalmente – prosegue il responsabile dell’attuazione – potremmo sviluppare tutta la Missione 6 senza avere evidenza della spesa, che potremo vedere anche molto dopo perché le rendicontazioni degli interventi possono avvenire anche in maniera molto successiva agli interventi. Molte regioni infatti stanno operando con la cassa a disposizione senza i fondi del Pnrr così noi la spesa non la vediamo ma intanto produce effetti sull’economia del Paese e sul sistema salute. Dobbiamo quindi monitorare lo sviluppo delle attività”.
Nardini ha proseguito affermando la centralità del digitale, che con l’assistenza territoriale è la direttrice principale sulla quale ci si è mossi anche durante la fase di rimodulazione del Piano. “Così siamo riusciti nell’impresa di spostare circa 750 milioni dai progetti in essere già incamerati dal sistema a telemedicina e assistenza domiciliare. In particolare circa 500 milioni per la telemedicina e potenziando l’assistenza domiciliare con 250 milioni aumentando il numero degli assistiti a regime con ulteriori attività di assistenza per entrambe gli ambiti di intervento”.
Tutto questo a supporto anche dell’iniziativa del governo che con la Legge 33 per gli anziani ha previsto interventi di prevenzione e cura con la telemedicina. “Su questo stiamo sviluppando un progetto insieme ad Agenas per fare sì che ci sia una maggiore attenzione agli strumenti digitali per pazienti fragili ultraottantenni anche per telemedicina”.
Nardini ha concluso affermando che fino a oggi gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti, citando tra l’altro il varo di ulteriori 900 borse di studio per i medici di medicina generale che si sommano alle precedenti 1800 del precedente target realizzato.
In più ci sono 600 Cot (centrali operative territoriali) che saranno attivate anche se l’aumento dei costi dovuti alle crisi internazionali ha inciso. Per la formazione sono già partiti i corsi per 4500 middle e top manager delle aziende sanitarie e anche ora le Regioni stanno realizzando i corsi per le persone che formeranno il personale che dovrà poi portare al cambiamento con la realizzazione degli interventi per i progetti di assistenza di prossimità. E oltre il 50% delle grandi apparecchiature previste sono state installate.