Fin dal sorgere della rivoluzione digitale di Internet, il mondo mainframe non ha goduto di una buona immagine. Nel corso degli anni, gli occhi (e spesso gli investimenti), sono stati puntati su tecnologie ritenute più “cool” e moderne: web, cloud, iperconvergenza, mobile, internet of things, intelligenza artificiale eccetera.

Il mainframe, e chi ci lavora, è stato visto come un’entità misteriosa e arcaica, lontana dai gruppi aziendali in cui si fa innovazione e dalla loro mentalità aperta, veloce e flessibile. Un’entità destinata a sparire presto.

Invece, negli ultimi vent’anni, tutte le transazioni generate dall’ecommerce, dalle app mobile e da tutte le iniziative digital più alla moda, finiscono comunque per essere elaborate dal caro, vecchio mainframe, che per le sue caratteristiche di affidabilità e capacità di calcolo non è e non sarà a breve rimpiazzabile per tutte le operazioni transazionali che richiedono elaborazione real-time.

Il 96% delle banche di tutto il mondo e il 71% delle aziende Fortune 500 continuano a eseguire le proprie operazioni su mainframe, generando 30 miliardi di transazioni ogni giorno. Solo in Italia, Compuware annovera tra i suoi principali clienti sette dei maggiori dieci istituti bancari italiani e tre dei principali gruppi assicurativi. Il settore è ancora tra quelli che crescono a due cifre (IBM ha dichiarato una crescita del 21% sull’anno precedente).

I mainframe sono ancora usati dal 96% delle banche di tutto il mondo e dal 71% delle aziende Fortune 500

Detto ciò, le aziende che impiegano un mainframe, si trovano oggi di fronte ad almeno tre problemi principali:

  • La lentezza dello sviluppo su mainframe, rispetto ai tempi richiesti dalla trasformazione digitale;
  • La difficoltà nel far collaborare gruppi di sviluppo moderni, principalmente orientati ai dati non strutturati derivanti dalle interazioni con il cliente (System of Engagement) con chi programma e amministra i mainframe, dove risiedono le informazioni rigidamente codificate (System of Records);
  • L’invecchiamento della forza lavoro qualificata sui mainframe, che sta ormai andando in pensione e per la quale non è semplice individuare nuove reclute sul mercato del lavoro.

Chris O’Malley, CEO di Compuware, intende rispondere a questi problemi attraverso nuovi prodotti e ben quattro acquisizioni fatte nell’ultimo anno dall’azienda , che è specializzata negli strumenti software e di gestione per dati e applicazioni su mainframe.

Chris O'Malley, CEO di Compuware.

Chris O’Malley, CEO di Compuware.

Intervistato da Computerworld, O’Malley sostiene che la soluzione a questi problemi passa per l’integrazione del mainframe e degli sviluppatori che ci lavorano nelle metodologie di lavoro Agile, usando gli stessi strumenti e pratiche di DevOps impiegate dagli altri team.

“Le aziende sentono l’urgenza del far correre lo sviluppo su mainframe a ritmo più veloce, ma la metodologia di programmazione a cascata, tradizionalmente impiegata sui mainframe, non è praticabile”, afferma O’Malley, che prosegue:  “un tipico progetto di sviluppo su mainframe prevede che le specifiche siano definite nei dettagli prima di iniziare, e ogni sviluppatore o team esegue in sequenza compiti assegnati in sequenza. Un progetto di questo tipo prevede di sapere nei dettagli come sarà il mondo tra un anno, e ciò è impossibile nell’epoca della continua trasformazione digitale che stiamo vivendo”.

Per esempio, con le API Rest per il source code manager ISPW gli sviluppatori possono usare la toolchain per processi Agile e DevOps per integrare dati e applicazioni mainframe con quelle utilizzate nei sistemi open e cloud, da un lato, e con l’ambiente di sviluppo mainframe Topaz Workbench di Compuware dall’altro. Il tutto senza avere competenze specifiche nello sviluppo per mainframe..

Per O’Malley, “Anche se uno sviluppatore odierno fosse formato sul Cobol e lo sviluppo mainframe, preferirà utilizzare gli stessi strumenti di sviluppo usato altrove, come Eclipse, Slack, HipChat e XL Release di XebiaLabs invece di un’interfaccia a linea di comando su un terminale, e sarà più produttivo”.

L’ultima acquisizione di Compuware in ordine di tempo è quella di MVS Solutions e del suo software per la gestione e l’ottimizzazione dei processi batch ThruPut Manager. Le elaborazioni in batch occupano circa il 50% della potenza di calcolo di un mainframe, di solito in brevi periodi di picco che avvengono in periodi predeterminati (per esempio, attività di sincronizzazione e replica che avvengono di notte, generazione di report giornalieri, settimanali, mensili e trimestrali…).

ThruPut Manager permette anche a sistemisti non esperti in mainframe di ottimizzare l’esecuzione dei processi batch, sistemarne le priorità in modo da garantire i livelli di servizio prefissati agli altri processi e contenere i costi minimizzando il carico medio che impatta sui costi di licenza mensile di IBM (MLC).

MVS System non ha mai avuto una presenza locale in Italia finora, e O’Malley è particolarmente felice di poter proporre ThruPut Manager e gli altri servizi MVS attraverso la struttura tecnica e commerciale di Compuware Italia.

Ci stiamo avvicinando a un’era in cui le aziende potranno possedere e gestire un mainframe senza avere personale specializzato in questo campo?

Per O’Malley, la cosa è non solo possibile, ma in qualche caso sarà inevitabile. “Il mainframe deve diventare mainstream. I CIO non possono più far viaggiare lo sviluppo dei mainframe su un binario separato, a una differente velocità. Per rimanere protagonisti dell’innovazione in azienda, devono continuamente inventare nuovi progetti, tendenzialmente orientati al System Of Engagement, ma con implicazioni per il System of Records, e quindi il mainframe, dove risiede il DNA digitale dell’azienda. E una volta completato un progetto, devono ripartire daccapo e alzare nuovamente l’asticella dell’innovazione”.