Sono dei wearable un po’ particolari che possono avere molti utilizzi in ambito industriale e sanitario. Sono utili per i lavoratori dei magazzini, Esselunga li sta sperimentando, ma trovano applicazione anche nell’Healthcare grazie alla loro capacità di aumentare la potenza e la resistenza dei fragili esseri umani attraverso mezzi meccanici.

Nel 2014, un paraplegico vestito con un esoscheletro robotico diede il simbolico calcio d’inizio della Coppa del Mondo in Brasile, mentre nel 2019 ci fu la notizia dell’uomo che poteva muovere i quattro arti paralizzati grazie a un esoscheletro controllato dalla mente. Da allora molti passi avanti sono stati fatti e il mercato guadagna terreno con modelli destinati anche alla sanità dove forniscono un diverso tipo di assistenza. In questo caso infatti avvolgono gli arti dell’utente per sostenerli fisicamente. Questo offre un’enorme assistenza a coloro che hanno arti disabili, e la riabilitazione è dove gli esoscheletri hanno inizialmente fatto molti progressi nella sanità.

Tecnologia per la salute

La californiana Ekso Bionics si è specializzata in questo settore sviluppando tute bioniche per fornire energia alla parte superiore e inferiore del corpo di pazienti con lesioni del midollo spinale, ictus e lesioni cerebrali acquisite.

Abbiamo avuto più di tremila individui nel nostro database in meno di due anni“, racconta Russ Angold, Chief Technology Officer. “Il dispositivo sta aiutando un sacco di persone che altrimenti non potrebbero lavorare, o la loro terapia richiederebbe molto tempo. Il nostro lavoro è dare loro la tecnologia che permette loro di rimanere in salute e vivere una vita piena“.

Sulla stessa linea è ReWalk Robotics. Amit Goffer, lui stesso tetraplegico, ha fondato l’azienda perché voleva aiutare gli individui con paralisi agli arti inferiori a camminare di nuovo. Il suo sistema ReWalk Personal ha ricevuto l’autorizzazione della Fda nel 2014 per l’uso in casa o in comunità.

Alre aziende popolano il settore che, secondo la directory 2021 di Exoskeleton Report, comprende 118 società in tutto il mondo che lavorano su 172 esoscheletri che sono in vendita o saranno presto commercializzati. Secondo gli analisti di Grand View Research nel mondo il dovrebbe arrivare a 1,3 miliardi di dollari, con 26.114 prodotti distribuiti entro il 2030. Markets and Markets invece è più generosa e parla di 500 milioni di dollari nel 2021 e 3,3 miliardi nel 2026. La sanità in questo sviluppo dovrebbe avere una quota rilevante del fatturato.

Anche il settore industriale si sta però accorgendo di questi strumenti. Al di là della riabilitazione, sembra che si stia formando una tendenza a dotare i lavoratori di esoscheletri. Un’esperienza pilota su piccola scala di circa quaranta lavoratori assistiti da esoscheletri ha trovato risultati promettenti con una riduzione del 73% del disagio nella parte bassa della schiena e una diminuzione dello sforzo lavorativo del 30%. Inoltre, l’80% ha ritenuto che questi add-on meccanici potessero prevenire lesioni alla parte bassa della schiena. Con circa 100 miliardi di dollari di spese mediche attribuite alle lesioni dei lavoratori negli Stati Uniti, ha senso per i datori di lavoro esplorare nuovi metodi per assistere i lavoratori e limitare i rischi sanitari.

I nuovi DPI

Anche gli ospedali vi fanno ricorso. “Con il mal di schiena che è la causa di un congedo medico su quattro in Giappone, alcuni dei più grandi ospedali e produttori ora usano le nostre tute Archelis come una forma di DPI, o dispositivi di protezione personale“, ha detto Hideyuki Fujisawa, CEO della startup giapponese Archelis.

I chirurghi che hanno adottato l’Archelis lo hanno trovato comodo e facile da usare. “Mi sono sentito estremamente libero. È molto stabile“, ha spiegato Itaru Endo, un chirurgo gastroenterologico, che ha condiviso la sua esperienza. “Le nostre operazioni chirurgiche a volte durano 8-12 ore… La fatica di stare in piedi per 12 ore e seduti per 12 ore è totalmente diversa“.

Il costo rimane però ancora un freno importante allo sviluppo del mercato. L’esoscheletro clinico di Wandercraft costa infatti circa 150.000 euro. Poi c’è il peso del dispositivo. Il Cray X di German Bionic si presenta sotto forma di uno zaino di 7 kg che potrebbe non essere comodo da indossare tutto il giorno. In più bisogna ricaricarli: il Cray X impiega circa 30-40 minuti per la ricarica veloce; il che significa che il posto di lavoro avrà bisogno di batterie aggiuntive o esoscheletri come sostituti quando le batterie devono essere ricaricate. Sfide già prese in considerazione da alcune aziende visto che Tuttavia, alcune di queste sfide sono già state prese in considerazione visto che le tute Archelis non si basano sull’elettricità, non hanno bisogno di ricarica e sono quindi più leggere. Anche l’Innophys di Tokio ha distribuito esoscheletri non alimentati.

Dal punto di vista sanitario sono molto utilizzati per la riabilitazione Spinal Cord Injury (SCI), la lesione del midollo spinale. L’esoscheletro Rewalk, per esempio, è un dispositivo robotico motorizzato, indossabile, che permette a persone con lesioni midollari di esercitare la stazione eretta, la deambulazione, percorrere scale in salita e in discesa e affrontare rampe. Configurato sulle esigenze del paziente che viene sostenuto e può camminare grazie a motori distribuiti nelle articolazioni, anche e ginocchia. I motori sono guidati da un software e la persona per camminare deve spostare il baricentro inclinando in avanti il tronco. Il costo è di circa 55mila euro.

L’esperienza del San Raffaele

In Italia l’utilizzo di questi strumenti si sta diffondendo. Alex è il nuovo robot arrivato al San Raffaele per ampliare la dotazione robotica della palestra tecnologica dell’ospedale romano. Si tratta di un esoscheletro bilaterale per l’arto superiore, un dispositivo che avvolge entrambe le braccia del paziente colpito da ictus, guidandolo in movimenti che riproducono, grazie a un sistema di realtà virtuale, situazioni della vita quotidiana.

Siamo uno dei pochi centri italiani altamente specializzati in neuroriabilitazione ad avvalerci di Alex Rs Wearable Robotics – spiega Marco Franceschini, coordinatore delle attività di ricerca clinica in riabilitazione neuromotoria dell’Istituto di Ricerca San Raffaele – Il robot è composto da due esoscheletri a bracci simmetrici indipendenti, uno per il braccio sinistro e il secondo per il braccio destro. Fornisce un’elevata intensità e frequenza del trattamento riabilitativo, con la possibilità di monitoraggio continuo delle prestazioni anche attraverso dei biomarcatori del movimento che consentono di personalizzare il trattamento in base alle esigenze di ogni singolo paziente”.

Dunque un ausilio verso il pieno recupero della capacità motoria del braccio e grazie al quale i terapisti possono avvalersi di un approccio personalizzato sul singolo paziente con progressi monitorabili e un sistema di realtà virtuale completamente sensorizzato. Ciò permette al robot di avvertire anche la minima pressione del paziente, aiutandolo così in movimenti ripetuti anche quando le capacità motorie delle braccia sono nettamente ridotte.

Inoltre permette la registrazione di movimenti e la loro ripetizione attiva, la possibilità di gesti motori “a specchio” per utilizzare la funzionalità dell’arto sano sull’arto plegico e una piattaforma di exergames per rendere le sessioni di terapia più avvincenti e coinvolgenti. Il Campolongo Hospital di Marina di Eboli (Sa) possiede il Lokomat, un esoscheletro per la neuroriabilitazione motorizzata, e l’Armeo Power, il primo esoscheletro di braccio robotico al mondo per la terapia integrata del braccio e della mano.

A Lecco invece è partito nel 2017 il progetto Empatia@ che conferma il distretto come l’avanguardia per la riabilitazione nel panorama italiano. Il Progetto è il terzo capitolo del progetto più ampio del distretto che mette al centro la riabilitazione neuromuscolare e prevede azioni di innovazione tecnologica finalizzate all’empowerment del paziente, con sviluppo di prototipi di dispositivi e metodi di valutazione innovativi.

L’iniziativa che coinvolge l’associazione territoriale Univerlecco come capofila, il polo di Lecco del Politecnico di Milano, il polo Cnr a Lecco, l’Ircc “Eugenio Medea”, l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Inrca, Ospedale Valduce (Centro di Riabilitazione “Villa Beretta” di Costa Masnaga) e l’Ats Brianza e l’Asst Lecco, attraverso gruppi multidisciplinari ha l’obiettivo di produrre soluzioni tecnologiche per la riabilitazione.

Fra queste un esoscheletro per l’arto superiore. In collaborazione con l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare di Lecco è stato messo a punto un prototipo che consente alle persone di muovere il braccio per svolgere movimenti indispensabili per l’autonomia nella vita quotidiana. La soluzione potrebbe essere utile per la riabilitazione anche ai pazienti colpiti da ictus o da una tetraplegia. Adesso bisogna lavorare sul prezzo del prodotto che deve essere abbassato.