Il Green Pass è ufficialmente entrato in vigore giovedì 1° luglio 2021 e dal 15 ottobre è diventato obbligatorio anche per accedere ai luoghi di lavoro.

Visto che il tema provoca disagio e proteste l’OMS ha deciso di pubblicare, forse con un po’ di ritardo, una guida all’implementazione per i certificati digitali. Il documento, incentrato sul concetto di “Digital Documentation of Covid-19 Certificates (Ddcc)” definisce il green pass “come un meccanismo attraverso il quale i dati sanitari relativi a Covid-19 di una persona possono essere documentati digitalmente attraverso un certificato elettronico”.

Costruire la fiducia

La guida al documento prevede due casi d’uso principali, la prima che può intendere il Green Pass come “parte della cartella clinica di un individuo a partire dalla nascita” oppure come “prova di vaccinazione”.

Secondo l’OMS, prima dell’introduzione del sistema e della infrastruttura associata sarebbe il caso di valutare i potenziali benefici, rischi e costi di implementazione con etica e parità di trattamento come massime priorità. Costruire un ambiente di fiducia intorno al documento è essenziale per combattere l’esclusione digitale, che può risultare come conseguenza di un’infrastruttura troppo onerosa per i certificati Covid.

Per questo l’Organizzazione elenca alcuni valori come la trasparenza secondo la quale “informazioni dovrebbero essere disponibili “fin dall’inizio”. Altro passaggio fondamentale è l’inclusività del processo decisionale: “tutte le parti interessate” dovrebbero essere in grado di partecipare alla sua progettazione – a partire da coloro che sono più colpiti dall’introduzione del documento. Deve poi essere stabilita anche la responsabilità riguardo la sua applicazione e la reattività “fornire meccanismi e opportunità per rivedere e rivedere le decisioni e le politiche sulla base dell’evoluzione delle prove scientifiche e di altri dati rilevanti”.

L’uso del green pass

Il documento propone una serie di considerazioni riguardo agli usi domestici (per entrare in ristoranti, bar, musei, negozi, palestre, grandi eventi pubblici). La prima cosa da considerare è che “lo stato di vaccinazione individuale è un’informazione privata e le protezioni devono essere in atto per garantire che nessun individuo sia costretto a rivelare o mostrare pubblicamente un DDCC per accedere a qualsiasi area o attività pubblica”.

“Tale pratica – prosegue la pubblicazione dell’Oms – e/o la mancanza stessa di una Ddcc può portare alla stigmatizzazione degli individui senza il documento e può esacerbare il rischio di danni”. Ci sono poi rischi sanitari. L’Oms sostiene che “l’uso di un Ddcc come pass sanitario basato unicamente sullo stato di vaccinazione individuale può aumentare il rischio di diffusione della malattia”.

Il pass sanitario rischia anche di promuovere “potenziali risposte comportamentali” che possono “minare la salute individuale e pubblica”. Ho il green pass e sono al sicuro così allento la tensione verso comportamenti a rischio. Il campo di applicazione della tessera sanitaria dovrebbe poi essere chiaramente definito e il suo utilizzo dovrebbe essere il più equo e inclusivo possibile così come il suo uso dovrebbe essere costantemente monitorato per l’impatto e adattato alle dinamiche della pandemia.