OVHcloud è l’unico cloud provider europeo nella top 10 mondiale, e per avanzare in un mercato così competitivo punta su fattori differenzianti come cloud sovrano (anche a livello nazionale con l’apertura di nuove Local Zone nei singoli paesi), sostenibilità ambientale, prezzi concorrenziali, impostazione “open” sia dal punto di vista tecnologico che commerciale e innovazione nei settori a più alta crescita, come le architetture Platform-as-a-Service e  per l’intelligenza artificiale.

John Gazal, Vice Presidente Southern Europe e Brasile di OVHcloud, insieme al Partner Program Manager Italia Dionigi Faccenda e al Key Account Manager per l’Italia Alessandro Di Felice hanno presentato di recente alla stampa le novità su strategie, prodotti e iniziative dell’azienda.

Le quote nel mercato cloud

John Gazal, VP Sud Europa e Brasile di OVHcloud

John Gazal, VP Sud Europa e Brasile di OVHcloud

Diversamente dai più grandi hyperscaler, OVHcloud nasce come provider di colocation, infrastruttura bare metal e private cloud, che continua a essere la parte predominante contribuendo per il 60 percento ai ricavi e con una crescita del 15 percento annuo. In questo segmento, OVH dichiara di essere al primo posto in Europa e nella Top 5 a livello globale.

Stanno però crescendo le componenti public cloud e PaaS, che per l’azienda rappresentano circa il 20 percento dei ricavi, ma globalmente costituiscono un’opportunità ben più grande (combinati, valgono 20 volte il mercato private cloud). In questo segmento, l’azienda cresce ai ritmi del mercato (21 percento annuo)

L’altro 20 percento dei ricavi è costituito dal segmento che l’azienda chiama Web Cloud, cioè domini, email, hosting, VPS, CDN eccetera. Qui OVH è al numero due in europa e ritiene di essere all’incirca sesta in Italia.

Trusted, open cloud e le Local Zone (anche in Italia)

Per supportare la sua crescita, OVH sta spingendo da anni sul concetto di Open Trusted Cloud, che parte principi come la sovranità del dato (potendo vantare indipendenza dalle agenzie paesi extra europei, in primis gli USA), ma include anche l’utilizzo di soluzioni open source o l’eliminazione di costi di esportazione dei dati che che garantiscono la portabilità dei carichi di lavoro verso fornitori concorrenti.

L’affidabilità riguarda anche la sicurezza dell’infrastruttura, aspetto su cui l’azienda ha investito molto dopo le lezioni imparate nell’incidente al data center di Strasburgo del 2021, lanciando un Hyper Resilence Plan e un investimento di 30 milioni in tre anni. “Una delle caratteristiche più richieste dai clienti è la tripla replica dei dati su data center distinti ma connessi a bassa latenza. Abbiamo introdotto la nostra prima zona di questo tipo a Parigi, e altre ne seguiranno”, afferma Gazal.

Altra richiesta, talvolta spinta da motivazioni psicologiche ma sempre più spesso da requisiti normativi in settori regolamentati, è quella di poter ospitare dati e applicazioni nei confini del proprio paese. Distaccandosi dalla tradizione che la vede operare principalmente in data center progettati e costruiti in autonomia, OVH sta aprendo delle Local Zone ospitate in data center indipendenti. Utilizzando una tecnologia frutto dell’acquisizione dell’azienda tedesca Gridscale, OVH costruirà 150 Local Zone nei prossimi tre anni, di cui 15 nel primo anno, tra cui l’Italia.

“È un passo storico, perché nei sedici anni di presenza in Italia, per la prima volta possiamo offrire risorse di storage e computing sul territorio nazionale”, commenta Gazal. Al momento sono state aperte le Local Zone di Madrid e Bruxelles.

Dopo 16 anni di presenza in Italia, siamo finalmente in grado di offrire servizi di computing e storage localizzati all’interno dei confini

Ultimo aspetto per cui OVHcloud vuole risultare affidabile è quello dei prezzi. “Riteniamo di avere il rapporto costo/prestazioni più favorevole del mercato, ma soprattutto cerchiamo di offrire piani con prezzi prevedibili, che non riservino sorprese per i clienti”, afferma Gaza.

La marcia in più sulla sostenibilità

Non c’è operatore di data center o cloud provider che negli ultimi anni non parli di sostenibilità. L’enorme consumo di energia dei data center mette il settore nel mirino delle politiche di riduzione delle emissioni di carbonio.

Su questo fronte, OVHcloud dichiara di avere alcuni assi nella manica per raggiungere gli obiettivi che si è data, e cioè l’utilizzo esclusivo di fonti con basse emissioni di carbonio e l’eliminazione dei rifiuti non riciclati entro il 2025 e raggiungere entro il 2030 la carbon neutrality anche per quanto riguarda lo Scope 3, cioè le emissioni dell’intera filiera di fornitura.

“Questo è possibile perché siamo costruttori dei server – le cui componenti vengono riutilizzate e riciclate a fine vita – e perché la nostra tecnologia di raffreddamento a liquido è molto efficiente, anche per quanto riguarda il consumo di acqua”, dichiara Gazal.

Il controllo della filiera della produzione dei server ha permesso a OVH di offrire ai propri clienti un Carbon footprint calculator che – a differenza di altri concorrenti – può includere nel calcolo anche lo Scope 3. Il Carbon calculator è disponibile anche per i clienti italiani per i servizi bare metal, e dalla prossima estate sarà esteso anche a quelli di public cloud.

Il trend “move to PaaS” e l’ecosistema dei partner

Foto in primo piano di Dionigi Faccenda, Partner Program Manager di OVH Italia

Dionigi Faccenda, Partner Program Manager di OVH Italia

Sebbene in crescita, l’architettura Platform as a Service è ancora vista come un approccio innovativo dalla maggior parte delle aziende, ancora legate a infrastrutture più tradizionali su cui hanno maggiori competenze, rimanendo quindi appannaggio di startup, service provider e sviluppatori di SaaS e applicazioni web.

È soprattutto a questi soggetti, oltre che ai rivenditori, che si rivolge il Partner Program di OVHcloud. “Offriamo incentivi finanziari specifici e programmi di formazione e certificazione senza porre alcun vincolo di fatturato o fee di ingresso”, afferma Dionigi Faccenda. Accanto ai partner Standard, Advanced e partner strategici, è stato quest’anno inserito un nuovo livello Elite, che prevede la possibilità di realizzare iniziative di comarketing, come per esempio eventi sul territorio (Tech Lab e Sales Lab).

Molto interessante anche il programma per startup, che offre crediti fino 100.000 euro per l’utilizzo del cloud. Al momento, 70 delle 120 startup che hanno aderito sono ancora nel programma.

Tra i servizi più richiesti in Italia ci sono innanzi tutto Kubernetes, lo storage e i Database as a Service, con Postgre, Kafka, MySQL e – grazie a una nuova partnership pensata per soddisfare il mercato enterprise – Mongo DB, ma il portfolio si è ampliato molto con soluzioni per networking, analytics, AI e anche notebook per IA e quantum computing.

In ambito quantum computing OVH ha fatto una mossa importante con l’acquisizione di Qandela, e c’è un piano per offrire il calcolo quantistico come servizio, ha affermato Alessandro Di Felice, che presidia per OVH un altro ecosistema importante e in crescita, quello della space economy.

“Abbiamo un ottimo posizionamento nell’ESA, a cui forniamo per esempio soluzioni per il progetto Destination Earth, grazie anche al nostro partner strategico Serco, che ci ha accompagnato nell’adattare le innovazioni all’ecosistema spazio e alle rigide regole di compliance che lo contraddistinguono. L’apertura della local zone rilancia la nostra candidatura per il programma Iride dell’Agenzia Spaziale Italiana, che nelle gare prevede che dal momento del lancio dei satelliti (2026) tutti i dati debbano risiedere nel territorio italiano”, ha affermato.

(Immagine di apertura: HJBC / Shutterstock.com)