Proxmox lancia la versione 9.1, che supporta i container OCI in LXC

Con il rilascio di Virtual Environment 9.1, Proxmox Server Solutions non si limita a un aggiornamento di routine, ma compie un passo deciso verso la convergenza tra la virtualizzazione tradizionale e le metodologie di deploy moderne tipiche del mondo cloud-native. Questa release si concentra infatti sull’abbattimento delle barriere operative, offrendo agli amministratori strumenti che aumentano la granularità del controllo, che si tratti di gestire container leggeri o macchine virtuali complesse e blindate sotto il profilo della sicurezza.
La novità più rilevante dal punto di vista dell’architettura applicativa è l’integrazione nativa del supporto per le immagini OCI (Open Container Initiative) all’interno dell’ecosistema LXC. Fino ad oggi, l’universo dei container in Proxmox era prevalentemente legato ai template di sistema tradizionali. Con la versione 9.1, si apre invece l’accesso diretto all’immenso repository di immagini standardizzate (come quelle presenti su Docker Hub o registri privati).
Questo cambiamento ha implicazioni profonde per le pipeline DevOps, visto che ora gli amministratori possono scaricare o caricare manualmente immagini OCI e utilizzarle come base per i container LXC. Il sistema è abbastanza intelligente da distinguere l’uso, potendo provisionare container di sistema completi (simili a VM leggere) o “application container” ottimizzati. Quest’ultimi permettono di eseguire microservizi, database o API con un overhead minimo, sfruttando le pipeline di build esistenti senza dover convertire le immagini in formati proprietari o legacy. È una fusione pragmatica tra la persistenza e la gestione di LXC e l’agilità dello standard OCI.
Per gli ambienti enterprise, specialmente quelli che ospitano infrastrutture Windows moderne (come Windows 11 o Server 2022), la gestione del vTPM (Virtual Trusted Platform Module) è stata spesso un punto dolente per le strategie di backup. La versione 9.1 risolve una criticità fondamentale introducendo la capacità di memorizzare lo stato del vTPM direttamente nel formato disco qcow2.
Tecnicamente, questo sblocca la possibilità di eseguire snapshot completi delle VM attive, preservando lo stato di sicurezza anche su storage condivisi come NFS o CIFS. Inoltre, per chi utilizza storage LVM, è ora possibile gestire snapshot offline di macchine con stati vTPM attivi, in modo da eliminare il trade-off tra sicurezza (avere il TPM attivo) e operatività (poter fare snapshot e ripristini rapidi), garantendo una business continuity più solida per i carichi di lavoro sensibili.
Inoltre, Proxmox 9.1 affina drasticamente la gestione della Nested Virtualization. Invece di esporre ciecamente l’intera CPU host al guest (una pratica non sempre ottimale per sicurezza e stabilità), la nuova release introduce flag vCPU specifici. Questo permette un’attivazione chirurgica delle estensioni di virtualizzazione, ideale per chi gestisce laboratori di test, hypervisor annidati o ambienti che richiedono la VBS (Virtualization-based Security) di Microsoft, mantenendo un isolamento più rigoroso.
Parallelamente, lo stack di Software-Defined Networking (SDN) riceve un aggiornamento massiccio sul fronte dell’osservabilità (monitoring). La complessità delle reti definite via software spesso rendeva il troubleshooting un incubo da gestire via CLI. La nuova interfaccia grafica colma questo vuoto, visualizzando in tempo reale gli ospiti connessi a bridge locali e VNet.
L’integrazione visiva delle zone EVPN, con reportistica dettagliata su IP e indirizzi MAC appresi, insieme alla mappatura delle “Fabrics” (rotte, vicini, interfacce), trasforma il pannello di controllo in una vera dashboard di network operations. La visibilità su componenti critici come IP-VRF e MAC-VRF permette anche di diagnosticare topologie complesse a colpo d’occhio, riducendo i tempi di intervento in caso di anomalie di rete.
Proxmox mantiene la sua filosofia open source basata su licenza GNU AGPLv3. L’immagine ISO della versione 9.1, che include l’installer wizard per configurazioni bare-metal, è immediatamente disponibile per il download pubblico. La natura flessibile della distribuzione permette l’aggiornamento indolore tramite APT per le installazioni esistenti o l’installazione sopra una base Debian pulita.
Per l’utenza aziendale che necessita di stabilità garantita, l’accesso all’Enterprise Repository e al supporto tecnico certificato è vincolato ai piani di sottoscrizione. Questi partono da 115 euro annuali per socket CPU, offrendo un percorso scalabile per passare dall’ambiente di laboratorio all’infrastruttura mission-critical senza soluzione di continuità.
