Google Health sta sfruttando il potenziale dell’intelligenza artificiale per aiutare nella diagnosi del cancro, prevedere i risultati dei pazienti, evitare la cecità e altro ancora. Insieme al ramo DeepMind dell’azienda, Google Health ha recentemente presentato una soluzione basata su Ai per identificare il cancro al seno.

L’algoritmo ha superato tutti i radiologi umani con i quali si è confrontato. Inoltre, Verily, che all’interno di Alphabet (la holding di Google) si occupa delle scienze della vita, sta lavorando alla raccolta di dati genetici con l’obiettivo di utilizzare alcuni degli algoritmi che alimentano il pulsante del motore di ricerca per analizzare ciò che rende le persone sane.

Questo include anche la sperimentazione di tecnologie di monitoraggio delle malattie, tra cui una lente a contatto digitale che potrebbe rilevare i livelli di zucchero nel sangue. Verily ha anche annunciato la sua partnership con Highmark Health per la Living Health Initiative che mira a ridisegnare la fornitura di assistenza sanitaria con un focus sui pazienti.

Questa collaborazione impiegherà gli strumenti digitalmente abilitati di Verily per la gestione personalizzata delle cure croniche. Recentemente però la Fda ha respinto la richiesta di Verily di utilizzare il suo wearable in uno studio clinico per monitorare le alterazioni dei sintomi motori dei pazienti con Parkinson.

Secondo l’ente il dispositivo e l’esame motorio associato “sono limitati nella loro capacità di valutare aspetti significativi dei concetti di interesse che sono rilevanti per la capacità dei pazienti di funzionare nella vita quotidiana“.

Una battuta d’arresto che potrebbe portare a una rifocalizzazione degli sforzi di Verily per quanto riguarda il wearable. Forse anche per questo la società madre ha rimodulato gli obiettivi della divisione Google Health spostando i dipendenti in altri gruppi all’interno della società.

Secondo un rapporto pubblicato da Business Insider, il ramo di Google Health non si concentrerà più sulla tecnologia di consumo, in quanto questa sarà principalmente guidata dal team Fitbit.

L’impegno sull’intelligenza artificiale

Altro sviluppo è quello relativo a C2D2, un approccio basato sull’apprendimento automatico per migliorare lo screening della colonscopia. Accessibile in tempo reale durante una colonscopia, l’Ai può aiutare i medici a identificare quali aree del colon hanno controllato e quelle fuori dal campo visivo.

Può anche indicare le aree che non sono state sufficientemente coperte in modo che l’endoscopista possa rivisitare quella zona. Un tale approccio può aiutare a identificare e successivamente rimuovere piccole lesioni precancerose nel colon prima che diventino cancerose. Questo potrebbe dare un enorme aiuto per frenare il cancro colorettale, una delle forme più letali della malattia.

L’intelligenza Artificiale caratterizza anche Derm Assist, dispositivo che utilizza l’Ai per aiutare i dermatologi nella diagnosi delle condizioni della pelle. Gli investimenti comprendono anche alcune acquisizioni.

Ventures ha investito in una serie di startup, oltre ad avere acquistato Fitbit per 2,1 miliardi di dollari. La divisione cloud di Mountain View ha invece investito cento milioni di dollari in Amwell, specializzata nella tecnologia per le visite mediche virtuali. Amwell ha dichiarato di avere registrato un aumento del 1.000% delle visite a causa del coronavirus e più vicino al 3.000% al 4.000% in alcuni luoghi.

Le entrate sono aumentate del 77% nei primi sei mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo di un anno fa, da 69 milioni a 122 milioni di dollari. Tuttavia, la perdita netta è quasi triplicata nello stesso periodo, crescendo da 41 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2019 a 111 milioni di dollari nella prima metà di quest’anno. Amwell attualmente lavora con circa 2.000 ospedali, 55 piani sanitari e 36.000 datori di lavoro.

Con il 7% delle ricerche sul proprio motore dedicate alla salute è normale che la società voglia entrare nel mondo della sanità e che sia come gli altri alla ricerca di dati. Così si spiega l’accordo con la catena ospedaliera Hca Healthcare per sviluppare algoritmi sanitari utilizzando le cartelle cliniche dei pazienti.

La catena dispone di circa duemila sedi sparse in 21 stati e passerebbe a Google i dati provenienti dalle cartelle cliniche digitali e dai dispositivi medici.

L’intesa fa seguito ad altri accordi che Google ha stipulato con Ascension, 151 ospedali con il Progetto Nightingale che aveva come oggetto risultati di laboratorio, diagnosi, cartelle cliniche addirittura i nomi dei pazienti con le date di nascita. Tutto questo però senza che nessuno, medici o pazienti, ne fosse informato e con almeno 150 dipendenti di Google che hanno avuto accesso ai dati.

Altro accordo è stato stipulato con Mayo clinic, 70 ospedali, che utilizza Google Cloud anche per analisi dei dati, apprendimento automatico e intelligenza artificiale.

Il gigante tecnologico ha lanciato anche Google Health Studies, una nuova applicazione dedicata alla ricerca medica, che permette a qualsiasi utente di partecipare riportando i propri sintomi, i passi che sta facendo per evitare di ammalarsi e se ha avuto test rilevanti.

Il primo studio si sta concentrando sulle malattie respiratorie come l’influenza e il Covid-19. Questo approccio può aiutare a fornire ai ricercatori dati più rilevanti sui pazienti e da un pool più ampio. Ma solleva anche problemi di privacy sulla gestione dei dati.

Poi c’è l’interesse verso le cartelle cliniche. Qui Google ha già fallito con Google Health, la cartella clinica personale che non aveva riscosso un grande successo. Ma l’area è ghiotta e Apple ha appena annunciato l’integrazione delle cartelle nella app Salute. Così Mountain View ci riprova con strumento che punta a rendere più facile per i pazienti consultare, organizzare e condividere i dati sanitari.

Ma I consumatori vorranno affidare a Google i propri dati?

Facebook è in ritardo

Anche Facebook fa parte delle aziende della Silicon Valley interessate al mondo della Sanità, e ai dati degli utenti, anche se la sua azione fino a oggi non appare particolarmente incisiva.

La società di Mark Zuckerberg dovrebbe debuttare con un proprio smartwatch nei prossimi mesi e intanto partecipa all’Alliance for Advancing Health Online, una iniziativa che mira a far progredire la comprensione pubblica di come i social media e le scienze comportamentali possono essere sfruttati per migliorare la salute delle comunità di tutto il mondo.

L’Alleanza ha anche istituito il Vaccine Confidence Fund, un fondo indipendente per sostenere la ricerca su come i social media e le piattaforme online possono sostenere al meglio la fiducia e l’accesso ai vaccini.

Altri rumors parlano dello sviluppo di una app per la salute, così come della creazione di gruppi di discussione. Secondo Reuters si starebbe lavorando a nuove “comunità di supporto” online destinate a collegare gli utenti con specifiche condizioni di salute. Un altro team di sviluppo si dice stia lavorando su applicazioni di “cura preventiva” che aiuterebbero gli utenti a lavorare per sviluppare stili di vita più sani.

Facebook ha incontrato “esperti dell’industria medica e imprenditori, e sta creando un’unità di ricerca e sviluppo per testare nuove applicazioni sanitarie“, riferisce Reuters – aggiungendo che l’azienda è ancora nella “fase di raccolta delle idee“.

L’interesse verso la salute, aggiunge l’agenzia di stampa, sarebbe motivato soprattutto dall’obiettivo di “aumentare il coinvolgimento con il sito” visto che secondo gli analisti Facebook potrebbe andare incontro a un forte calo della sua base di clienti nei prossimi anni. Il problema è che, visti anche i recenti avvenimenti, gli utenti potrebbero avere qualche problema a condividere i loro dati sulla piattaforma.

Come scrive il di Think Progress, “la storia di Facebook di estrarre i dati personali dei consumatori per annunci migliori o semplicemente per saperne di più sui suoi utenti potrebbe diventare un problema quando si tratta di questioni di salute“.

Il precedente non manca. Sempre ThinkProgress ricorda gli esperimenti psicologici – eseguiti inconsapevolmente su circa 700.000 utenti di Facebook – destinati a misurare le loro reazioni ai post con connotazioni positive e negative. Più tardi la società ha chiesto scusa per quella ricerca.

Anche se questo argomento era importante per la ricerca, eravamo impreparati per la reazione che il documento ha ricevuto quando è stato pubblicato e abbiamo preso a cuore i commenti e le critiche“, ha scritto il CTO Mike Schroepfer. “Ora è chiaro che ci sono cose che avremmo dovuto fare diversamente“.