Telepathy è il chip impiantato pochi giorni fa nel cervello di un essere umano da Neuralink, l’azienda fondata e finanziata da Elon Musk. Non si tratta di una prima volta in assoluto perché il primo esempio di questo tipo è un dispositivo, Utah array, impiantato nel 2004, ma è sicuramente un passo importante.

Obiettivo della società è lo sviluppo di interfacce neurali impiantabili che facciano comunicare il cervello con il computer e aiutino a curare gravi disabilità. L’impianto del chip è il primo passo di una sperimentazione arrivata dopo il via libera della Fda, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di farmaci e dispositivi medici, che in passato l’ha rifiutata per la morte di alcuni animali.

Il compito di Telepathy è di cogliere dal cervello i segnali legati all’intenzione di fare un movimento e di tradurli in modo che un robot all’esterno possa compiere l’azione al posto della persona paralizzata o paraplegica.

L’annuncio dell’impianto è arrivato a soli due giorni dall’intervento, sempre su X. Il paziente si sta “riprendendo bene. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi di neuroni“, si legge nel post in cui Musk si riferisce all’efficienza del chip nel rilevare i segnali delle cellule nervose.

Il chip, che ha le dimensioni di un bottone, ospita 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili che amplificano i segnali dei neuroni, li raccoglie e trasmette all’esterno in modalità wireless.

Telepathy, l’impianto è associato a un robot e una app

La brochure di Neuralink spiega che è previsto un N1 Implant (un impianto Bci, Brain-computer interface), il robot R1 (un robot chirurgico) e  l’App Utente N1 (software Bci) per consentire alle persone con paralisi di controllare dispositivi esterni. “Durante lo studio, il robot R1 sarà utilizzato per impiantare chirurgicamente l’impianto N1 in una regione del cervello che controlla l’intenzione di movimento. Ai partecipanti verrà chiesto di utilizzare l’impianto N1 e l’applicazione N1 User App per controllare un computer e fornire un feedback sul sistema”.

Per impiantare il chip è necessaria un’operazione di circa due ore con il robot che usa sensori, cinque videocamere e un ago più sottile di un capello. Ai pazienti viene rimosso un pezzo di cranio con un diametro di circa 2,2 centimetri. Come ha scritto Neuralink su X “In meno di un minuto, la nostra fresa laser a femtosecondi personalizzata taglia questa geometria sulla punta dei nostri aghi. La punta è larga solo da 10 a 12 micron, solo leggermente più grande del diametro di un globulo rosso. Le dimensioni ridotte consentono l’inserimento dei fili con un danno minimo alla corteccia”.

A questo punto i segnali vengono trasmessi a un robot esterno che fornisce assistenza. L’impianto è protetto ermeticamente da una capsula biocompatibile in grado di resistere “a condizioni fisiologiche molto più dure di quelle di un corpo umano”. All’interno c’è una capsula con una batteria che si ricarica dall’esterno in modalità wireless.

Il reclutamento dei candidati

Neuralink lo scorso settembre ha avviato il reclutamento dei candidati, che devono avere una funzionalità limitata in tutti e quattro gli arti a causa di una lesione del midollo spinale, di un’amiotrofia o della sclerosi laterale (Sla) e che si trovino almeno un anno dopo la lesione senza miglioramenti.

Devono avere almeno 22 anni, un caregiver continuo e affidabile, e sottoporsi a uno studio che durerà circa sei anni durante il quale saranno sottoposti a controlli regolari con una combinazione di nove visite a domicilio e di persona in clinica nell’arco di circa 18 mesi.

Inoltre viene richiesta la disponibilità di partecipare a sessioni di ricerca Bci per tutta la durata dello studio con un impegno minimo di due sessioni alla settimana, per un’ora per sessione. Neuralink ha ricevuto migliaia di candidature.

La società di Elon Musk ha l’obiettivo di impiantare chip in 11 esseri umani entro il 2024 con 22mila persone che riceveranno l’interfaccia entro il 2030. Ogni impianto costerà all’azienda circa 10mila dollari, mentre i pazienti pagheranno circa 40mila dollari. Secondo Neuralink si potranno ottenere ricavi per cento milioni di dollari entro i prossimi cinque anni.

Questo è tutto ciò che si sa della tecnologia, rispetto alla quale Musk mantiene uno stretto riserbo, rilasciando solo ogni tanto qualche informazione. Anche questa operazione, come le precedenti sperimentazioni, infatti non è mai stata descritta in articoli su riviste scientifiche. Una procedura inconsueta che impedisce agli esperti un commento appropriato sulla vicenda.

La “Neuralink italiana” è la startup Corticale

Secondo Paolo Maria Rossini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione del San Raffaele di Roma, è ancora troppo presto per dare un giudizio. Il trascorrere del tempo, ha spiegato a Repubblica, sarà infatti determinante per capire l’efficacia del progetto. “Parliamo di pazienti completamente paralizzati per i quali un device di questo tipo può in effetti rappresentare un ponte verso il mondo circostante per accendere/spegnere un apparecchio, per comunicare, per spostarsi con una sedia a rotelle e così via – ha spiegato – Si dovrà verificare quante volte il comando inviato dal paziente viene interpretato in modo corretto dall’apparecchio e viene quindi eseguito con efficacia e quanti errori e di quale portata, anche in termini di rischio, esso compie“.

Ma importante è anche verificare la durata della bontà del contatto nel tempo, perché attorno alla punta degli elettrodi si crea una reazione fibrosa che ne diminuisce l’efficacia, e anche valutare il rischio di interferenze con le onde elettromagnetiche emesse da comuni apparecchiature che riempiono oggi l’ambiente di una casa normale, e “verificare se la presenza di microelettrodi inseriti in corteccia induca un’irritazione dei neuroni penetrati dagli elettrodi con relativo aumento del rischio di epilessia“.

Luca Berdondini, dell’Istituto Italiano di Tecnologia, sottolinea invece come “In Italia siamo più avanti ma il tycoon ha tanti soldi e norme che lo aiutano”. La società italiana possibile competitor di Neuralink si chiama Corticale ed è una startup dell’Iit. Secondo lo scienziato, il problema dello sviluppo della startup più che normativo è di risorse, anche se negli USA c’è una maggiore libertà di sperimentazione sugli esseri umani.

È quello che ha fatto Musk e che gli permetterà di imparare tantissimo. In Europa, invece, dipenderebbe dal parere dei comitati etici”. Corticale potrebbe migrare negli Usa anche se deve risolvere il problema delle risorse nonostante la tecnologia sia più avanti di quella di Neuralink.Musk per impiantare mille elettrodi ha bisogno di 64 dispositivi, il che significa 64 piccoli danni al cervello. Noi con un singolo impianto mettiamo 1024 elettrodi”.

Il chip italiano che risolve la sordità

Nel frattempo anche l’Italia può sfoggiare il suo chip impiantato su un essere umano anche se con un’operazione di natura completamente differente. A un uomo di 55 anni è stata infatti impiantata una nuova tipologia di protesi che gli ha permesso “un ottimo guadagno uditivo bilaterale”. Il paziente presentava una grave ipoacusia, non più risolvibile con interventi chirurgici ricostruttivi dell’orecchio medio o con l’uso di protesi tradizionali.

L’uomo, operato all’ospedale di Treviso, seguito da anni dalla Chirurgia funzionale dell’orecchio diretta dal dottor Daniele Frezza, a causa dell’ipoacusia era in grandi difficoltà nelle relazioni sociali e nel lavoro. Una volta effettuato l’intervento, con successivo decorso regolare, il nuovo tipo di protesi applicata ha confermato il significativo aumento nella capacità di capire il parlato in quiete e negli ambienti rumorosi, e quindi un deciso miglioramento della qualità di vita del paziente.

Frezza ha utilizzato l’impianto, dopo aver frequentato un corso specifico a Goteborg, in Svezia, assieme ad altri tre colleghi italiani e una selezione di altri cinquanta otochirurghi a livello mondiale: “L’impianto in questione viene collocato sotto la cute, con un intervento in anestesia generale di circa quaranta minuti. Il sistema utilizzato è il primo impianto attivo osteointegrato stabile del mondo progettato per il trattamento delle sordità di tipo trasmissivo e misto”, spiega.

Si posiziona posteriormente al padiglione auricolare ed è costituito da un processore esterno, delle dimensioni di una moneta da due euro, del colore dei capelli del paziente, che elabora i suoni ambientali e li trasmette attraverso un collegamento digitale a una parte interna sottocutanea che genera la stimolazione uditiva come vibrazione meccanica. Il componente impiantato, integrato nell’osso tramite una piccola vite in titanio, contiene la parte attiva del sistema e utilizza la tecnologia piezoelettrica per generare le vibrazioni che bypassano le aree bloccate del sistema dell’udito naturale, inviando i suoni direttamente alla coclea del lato impiantato, ma anche attraverso le ossa craniche all’orecchio controlaterale, ottenendo quindi un risultato di miglioramento uditivo bilaterale. Il processore esterno, attraverso la connettività smart-wireless, può essere controllato con una app da telefoni compatibili e interagire con telefonino, televisore, stereo, e altre funzioni.