Per alimentare la crescita della sua economia digitale, la Cina sta investendo massicciamente in tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e il cloud computing. Un elemento chiave di questa trasformazione è l’espansione rapida della capacità di calcolo attraverso la costruzione di nuovi data center. Tuttavia, queste strutture, pur essendo essenziali per il funzionamento di AI e automazione, sono anche tra le più energivore, consumando grandi quantità di elettricità e utilizzando ogni giorno centinaia di migliaia di litri d’acqua per raffreddare i server in funzione continua.

Il problema non riguarda solo la Cina. I data center, per loro natura, competono sempre più direttamente con altri utilizzi critici delle risorse idriche, dall’agricoltura al fabbisogno umano quotidiano. Paradossalmente, molte aziende hanno posizionato queste strutture proprio in zone estremamente aride come l’Arizona, il sud della Spagna e alcune regioni del Medio Oriente, dove l’aria secca riduce i rischi di danni da umidità per l’hardware, sebbene questo approccio sollevi preoccupazioni sempre maggiori in merito alla sostenibilità.

Proprio per affrontare queste sfide, la Cina ha avviato una nuova strategia radicale costruendo data center sottomarini alimentati da fonti rinnovabili. A giugno 2025 è iniziata la realizzazione di un impianto a circa dieci chilometri dalla costa di Shanghai, una delle capitali tecnologiche cinesi. La struttura sarà completamente alimentata da un parco eolico offshore e sfrutterà l’ambiente marino per il raffreddamento naturale dei server.

Secondo Shabrina Nadhila, analista del think tank energetico Ember, “l’approccio ambizioso della Cina rappresenta una svolta verso infrastrutture digitali a basse emissioni e potrebbe influenzare gli standard globali in materia di sostenibilità informatica.”

Come funzionano i data center e perché sono così assetati di energia

I data center svolgono calcoli complessi per aziende e istituzioni e, con l’automazione crescente dei processi produttivi e l’ascesa dell’IA generativa, il fabbisogno di potenza computazionale è in forte crescita. Tuttavia, questa capacità ha un costo ambientale, dal momento che i server operano senza sosta generando grandi quantità di calore che devono essere dissipate costantemente per evitare guasti e perdita di dati.

screenshot-gemini.google.com-2025.07.22-10_39_42

Circa il 40% del consumo elettrico di un data center tradizionale serve proprio al raffreddamento e, in tal senso, l’approccio più comune è l’utilizzo di acqua refrigerata, che viene fatta evaporare vicino ai rack o vaporizzata nell’aria per abbassare le temperature interne. L’acqua può provenire da falde sotterranee, fiumi, laghi o impianti di trattamento delle acque reflue.

Nel caso dei data center sottomarini, si usano tubi per far circolare l’acqua marina attraverso radiatori montati sul retro dei server. Questo sistema consente di disperdere il calore in modo naturale e continuo, senza bisogno di energia aggiuntiva per il raffreddamento attivo. Secondo l’azienda cinese Hailanyun, che guida il progetto al largo di Shanghai, il sistema consente un risparmio energetico di almeno il 30% rispetto ai data center terrestri.

La struttura, collegata a un parco eolico offshore che fornirà il 97% dell’energia necessaria, ospiterà nella prima fase 198 rack, sufficienti per gestire da 396 a 792 server dotati di capacità AI. Secondo l’azienda, questa potenza sarebbe sufficiente per completare l’addestramento di un modello come GPT-3.5 in un solo giorno, ma il centro di Shanghai è ancora piccolo rispetto agli standard terrestri se consideriamo che un data center medio in Cina può ospitare fino a 3.000 rack, e quelli su larga scala superano i 10.000.

La tecnologia sottomarina non è una novità assoluta. Microsoft aveva già sperimentato questa soluzione nel 2015 con il progetto Natick, immergendo un container con 864 server al largo della Scozia. Dopo due anni, i risultati furono sorprendenti: meno guasti, maggiore efficienza energetica e minor impatto da corrosione grazie all’ambiente sigillato e riempito di azoto. Tuttavia, Microsoft ha poi sospeso il progetto e, pur non confermandone l’abbandono, ha dichiarato che Natick rimarrà una piattaforma sperimentale per valutare nuove soluzioni sostenibili.

Rischi ambientali e questioni di sicurezza

Nonostante i vantaggi, l’uso dei data center sottomarini solleva alcune preoccupazioni. Gli stessi ricercatori Microsoft avevano riscontrato un leggero riscaldamento locale delle acque circostanti e anche se l’aumento di temperatura era minimo, studi successivi hanno sollevato timori su possibili impatti durante ondate di calore marino, quando le acque sono già più calde e meno ossigenate.

Altre preoccupazioni riguardano la sicurezza. Uno studio del 2024 ha dimostrato che certi impulsi sonori trasmessi sott’acqua possono danneggiare gravemente i data center sottomarini, aprendo scenari inquietanti su possibili attacchi informatici acustici. Hailanyun, dal canto suo, sostiene che le proprie strutture sono rispettose dell’ambiente portando a sostegno di ciò un’analisi condotta nel 2020 su un prototipo installato nel fiume delle Perle, che ha mostrato un incremento della temperatura dell’acqua inferiore a un grado, senza impatti rilevanti sulla fauna marina.

L’interesse per i data center sottomarini non si limita però alla Cina. Anche Corea del Sud, Giappone e Singapore stanno esplorando soluzioni simili, incluse strutture galleggianti. Secondo Zhang Ning, ricercatore all’Università della California, il vero ostacolo non è più tecnologico ma normativo: “Il successo di questi progetti dipenderà da quanto rapidamente le aziende riusciranno a risolvere le questioni legate all’ecologia, alla logistica e alla regolamentazione. La Cina lo sta già facendo su vasta scala.”