La storia della ricerca Ibm sull’intelligenza artificiale nasce con la sfida del computer ai campioni umani di scacchi. Chi ha seguito i primi anni di sviluppo dell’IT ricorderà lo scontro emozionante tra Deep Blue e Garry Kasparov, che sancì nel 1997 una bruciante vittoria della macchina sull’uomo. Ma quello era poco più di un esercizio di forza bruta. Oggi la vera sfida è quella dell’analisi dei Big Data, ovvero il tentativo di dotare le macchine della capacità di interpretare grandi quantità di dati anche non strutturati per fornire risposte coerenti a domande difficili. Questo richiede prima di tutto di insegnare al software il linguaggio naturale, per capire la domanda, interpretare correttamente enormi quantità di documenti in cui cercare le risposte, e fornire il risultato in modo comprensibile.

Per questo non stupisce che il più mediatico dei supercomputer Ibm oggi sia specializzato proprio in questa attività. Progettato nel 2006 sulla base di 90 Power Server 750 con Cpu Power7 da 3,5 GHz e la comoda quantità di 16 Terabyte di Ram, Watson non sarebbe un Hpc da record. La sua potenza di elaborazione non gli consente infatti di rientrare tra i 500 supercomputer più veloci al mondo. Quel che lo rende speciale è il software che lo anima, denominato DeepQA, funzionante con il framework Apache UIMA, specializzato nella gestione di grandi quantità di dati non strutturati.
Attingendo a Wikipedia e ad altre fonti mantenute interamente in memoria, senza collegarsi a Internet, Watson è stato capace nel 2011 di partecipare vittoriosamente a un popolare quiz show americano, dimostrandosi quasi sempre superiore ai più preparati giocatori umani, fornendo in tempo reale le risposte corrette.

Dall’healthcare al dinosauro parlante

Oggi intorno a Watson è stata creata una business unit capace di fornire servizi commerciali in cloud per l’analisi dei dati, il che la dice lunga su come la sperimentazione in questo campo possa essere immediatamente messa a frutto. Tra le serissime applicazioni in campo medico, commerciale e biotecnologico in cui Watson sarà impiegato, ce ne sono anche di prettamente ludiche, come un libro di cucina scritto in base alle sue elaborazioni e una nuova generazione di giocattoli. Una piccola startup, denominata Elemental Path, sta infatti cercando fondi su Kickstarer per mettere in produzione il primo giocattolo parlante animato dall’intelligenza dell’Hpc di Ibm. Il CogniToy, come viene chiamato, avrà l’aspetto di un simpatico dinosauro, fatto per piacere ai bambini da quattro a sette anni, con un vistoso pulsante di attivazione e ben poca tecnologia a bordo. Basta infatti un microfono per ascoltare le richieste dei piccoli utenti, un altoparlante per rispondere e un circuito per collegarsi alla rete via WiFi, così da interrogare il sistema remoto.

Pur essendo simile come logica di funzionamento a ciò che tentano di diventare Siri e Cortana, il dinosauro chiacchierone non è uno strumento finalizzato a offrire un servizio, ma è destinato all’educazione e all’intrattenimento, e in questo sta la novità del progetto.
Il sistema è in grado di adattarsi all’età dei suoi interlocutori, fornendo via via un supporto sempre più stimolante. Dal rispondere a semplici domande al fare scherzi e raccontare storie, il CogniToy segue i bambini nella crescita e arriva anche ad aiutare i più grandi nei compiti, per esempio spiegando quesiti di matematica. Dovrebbe anche avere la sensibilità di rimandare ai genitori risposte a domande delicate, per cui chiedendogli come nascono i bambini ci si sentirà rispondere “chiedilo alla mamma”.

I genitori potranno anche accedere a una dashboard di controllo via browser con cui impostare alcuni parametri del CogniToy, come l’età e il nome del bambino, e valutare il processo di apprendimento e le domande fatte. La caratteristica più interessante del sistema è la sua velocità di risposta. Bastano pochi secondi per interpretare la domanda e un sistema di memorizzazione dei quesiti precedenti rende il CogniToy sempre più rapido nelle risposte, man mano che memorizza le abitudini dei suoi interlocutori. Proprio la raccolta di informazioni, fondamentale per il miglioramento degli algoritmi di riconoscimento del linguaggio, potrebbe diventare però l’elemento più controverso di questa generazione di giocattoli. Archiviare in cloud le parole dei bambini, seppur con la massima attenzione alla privacy, presenta infatti ovvie controindicazioni.
Se tutto andrà bene con la raccolta fondi, il giocattolo dovrebbe arrivare nei negozi all’inizio di novembre al prezzo di 99 dollari. È probabile che sotto Natale sarà comunque in buona compagnia, visto che altri produttori di giocattoli, tra cui la Mattel, hanno in cantiere soluzioni simili, anche se non basate sulla programmazione innovativa di Watson.