I sistemi sanitari europei che hanno mostrato maggiore resilienza nel contrastare la pandemia del Covid-19 sono stati quelli capaci di fare leva su servizi e tecnologie di connected health, che permette di veicolare servizi sanitari anche da remoto per supportare rapidamente la riorganizzazione delle strutture e dei percorsi di cura dei pazienti. Lo sostiene una ricerca di Idc Italia realizzata in collaborazione con la filiale tricolore di Salesforce su un campione di 84 organizzazioni sanitarie tra Aziende Ospedaliere (AO), Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCSS), case di cura e centri diagnostici.

I vantaggi della connected health

L’indagine ha rilevato come la connected health sia in fase di sviluppo nel mercato privato con il 44% delle aziende in fase di progettazione, ma solo il 4% che ha avviato una strategia nel lungo periodo, di cui sta vedendo già i benefici dell’innovazione in forma stabile.

Bisognerebbe poi chiarire cosa si nasconde dietro quel 44%, progetti in fase avanzata o fasi iniziali di analisi. Questo però è il bicchiere mezzo pieno perché quello vuoto dice che per il 56% delle organizzazioni sanitarie italiane intervistate non esiste ancora una pianificazione strategica formale per l’innovazione digitale.

Per il 37%, invece, la strategia di digitalizzazione si limita a singoli processi, mentre il 7% considera la strategia digitale come parte integrante della strategia aziendale per innovare i modelli di cura per i pazienti. Esiste però un problema di valutazione dei progetti se è vero che il 63% delle aziende ospedaliere italiane non dispone ancora di indicatori specifici per valutare la validità dei progetti di connected health implementati.

Questo nonostante una visione univoca dei dati del paziente consentirebbe alle organizzazioni sanitarie di rivoluzionare non solo la raccolta della documentazione dei pazienti, ma soprattutto di ottenere una migliore analisi e comprensione dei fenomeni e di ottimizzazione dei processi clinici. Un approccio strategico ai dati permetterebbe infatti di personalizzare le cure e di integrare i servizi durante il percorso di gestione dei pazienti, ma anche di allocare le risorse adeguate per le terapie da effettuare.

Le realtà innovative che si sono portate avanti da questo punto di vista riescono a massimizzare il valore della connected health con l’80% che misura l’esperienza del paziente con parametri come i tempi di attesa e la presenza agli appuntamenti fissati e il 60% valuta anche la sua soddisfazione finale. Non solo, l’80% usa i sistemi di connected health per misurare esplicitamente la qualità delle cure grazie a indicatori specifici quali il tasso di mortalità, il tasso di riammissione ospedaliera e i tempi di ricovero.

Un monitoraggio esteso basato su una serie di parametri che dimostrano come per essere realmente significative, le tecnologie devono sfruttare le informazioni per creare un sistema in grado di coinvolgere il paziente durante tutto il suo percorso.

Per questo l’indagine sostiene che la connected health richiede un ripensamento delle piattaforme tecnologiche oggi in uso, in favore di sistemi predittivi in tempo reale, interoperabili con gli altri sistemi clinici e capaci di abilitare i processi di collaborazione tra personale clinico e pazienti. Un aiuto concreto a questa esigenza arriva dall’agilità e dalla sicurezza del cloud: il 90% delle organizzazioni infatti considera il cloud come una delle tecnologie che possono avere il maggiore impatto nella sanità connessa.

I benefici sono evidenti e vanno dalla possibilità di avere una visione puntuale e d’insieme del paziente (65%), alla creazione di ambienti di lavoro collaborativi, multidisciplinari e integrati (48%), alla possibilità di avere un supporto concreto per le decisioni mediche (46%). Il coté tecnologico dice che per garantire un impatto su larga scala queste soluzioni devono possedere una grande facilità di utilizzo (82%), la raccolta e l’elaborazione dei dati in tempo reale (46%), personalizzazione dell’interfaccia principale (32%) e l’accesso in modalità mobile (30%).

Il progetto @Home

Un valido esempio di utilizzo arriva dal progetto @Home realizzato dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) della Provincia Autonoma di Trento.
Il progetto nasce nel 2017 per migliorare i servizi relativi alle cure domiciliari distrettuali e fornire un valido strumento di assistenza territoriale utile in una zona caratterizzata da paesi sparsi per le montagne che in inverno possono anche essere difficili da raggiungere.

Basato su un’architettura cloud e mobile, @Home permette di pianificare, gestire e monitorare i percorsi di assistenza domiciliare, tenendo traccia di informazioni chiave quali: il livello di autonomia della persona nel gestire la propria malattia, la compliance alla terapia, il controllo della sintomatologia, il numero di ricoveri ospedalieri, di istituzionalizzazioni o di decesso dei pazienti seguiti dalle cure palliative.

La piattaforma, che nel 2020 è arrivata a gestire la presa in carico di più di 40 mila pazienti, durante la pandemia Covid è stata estesa alla gestione dei casi e dei contatti, permettendo, in circa due settimane, di gestire e monitorare più di centomila pazienti, apportando una significativa riduzione delle attività amministrative e time consuming in carico agli operatori sanitari.