Curare la fibrillazione atriale, l’aritmia cardiaca più comune che colpisce l’1-2% della popolazione circa 800mila italiani, in modo innovativo con una forma di radiochirurgia non invasiva.

La nuova terapia è stata ideata e utilizzata in un protocollo di studio presso l’Ospedale F. Miulli di Acquaviva delle Fonti (Ba). I dati dei primi cinque pazienti al mondo sono stati pubblicati dalla rivista internazionale Frontiers in Cardiovascular Medicine suscitando grande interesse al recente congresso di radiochirurgia a Los Angeles.

Le linee guida europee

Lo studio è denominato STAR (Linac-Based STereotactic Arrhythmia Radioablation for Atrial Fibrillation) e prevede l’utilizzo dell’acceleratore lineare TrueBeam per eseguire il trattamento di radioablazione nei pazienti anziani affetti da Fibrillazione Atriale.

Condotto grazie alla stretta collaborazione tra la UOC di Cardiologia (Massimo Grimaldi e Antonio Di Monaco) e la UOC di Radioterapia (Alba Fiorentino, Fabiana Gregucci e Ilaria Bonaparte).

In questo studio sono arruolati pazienti con età superiore a 70 anni affetti da fibrillazione atriale parossistica sintomatica, per i quali il consueto trattamento antiaritmico era inefficace o non praticabile per coesistente bradicardia o per preesistenti difetti della conduzione dell’impulso cardiaco.

La fibrillazione atriale è una condizione clinica pericolosa per la vita, perché si associa a un aumentato rischio di ictus cerebrale e insufficienza cardiaca. La patogenesi della fibrillazione atriale è complessa, ma diversi studi hanno riportato che i focolai nell’area delle vene polmonari svolgono un ruolo critico sia nell’inizio che nel mantenimento di questa aritmia.

Le attuali linee guida europee raccomandano, nei pazienti sintomatici e refrattari alla terapia antiaritmica, l’ablazione transcatetere dei focolai, che determinano l’insorgenza della fibrillazione atriale.

Tuttavia, nei pazienti in età avanzata la procedura è poco utilizzata per il rischio di complicanze (compreso il rischio di mortalità durante la procedura) e pertanto si opta per terapie farmacologiche antiaritmiche spesso non efficaci o gravate da effetti collaterali.

Da sinistra: Di Monaco, Fiorentino, Dattoli, Grimaldi, Gregucci

Da sinistra: Di Monaco, Fiorentino, Dattoli, Grimaldi, Gregucci

Talvolta, pazienti non più giovani alternano periodi di ritmo particolarmente lento (bradicardia) a periodi di fibrillazione atriale in cui il ritmo è rapido e irregolare. In quest’ultimo caso si è spesso obbligati ad impiantare un pacemaker per poter ottimizzare la terapia del paziente.

Negli ultimi anni, diversi dati in letteratura medica hanno mostrato come l’ablazione eseguita mediante radiazioni possa essere un’alternativa meno pericolosa e più efficace per i pazienti affetti da aritmie cardiache ventricolari. Proprio il Miulli, nel settembre 2019, è stato il primo centro in Italia ad eseguire una radioablazione di aritmie ventricolari. Ad oggi nessun dato clinico è stato pubblicato per quanto riguarda la fibrillazione atriale.

La tecnica utilizzata

La procedura utilizzata nello studio STAR è una forma avanzata di radiochirurgia non-invasiva in singola seduta di trattamento, che permette di colpire il bersaglio con estrema precisione, risparmiando gli organi sani circostanti.

Nel protocollo il bersaglio del trattamento è costituito dall’ostio dalle vene polmonari, le stesse aree su cui viene effettuata l’ablazione transcatetere con metodica invasiva. Il bersaglio viene identificato utilizzando una cardio-Tc, una tomografia computerizzata di simulazione sia a respiro libero che con metodica 4D per analizzare il movimento cardio-respiratorio ed avere una precisione assoluta durante l’erogazione delle radiazioni.

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Il piano di trattamento viene accuratamente strutturato da personale esperto sulla base di una semplice Tac torace effettuata dal paziente qualche giorno prima della procedura. Quando il piano è pronto, il paziente giunge in ospedale in un setting ambulatoriale ed effettua la radioablazione in soli tre minuti senza alcun dolore e senza necessità neanche di un accesso venoso periferico.

Attualmente sono stati arruolati 15 pazienti e dieci sono già stati trattati con Star. Tutti i pazienti soffrivano di frequenti episodi documentati di fibrillazione atriale, spesso più episodi alla settimana.

Nei mesi successivi al trattamento i pazienti hanno tutti effettuato controlli ecocardiografici e monitoraggi Ecg-Holter della durata di una settimana, non manifestando nuovi episodi di fibrillazione atriale ad eccezione di un singolo caso.

In questo paziente è stato effettuato il mappaggio elettroanatomico che ha documentato l’efficacia della precedente radioablazione. Le vene, infatti, sono risultate elettricamente silenti e l’aritmia aveva un’origine da altra sede. Si ricorda che anche dopo l’ablazione transcatetere il 30% circa dei pazienti può riportare recidive aritmiche.