Oggi si tende a mescolarlo con i concetti di mobility e Byod, ma la consumerizzazione per le aziende significa molto di più. Ha infatti attinenza col modo stesso di concepire i prodotti e di interagire con partner e dipendenti, trasformando anche il b2b in un rapporto verso gli utenti finali, più trasparente, semplice e veloce.
In questo senso non è un fenomeno esclusivamente legato all’industria dell’IT. Anzi coinvolge qualsiasi azienda di produzione di beni o fornitura di servizi, che ormai dovrebbe comportarsi come se il suo interlocutore fosse sempre il grande pubblico, anche in presenza di intermediari.
Ragionare pensando all’ergonomia, alla facilità d’uso e alla chiarezza, oggi è un dovere che coinvolge tutti, dai legislatori agli sviluppatori, dagli ingegneri ai politici. Una necessità che nel nostro Paese, impaludato da inutili barocchismi in ogni settore, è particolarmente sentita e può portare frutti immediati.

Lo sanno bene le prime grandi aziende che nel mondo stanno cominciando a vedere i vantaggi della nuova logica, incassando incrementi di produttività e un rapido miglioramento del ROI.
Secondo una ricerca resa pubblica lo scorso anno da IDG Enterprise su 1155 decision maker nell’IT di grandi aziende, l’uso da parte dei dipendenti di applicazioni e device consumer è ormai ampiamente diffuso, e il 50% degli intervistati non ha più dubbi sul fatto che ne derivi una più alta produttività.
Dietro questo incremento c’è soprattutto la diffusione del mobile, che porta i dipendenti a svolgere attività per l’azienda anche al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro.
Il secondo grande bonus della consumerizzazione è l’influenza che ha sul ROI. Nella ricerca IDG il 70% dei manager aveva dichiarato di averne notato un incremento in qualche forma, derivato dall’uso di device personali in azienda.
Per non parlare dei vantaggi legati al più facile accesso alle informazioni, e alla maggiore soddisfazione degli utenti.
Tutto bene quindi? Quasi, perché negli anni alle attese elevate sull’incremento della produttività non hanno sempre corrisposto risultati soddisfacenti, tanto che mentre nella ricerca del 2013 l’82% dei manager si aspettava un impatto importante o comunque positivo sulla soddisfazione degli utenti, questo numero è calato al 69% nella medesima survey del 2014.

I rischi della proliferazione delle app consumer

Chi si occupa di IT è da sempre abituato a portare con sé il suo lavoro su device personali, secondo una pratica che, pur presentando qualche rischio per la sicurezza, si è rivelata anche utile a fronteggiare alcune situazioni di emergenza.

Oggi questa pratica è diffusa in tutti i reparti dell’impresa e riguarda non solo l’uso di dispositivi personali di ogni sorta, che entrano ed escono dal perimetro delle reti aziendali con la massima facilità, ma anche l’uso di applicazioni e servizi di produttività gratuiti o basati sull’advertising. Questo rende più rapida la reazione delle singole business unit alle mutate esigenze del mercato, rendendo facile dotarsi di soluzioni aggiornate per aggirare gli ostacoli di software enterprise troppo macchinosi e costosi da aggiornare.
In questo caso ai vantaggi della consumerizzazione di soluzioni un tempo complesse e riservate agli addetti ai lavori, fa da contraltare il rischio di rendere impossibile una gestione organica della sicurezza e della riservatezza dei dati aziendali. Se ormai nessuno se la sente più di arginare il fenomeno, e con esso i relativi vantaggi, tramite policy troppo rigide, non bisogna sottovalutare i pericoli di una situazione senza governo.

Dal Byod al Cyod

Sono sempre di più le imprese che consentono ai propri dipendenti di portare con sé il notebook personale, mentre circa la metà accetta anche gli smartphone e i tablet. Questo trend riguarda ormai pure realtà con più di 1000 dipendenti, che fino a poco tempo fa erano le più refrattarie a piegarsi alla nuova logica. Piuttosto che inseguire continue sfide alla sicurezza causate dalla volubilità nelle scelte dei dipendenti, le grandi aziende preferiscono però un approccio più ragionato, limitando la selezione dei device consentiti ai modelli approvati dalla gestione dell’IT. Questo approccio viene indicato con l’acronimo Cyod (Choose Your Own Device) che prevede che i device rimangano spesso di proprietà dell’azienda, che contribuisce in misura variabile all’acquisto. Il dipendente può scegliere il modello in un catalogo abbastanza ampio e portarselo ovunque, installandovi anche programmi per uso personale o ludico, mentre il reparto IT può gestirne la configurazione, assicurandosi il controllo delle applicazioni aziendali.

Rispetto al Byod questa impostazione comporta poche limitazioni per l’utente, che anzi otterrà una esperienza d’uso più consistente tra app di lavoro e personali, e non dovrà preoccuparsi della manutenzione del dispositivo. Per contro, il reparto IT avrà più lavoro, e non sarà possibile farne dimagrire i budget oltre misura, come molte aziende tendono a fare, spesso senza curarsi troppo delle conseguenze.