Tra i primi fondi stanziati dal PNRR per la Sanità due miliardi andranno alle case di comunità, un miliardo per gli ospedali di comunità e l’assistenza sanitaria intermedia, 2,6 miliardi per l’ammodernamento tecnologico, 638, 8 milioni per la sicurezza e sostenibilità degli ospedali e 204,5 milioni per assistenza domiciliare e telemedicina.

I soldi per le visite e il monitoraggio a distanza arrivano a sostenere una situazione molto effervescente con numerose esperienze prodotte negli ultimi mesi. “Il salto in avanti fatto dalle applicazioni di telemedicina nel corso della pandemia indica strade molto interessanti per lo sviluppo di queste tecniche e soprattutto segna un’accelerazione verso un passaggio obbligato dell’assistenza, che si stentava ad approcciare”.

Inizia così l’articolo pubblicato da Monitor, la rivista di Agenas, l’agenzia per i servizi sanitari regionali a firma di Piero Borgia della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere. L’intervento mette in evidenza alcune esperienze nazionali che hanno prodotto importanti miglioramenti nell’assistenza.

I campi di applicazione

È il caso dell’Azienda Sanitaria della provincia di Trento che utilizza la piattaforma Healthmeeting, integrata all’interno dell’applicativo SIO (Sistema Informativo Ospedaliero) ambulatoriale, che consente allo specialista di interagire in audio e video con il paziente in sicurezza e di produrre referti e prescrizioni dematerializzati in tempo reale.

Le visite da remoto costituiscono circa l’11% di tutte le visite effettuate nel primo semestre 2021, nei 4/5 dei casi si tratta di visite successive alla prima.

L’app Trec+ consente le televisite con test per configurare e gestire l’effettuazione di test o misure preliminari, nonché la raccolta strutturata e guidata dei risultati che i medici consultano in anticipo rispetto alla televisita in presenza del paziente.

“Questa esperienza è stata svolta in ambito oculistico: sono stati individuati alcuni aspetti investigati nella maggior parte dei casi, sia prime visite sia controlli, sia con bambini sia con adulti, e che forniscono indicazioni fondamentali per il monitoraggio delle funzioni visive del paziente in cui le misurazioni sono eseguite presso il suo domicilio, eventualmente con il supporto di un caregiver, attraverso l’ausilio di app gratuite individuate e selezionate dagli specialisti e/o attraverso l’utilizzo di materiale stampabile”.

La centrale operativa regionale CoreHealth in Puglia e il progetto Telpass che ha coinvolto l’Asp di Potenza e l’Aorn Santobono-Pausilipon sono gli altri esempi citati da Borgia ai quali si aggiungono altre esperienze minori che danno l’idea della spinta che la pandemia ha dato all’utilizzo della telemedicina.

Nella casa circondariale di Rebibbia è stato presentato il progetto “Liberi@amo la salute: telemedicina negli istituti penitenziari”, realizzato dalla Asl Roma2 e dal Dap – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Attraverso le visite a distanza sarà possibile gestire i più frequenti problemi di salute della popolazione detenuta, assicurando televisite, teleconsulti telerefertazione e telemonitoraggio.

Altro campo di intervento è quello relativo all’Alzheimer. La Società Italiana di Neurologia e l’azienda biotech Biogen hanno infatti presentato una piattaforma di tele-neuropsicologia che prevede test neuropsicologici digitalizzati tramite tablet direttamente a casa dei pazienti per i pazienti affetti da Alzheimer e altre forme di demenza che da una parte permettono di monitorarne le condizioni e dall’altra favoriscono l’identificazione delle persone che rischiano di sviluppare la malattia.

I pazienti possono utilizzare uno schermo touch che consente la presentazione degli stimoli visivi e verbali e la registrazione delle risposte vocali, motorie e di disegno. L’avvio del progetto prevede un esperimento pilota che coinvolgerà sette centri specializzati in diverse regioni italiane.

In Italia un milione e centomila persone soffrono di demenza, di questi oltre la metà è affetta da Alzheimer. Si tratta di un’emergenza sanitaria il cui costo in Italia nel 2018  è stato stimato pari a 15,6 miliardi di euro e si valuta che l’80% (12,3 miliardi) del costo totale sia a carico delle famiglie e dei caregiver.