La pelle artificiale è un ambito di sviluppo importante che coinvolge molti centri di ricerca nel mondo. E le riviste scientifiche pubblicano studi che ne certificano i progressi.

Come quello riportato da Natural Machine Intelligence e coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, le Università Sapienza di Roma, Campus Bio-Medico di Roma e l’Università Ca’ Foscari Venezia, con il Centro di Competenza Artes 4.0.

Si tratta di robot collaborativi che vestono una pelle artificiale, dotata di sensori tattili capaci di localizzare e rilevare l’intensità della forza di contatto. In futuro potrebbero anche lavorare negli ospedali con il chirurgo che a distanza opera tramite loro e la sensibilità del loro tocco.

Per la prima volta abbiamo dimostrato la capacità di sensorizzare un’area estesa e dalla geometria complessa che copre tutto l’arto robotico, grazie a sensori che offrono una raffinata risoluzione nella localizzazione del punto di contatto e nella misura dell’intensità della forza con cui il robot interagisce con l’ambiente“, spiega Calogero Oddo, Professore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore scientifico dello studio.

Questa capacità è la stessa che permette alla nostra pelle di riconoscere e seguire una formica che ci cammina sul braccio: un’abilità che aiuterà i robot a interagire in maniera sempre più sicura con gli umani, gli oggetti e l’ambiente circostante, nell’industria 4.0 così come negli ospedali e nelle nostre case“.

Per raggiungere questo obiettivo, “abbiamo usato l’integrazione tra intelligenza fisica e intelligenza artificiale“, sottolinea Edoardo Sinibaldi dell’Iit. Il posizionamento dei sensori all’interno della pelle artificiale si basa infatti sull’intelligenza fisica: affinché si parlino tra loro’ tramite la pelle, devono essere posizionati a una certa distanza e profondità, mentre l’interpretazione del segnale prodotto impiega l’intelligenza artificiale.

Gli altri studi

In Austria, invece, hanno ottenuto un materiale sottile in grado di reagire a forza, umidità e temperatura. Il lavoro arriva dai ricercatori dell’Institute of Solid State Physics della Tu Graz che hanno realizzato un materiale ibrido con più di duemila sensori per ogni millimetro quadrato. In questo modo viene ottenuta una sensibilità superiore a quella di un dito umano.

Altra notizia arriva dalla California dove l’Institute of Technology ha messo a punto un sistema che rileva pressione, temperatura, sostanze chimiche e agenti patogeni (tra cui Sars-Cov-2), utilizzando sensori elettronici della pelle.

Il dispositivo M-Bot, è stato installato anche su una piccola imbarcazione in acqua di mare per rilevare sostanze chimiche corrosive, mettendo in luce il suo potenziale per monitorare le fuoriuscite di sostanze chimiche nell’oceano.

Si tratta di un sistema modulare composto da una morbida E-Skin stampata a getto d’inchiostro con patch sensori incorporate nella sua superficie. Per testare le capacità di rilevamento di M-Bot, il team ha eseguito il dispositivo attraverso diversi scenari in cui ha identificato correttamente il TNT, un agente nervino pesticida organofosfato e una proteina Sars-Cov-2.