C’è sempre più interesse nel progettare server ARM come alternativa più conveniente sul versante energetico rispetto a sistemi basati su processori Intel. Dopo Hewlett-Packard e Dell, Lenovo è l’ultimo produttore hardware in ordine di tempo a sperimentare questo concept.

Il colosso cinese sta costruendo il suo server ARM assieme all’azienda britannica Science and Technology Facilities Council; lo scopo del progetto è capire se sia possibile aumentare le prestazioni del server mantenendo consumi energetici su livelli standard. I chip ARM a basso consumo sono già utilizzati nella maggior parte degli smartphone e dei tablet e molti produttori hardware sperano di sfruttarne le caratteristiche energetiche anche a livello di server. Non è però una sfida facile. I server dei data center, soprattutto quelli adibiti al cloud e al supporto di applicazioni, devono gestire un grande carico di lavoro. Non è un caso che anche giganti come Facebook e Google, che devono gestire data center enormi, siano interessati ai server ARM come un mezzo per diminuire le spese energetiche.

Per il suo prototipo Lenovo sta utilizzando processori ARM a 64 bit in un sistema NextScale, sviluppato inizialmente da IBM ma poi ceduto al produttore cinese come parte di un accordo di vendita tra i due avvenuto lo scorso anno. Il sistema NextScale, che compete con il Moonshot di HP, è stato costruito a fine 2013 basandosi su processori x86 a basso consumo, per poi essere espanso in modo da includere un sistema di raffreddamento a liquido e processori Intel Xeon.

Non vi è dubbio però che ci sia sempre più attenzione verso i benefici di questi chip e verso lo sviluppo di software compatibili

Può contenere fino a 12 comparti per server ARM o fino a 1.152 core. Lenovo sta utilizzando il SoC ThunderX di Cavium, che include Ethernet, memoria, I/O e alter interfacce essenziali. Ciascun processore ARM ha fino a 48 core e può operare a una frequenza massima di 2.5 GHz. Bisogna comunque precisare che al momento Lenovo vende solo server con processori x86 di Intel e che non vede l’opzione ARM come un’opportunità per raggiungere grandi volumi di vendita.

La stessa Intel detiene oggi il 90% della quota di mercato di processori per server e la convinzione generale è che ci vorranno ancora diversi anni prima che i processori ARM siano adottati nei data center. Non vi è dubbio però che ci sia sempre più attenzione verso i benefici di questi chip e verso lo sviluppo di software compatibili.

Secondo Jim McGregor, analista di Tirias Research, i chip ARM renderanno il mercato dei server più competitivo e questa è una cosa che un po’ tutti stanno aspettando. È solo questione di quanto tempo ci vorrà per raggiungere questo obiettivo. Un impulso determinante perché ciò avvenga è la creazione di un ecosistema che possa supportare l’architettura ARM. Molte applicazioni di Linux sono compatibili con i processori server ARM, Java supporta già questa architettura e si pensa che la stessa Microsoft stia sviluppando una versione di Windows Server per processori ARM.