L’innovazione in oncologia può avere diversi aspetti. Il primo è sicuramente quello proiettato verso trattamenti di precisione, ritagliati su misura per ogni singolo paziente. Portare l’innovazione al letto del paziente è infatti la parola d’ordine del nuovo corso dell’oncologia. Una rivoluzione copernicana, caratterizzata da innovative metodiche di sequenziamento genico esteso e nuovi farmaci attivi su diversi bersagli molecolari, che necessita però di una profonda riorganizzazione clinica e gestionale del lavoro nelle corsie ospedaliere.

La sfida è garantire l’implementazione dei nuovi strumenti di valutazione professionale – tra i quali figura il Molecular Tumor Board (MTB), comitato interdisciplinare che comprende oncologi, patologi, biologi molecolari, farmacisti e genetisti per assicurare accesso e appropriatezza delle cure per tutti i pazienti delle strutture di oncologia medica. A indicare la strada verso l’oncologia di precisione è il progetto Oncologia di Precisione dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASUFC) in collaborazione con la SDA Bocconi e con il Collegio dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO).

Accesso alla diagnostica molecolare

Il progetto ha coinvolto oltre 150 strutture di oncologia afferenti a CIPOMO con la collaborazione di diversi panel professionali che hanno permesso di realizzare proposte operative che saranno sottoposte alla valutazione delle società scientifiche e delle Associazioni dei pazienti per essere presentate alla Conferenza delle Regioni. Una dei risultati del progetto è un Manifesto “Proposta di statement nazionali per l’oncologia di precisione” articolato in 14 punti dove si stabilisce che “l’accesso alla diagnostica molecolare con tecniche di sequenziamento multi-genico deve essere disponibile per tutti i pazienti afferenti alle strutture di Oncologia medica, indipendentemente dalla sede geografica e dal ruolo nelle reti della struttura di afferenza”. Inoltre “I laboratori che hanno il mandato di assicurare la diagnostica molecolare di primo livello (pazienti alla diagnosi e indicazioni secondo Linee guida) sono identificati dalle Regioni, devono disporre di tecnologie di sequenziamento multi-genico (NGS) e rispettare standard di expertise legati a bacini di utenza e garantiti dalla partecipazione ai controlli di qualità nazionali e internazionali”. Oltre ad alcune indicazioni tecniche il Manifesto afferma che “Il Molecular Tumor Board (MTB) è uno strumento di consultazione e affinamento del percorso diagnostico e terapeutico che deve essere accessibile per tutti i casi per i quali vi sia una indicazione, indipendentemente dalla sede geografica e dal ruolo nelle Reti della Struttura di afferenza, garantendo tempi adeguati di risposta”.

Inoltre la composizione dei MTB deve essere funzionale alla attività da svolgere e ragionevolmente agile con la previsione di figure stabili (oncologo medico, biologo molecolare, patologo, genetista, farmacista, case manager) e figure afferenti a domanda, in funzione delle competenze occorrenti. Dal punto di vista tecnologico è necessario assicurare una corretta raccolta, conservazione e gestione dei dati prodotti dai sequenziamenti e delle valutazioni effettuate dai MTB, favorendo l’interoperabilità dei sistemi informativi e la possibilità di fruizione dei dati real world per i trattamenti e la ricerca. Ed è il caso di istituire un coordinamento nazionale per le attività dell’oncologia di precisione, che osservi e analizzi il funzionamento delle diverse configurazioni adottate e supporti le Istituzioni di governo nelle scelte e nella produzione di linee di indirizzo.

Mancano i modelli

Attualmente in Italia non esiste un modello strutturale di riferimento di MTB in ambito oncologico e non esistono modelli organizzativi che abbiano validato l’efficacia e la sostenibilità dell’implementazione dell’oncologia di precisione nella pratica clinica. A livello locale sono state adottate alcune delibere regionali, che hanno prodotto differenti modelli organizzativi, e che non affrontano il tema delle modalità di integrazione dell’attività dei MTB nei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali) esistenti.

Un esempio arriva dalla survey pubblicata sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research che dà conto dei risultati di un lavoro coordinato dall’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, sulla rete di 16 MTB attivi negli IRCCS Istituti di Alleanza Contro il Cancro (ACC). Le conclusioni dicono che l’iniziativa sta dando forma a una rete virtuale di MTB hub-and-spoke che ricorda i modelli di organizzazione sanitaria non ridondanti ed economicamente vantaggiosi. Purtroppo, la consapevolezza del pubblico sulle opportunità di MTB rimane attualmente insufficiente. Solo un centro ha un sito web. Gli indirizzi e-mail dedicati sono ad uso esclusivo del personale. Il collegamento in rete delle MTB, spiega lo studio, è fondamentale non solo per la diagnosi molecolare e l’assegnazione della terapia, ma anche per la governance sanitaria. Sempre il Regina Elena, nell’ambito di un approccio personalizzato che mette al centro il paziente, ha deciso di percorrere anche per l’oncologia la strada della telemedicina che possono migliorare l’assistenza incentrata sulla persona e favorire l’empowerment dell’assistito.

eCAN JA è il nome di una iniziativa appena avviata che coinvolge 15 Paesi europei e ha l’obiettivo di implementare la telemedicina nella prevenzione e cure del cancro, e definire gli standard e le linee guida a livello europeo. Il Regina Elena è stato identificato dal Ministero della salute come referente italiano di due studi clinici sulla tele-riabilitazione di pazienti con tumore della mammella e tumori testa – collo e sul supporto tele-psicologico in pazienti con neoplasia recidivante. Nel progetto è coinvolto anche in uno studio che si occupa di cybersecurity e aspetti etici legati allo scambio di dati tra clinici e ricercatori.

Con questo studio saranno coinvolti pazienti con tumore della mammella e testa-collo, trattati a distanza per otto settimane, al fine di trattare i deficit postchirurgici. Si tratta di malati con bisogno riabilitativo molto forte, che durante le tele-visite saranno educati al self-care per ottenere il migliore recupero fisico possibile dopo l’operazione. Il secondo valuterà i benefici di un programma di tele-consultazione psicologica di otto settimane per i pazienti affetti da cancro avanzato. Oltre al vantaggio classico dell’utilizzo della telemedicina che evita gli spostamenti al paziente, si aggiunge un altro aspetto che consiste nella possibilità di misurare esiti ed esperienze riferite dai pazienti attraverso sistemi di tele-monitoraggio. Proprio per l’utilizzo di questi strumenti diventa indispensabile anche la parte di studio sulla sicurezza informatica.

La chirurgia radioguidata

Altre novità dal punto di vista tecnologico possono aiutare il passaggio anche verso la chirurgia di precisione che potrebbe diventare uno strumento aggiuntivo a supporto del chirurgo oncologico durante la rimozione dei tumori. La Sapienza Università di Roma e l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) hanno avviato una sperimentazione in-vivo su pazienti per validare una tecnica di chirurgia radioguidata con farmaci che emettono radiazione beta. La chirurgia radioguidata è una tecnica che permette di identificare in tempo reale i residui tumorali. La tecnica consiste nel rivelare, grazie a una sonda, la radiazione emessa da una sostanza radioattiva, un radiofarmaco contenente una specifica molecola che viene riconosciuta e metabolizzata dai recettori delle cellule tumorali. In questo modo è possibile verificare direttamente durante l’operazione se i tessuti analizzati siano tumorali o meno, e quindi guidare il chirurgo sulle sedi da rimuovere. “Mentre la radiazione beta-, alla luce delle sue caratteristiche, risulta poco adatta alle indagini diagnostiche – spiega Francesco Collamati, ricercatore della sezione INFN di Roma, attuale Principal Investigator dello studio –, i fotoni della radiazione beta+ sono in grado di attraversare senza ostacoli i tessuti del paziente, per essere infine rivelati da apparati diagnostici esterni. Da qui il diffuso utilizzo negli ospedali di farmaci beta+, che potranno quindi essere in parte utilizzati anche per la nostra tecnica”.

Quanto sia importante insistere con l’oncologia di precisione lo sottolineano anche i dati. Il panorama di cura delle neoplasie e della sopravvivenza negli ultimi 15 infatti anni è cambiato. Il numero delle persone che convivono con una neoplasia, o che guariscono dopo una diagnosi, è raddoppiata. I dati dell’Associazione di Oncologia Medica indicano che la prevalenza, cioè il numero di persone con una diagnosi oncologica è passata in dieci anni da 1,9 milioni a 3,6 milioni grazie all’evoluzione delle terapie. “È un cambiamento sostanziale – spiega Gianpiero Fasola, direttore del dipartimento oncologico dell’Azienda Friuli centrale -. E le due armi principali sono legate da un lato all’immunoterapia e dall’altro all’oncologia di precisione. Due opzioni che si sono affiancate e che stanno guadagnando sempre più spazio, affiancate alla tradizionale chemioterapia; e possiamo pensare che nei prossimi anni lo spazio dedicato a questo tipo di trattamenti diventi ancora maggiore. Alcuni pazienti già oggi vengono curati soltanto ricorrendo a queste opzioni”.