Se c’è un campo dove ricerca e tecnologia sono fondamentali è quello delle malattie rare alle quali viene dedicata una giornata mondiale, il 29 febbraio negli anni bisestili, giorno raro per eccellenza, e il 28 febbraio negli altri anni.

Il Rare Disease Day promosso da Eurordis, alleanza che raggruppa quasi mille associazioni di pazienti di oltre 70 paesi, ricorda a tutti l’esistenza e la gravità di patologie gravi, spesso letali e, nella maggior parte dei casi, prive di terapie disponibili. In Europa una malattia è definita rara quando colpisce meno di 50 persone su 100mila, ma la definizione non è la stessa in altre aree del mondo.

All’interno di Orphanet, il portale europeo delle malattie rare e uno dei database più completi a livello mondiale, sono oltre seimila le malattie descritte. L’esordio di queste malattie è nella maggior parte dei casi in età pediatrica, ma esistono anche malattie che si manifestano solo in età adulta oppure che possono manifestarsi in entrambi i casi.

Sempre secondo Orphanet, nel mondo soffre di una malattia rara tra il 3,5 e il 5,9% della popolazione: questo si traduce in 263-446 milioni di persone a livello globale, 18–30 milioni nell’Unione Europea e 2,1-3,5 milioni in Italia (come riportato anche dal rapporto MonitoRare di Uniamo).

I finanziamenti di Telethon

L’analisi ha anche messo chiaramente in luce come la quasi totalità (98%) dei malati rari siano affetti da un piccolo gruppo (390) di malattie ad alta prevalenza, superiore cioè a 1 su 100mila.

Per contro, il restante 2% è affetto da malattie a bassa prevalenza, che potremmo definire “ultra-rare”. Nella giornata mondiale delle malattie rare Telethon per la terza edizione del Seed Grant ha annunciato il finanziamento di sei progetti di ricerca per un totale di 280 mila euro.

La Fondazione che, in oltre trent’anni, ha investito più di 592,5 milioni di euro in ricerca su queste patologie, permettendo di portare avanti 2.720 progetti, che hanno visto coinvolti 1.630 ricercatori, finanzierà progetti di ricerca sulla sindrome di Ehlers-Danlos di tipo vascolare, sulla atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay (Arsacs), sulla malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo 3 e sulla encefalopatia epilettica e di sviluppo correlata a mutazioni del gene Piga.

In ciascuno dei casi, il finanziamento annuale di 50 mila euro rappresenta appunto un seme che può germogliare per iniziare un percorso di ricerca su un tema ancora poco studiato.

“Sono tre milioni le persone nel mondo con malattie rare, due milioni solo in Italia: di queste una su cinque ha meno di 18 anni – spiega Francesca Pasinelli, Direttore Generale Fondazione Telethon -. Con il progetto Seed Grant, abbiamo messo a disposizione delle associazioni le competenze maturate in oltre trent’anni nel finanziamento della ricerca”, aiutandole a “indirizzare il loro investimento nella maniera più efficace tramite la selezione di progetti sulla base della qualità scientifica e dell’impatto sui pazienti“.

Industria farmaceutica e tecnologie

Anche l’industria farmaceutica fa la sua parte come ha ricordato Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria. Grazie al Regolamento Europeo per i farmaci orfani, infatti, dal 2000 al 2021 in Europa sono oltre 2.500 i medicinali in fase di sviluppo per le malattie rare che hanno ottenuto la designazione di farmaco orfano e sono 209 i farmaci autorizzati a fine 2021.

A livello internazionale, sono quasi 800 i farmaci in sviluppo per le malattie rare. Tra questi 168 sono per la terapia dei tumori rari, 192 per i disturbi genetici, 56 per i disturbi neurologici, 51 per le malattie autoimmuni e 36 per quelle infettive.

L’Italia sta facendo la sua parte: gli studi clinici nelle malattie rare, nel nostro Paese, infatti, sono molto cresciuti in questi anni, passando dai 66 autorizzati nel 2010 (il 10% rispetto al totale degli studi clinici) ai 216 nel 2019 (il 32%). Una mano è arrivata anche dalle istituzioni con l’approvazione in via definitiva della Legge sulle Malattie Rare.

Il testo prevede un concreto sostegno alla ricerca scientifica e per quanto riguarda il sostegno alla ricerca, l’istituzione di un fondo per gli studi preclinici e clinici nell’ambito delle malattie rare, per studi osservazionali e registri di uso compassionevole per terapie non ancora disponibili in Italia, per programmi di sorveglianza su farmaci orfani e su trattamenti innovativi che necessitano di maggiori e ulteriori analisi rispetto a sicurezza ed efficacia nel lungo periodo, per la ricerca e sviluppo di soluzioni terapeutiche orfane da plasmaderivati e per progetti di sviluppo di test per screening neonatali per la diagnosi di malattie rare per cui sia disponibile, o in fase di sviluppo avanzato comprovato, una terapia.

La legge prevede inoltre un credito d’imposta a favore di soggetti pubblici o privati che svolgono attività di ricerca o che finanziano progetti di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani, pari al 65 per cento delle spese sostenute per l’avvio e per la realizzazione dei progetti di ricerca; viene inoltre confermato e stabilito per legge che ogni tre anni dovrà essere approvato un Piano nazionale per le malattie rare.

Oltre alla normativa sono necessarie anche le tecnologie digitali. Secondo l’analisi di Meridiano Sanità, il Think Tank sulla salute di The European House – Ambrosetti, gli algoritmi di machine learning (utilizzati in due casi su tre) sono i più utilizzati.

“Nell’ambito del machine learning, e più precisamente del deep learning – scrive il rapporto -, i modelli di apprendimento automatico più utilizzati per le malattie rare sono i Support Vector Machines (Svm) e le Artificial Neural Network (Ann), modelli di calcolo matematico-informatici basati sul funzionamento delle reti neurali biologiche umane che riproducono ragionamenti tipici degli esseri umani nelle differenti situazioni, migliorando sempre di più le diverse capacità di comportamento”.

Ottime prospettive arrivano anche dal transfer learning, una tecnica emergente, che consiste nell’adattare e applicare le conoscenze acquisite in una data patologia in un’altra patologia con caratteristiche simili, è una soluzione parziale a un importante limite alla diagnosi e cura dei malati rari e, nel caso specifico, all’utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale, vale a dire la scarsità dei dati disponibili dovuta anche al basso livello di interoperabilità, connettività e sicurezza degli attuali sistemi informativi.

Il machine learning è adottato anche in fase prognostica attraverso i sistemi di diagnostica computerizzata (Computed Assisted Diagnosis – CAD) in grado di stimare la probabilità di avere una specifica malattia genetica rara sulla base dei sintomi dei pazienti o delle loro caratteristiche facciali o ancora del sequenziamento del DNA.

In tema di malattie rare il machine learning viene adottato dai medici in fase diagnostica (40,8%) e prognostica (38,4%), e in modo minore nella ricerca di base (16,1%) e nella fase di trattamento (4,7%).

In quest’ultimo caso, questi sistemi offrono grandi opportunità di miglioramento della qualità di vita del paziente, ad esempio permettendo il controllo dell’aderenza terapeutica, la misurazione dello sforzo o il supporto psicologico da remoto.

Sempre nella fase di trattamento e follow up, non vanno dimenticati gli strumenti di telemedicina, che sono anche un importante collettore di dati.