Parafrasando un meme ispirato al multiverso Marvel, l’impressione che si ricava da questa edizione del VMware Explore è che “il multi-cloud sia un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco”.

Di multi-cloud si parla ormai da anni, ma se finora lo si è immaginato come una serie di nuvole che si parlano tra loro o, nella migliore delle ipotesi, con un piano di controllo e gestione logica che si estende su diverse infrastrutture. Nelle ultime interpretazioni della tecnologia, però, queste nuvole si compenetrano a vicenda, quasi come in una matrioska ricorsiva.

multiverse

Con l’ingresso nella VMware Cloud Foundation di data services tradizionalmente forniti dagli hypervisor in modalità PaaS, non è più l’infrastruttura logica di un cloud privato a essere eseguita sulle macchine virtuali del cloud pubblico, ma le funzioni del cloud pubblico che diventano disponibili nel cloud privato. Che a sua volta potrebbe poi girare anche su machine in cloud, dello stesso provider o di un altro.

Confusi? Anche noi. Per fare alcuni esempi pratici, grazie alle partnership di VMware con Google e IBM, sarà possibile integrare nativamente in VMware Cloud Foundation il database compatibile con PostgreSQL Google Cloud AlloyDB Omni, oppure portare on-premises l’ambiente WatsonX, combinando il tutto con Red Hat OpenShift.

Dal cloud first al cloud smart

Non sempre tutto quel che è possibile tecnicamente avrà senso per il business, ma il punto chiave è avere la possibilità di farlo e avere la libertà di scegliere in ogni momento qual è la soluzione che offre il miglior rapporto tra costo e prestazioni, e la possibilità di governare in ogni dettaglio come i dati si muovono sull’infrastruttura e tra le applicazioni. Soprattutto come non si muovono al di fuori dei confini stabiliti dalle regole di governance stabilite.

Sul fronte dei costi, per esempio, la fatturazione dei data services segue il modello classico, basato su host e CPU, e non quello tipico delle funzioni dei CSP basato sul numero di chiamate alle API. Questo permette ai CIO di dosare le due modalità in base alle esigenze prestazionali dello specifico carico di lavoro o del periodo.

“Dopo l’entusiasmo del cloud-first, per noi è tempo di cloud-smart: usare il cloud dove e quando serve. Sfruttare velocemente le tecnologie utili oggi in modo coerente, ma senza fare scelte che possano legare l’azienda a una certa soluzione sul lungo periodo”, ci dice Rodolfo Rotondo, Business Solutions Strategy Director EMEA.

Private AI, verso casi d’uso aziendali concreti e sicuri

Il governo dei dati sarà particolarmente importante nell’era della Private AI, grazie alla quale le aziende – finiti gli esperimenti e chiusa la finestra del browser con ChatGPT – potranno mettersi al lavoro per realizzare IA proprietarie, affinando i foundation model generalisti disponibili usando dati proprietari per ottenere casi d’uso realmente utili, pertinenti e replicabili.

Nel fare ciò, sono diverse le preoccupazioni delle aziende:

  • Come assicurarsi che i dati non escano dal proprio perimetro di governance per quanto riguarda la proprietà intellettuale e i dati regolamentati (informazioni personali, dati sensibili e critici…)?
  • Come assicurarsi che le conoscenze che il modello può ricavare dai dati, non diventino di pubblico dominio annullando il vantaggio competitivo che i dati così faticosamente raccolti possono conferire all’azienda?
  • Come essere tranquilli che una modifica nelle leggi o nei termini d’uso delle piattaforme possano alterare l’operatività dei worflow basati su IA?

Una soluzione a questi problemi consiste nell’addestrare e operare un modello IA su un’infrastruttura che si è sicuri di governare, verosimilmente in ambiente ibrido. Un compito che rischia di essere complesso e costoso, ma che VMware intende abilitare con le proprie soluzioni.

Private AI VMware

“Abbiamo attivato la collaborazione con ambienti di ricerca universitari e partnership come quelle con Nvidia e Intel per mettere a disposizione dei clienti tutti gli ingredienti per fare scelte cost-effective e sviluppare in casa dei modelli IA che possano essere effettivamente fruibili”, dice Rotondo.

Proprio sulla questione del contenimento dei costi è concentrata la partnership con Intel, che permetterà di sfruttare i cicli inutilizzati dei processori Xeon già presenti nei server delle aziende per effettuare quella parte di calcolo dei modelli di IA che non è strettamente necessario delegare alle GPU, ben più costose sia in termini di prezzo di listino che di consumo energetico.

Ma benefici ci sono anche nell’uso efficiente delle GPU. VMware ha dichiarato che grazie all’accelerazione nella parte di setup degli ambienti virtuali e all’ottimizzazione dello scheduling nella scalabilità delle risorse, la propria soluzione virtualizzata è in grado di offrire prestazioni del 5% migliori rispetto al bare metal.

Il cloud sovrano, anche per il SaaS

Se il controllo sui dati è importante per un’azienda, assume un’importanza strategica per gli stati e le organizzazioni regolamentate, a cui si rivolge l’offerta di Sovereign Cloud di VMware. L’azienda ha lavorato alla certificazione di cinquanta cloud provider per verificarne la compliance con i criteri stabiliti dall’azienda per l’offerta di cloud sovrano.

Più in dettaglio, ci spiega Rotondo, “oltre a continuare a gestire la cifratura dei dati, i clienti possono ora usare le proprie chiavi di personali anche per i software legati all’infrastruttura stessa, firmando le VM e la comunicazione tra di esse. Stiamo inoltre lavorando con i Sovereign Cloud Provider che devono garantire di poter usare le chiavi private dei clienti anche per i propri servizi SaaS, e che non solo i dati, ma anche i metadati rimangano confinati all’interno del data center della zona prescelta. Questo è un requisito specifico dell’Agenzia per la Cybersecurity Nazionale per alcuni livelli di certificazione”.

Di cosa parleremo tra un anno?

Il 2023 sarà ricordato come l’anno in cui la IA generativa si è affacciata prepotentemente sul mercato. Ma di quali tecnologie parleremo l’anno prossimo? Rotondo si aspetta di vedere “la IA generativa in azione su casi concreti, non solo nella chat ma integrata nei workflow in medicina, settore pubblico, finance, retail e altri settori”.

“Sul cloud vediamo un forte interesse per il cloud sovrano, ma anche per le aziende cresce la necessità di mantenere un controllo forte sulla parte infrastrutturale, anche se disaccoppiata dall’hardware, specialmente se arricchita da servizi applicativi che permettono di spostare i container dove vogliono, senza problemi con i dialetti locali dei diversi CSP. Tutto questo contribuirà all’affermazione di VMware Cloud Foundation, che con una crescita del 31 percento è stato il cloud che globalmente è cresciuto di più lo scorso anno”.

Il prossimo anno sarà però anche quello in cui per VMware si completerà l’acquisizione da parte di Broadcom, evento che – nonostante le rassicurazioni del suo CEO Hock Tan sul futuro sviluppo dell’azienda – preoccupa il mercato. Al punto che Forrester Research, nelle sue previsioni del 2024, si spinge a dire che circa un quinto dei clienti enterprise di VMware valuterà nel prossimo anno una migrazione verso soluzioni diverse per la gestione dell’infrastruttura.