L’approccio al cloud non è unico e il multicloud ibrido è la soluzione ideale, purché sia semplice da usare. Anche in Italia l’ambiente operativo IT maggiormente usato è il multicloud, con percentuali in significativa crescita nel corso dei prossimi anni.

Sono questi i risultati della quarta edizione dello studio globale Enterprise Cloud Index (ECI), commissionato da Nutanix per valutare i progressi delle imprese nell’adozione del cloud. La redazione è stata affidata all’inglese Vanson Bourne, che in agosto e settembre ha ascoltato 1.700 decision makers dell’IT mondiale. Significativo il titolo dello studio: Multicloud is here to stay.

La penetrazione del multicloud in Italia è al 51%, al terzo posto di un podio virtuale dietro solo al Brasile (54%) e al Regno Unito (53%). Secondo ma lontano è il cloud privato con il 19% (25% a livello globale). Il 69% degli intervistati in Italia prevede di usare di più il cloud nel corso dei prossimi tre anni (64% a livello globale).

Molte sfide attendono quindi il CIO, chief information officer. La complessità legata alla gestione resta una sfida importante per le aziende: l’84% degli intervistati italiani (83% a livello globale) ritiene che un modello ibrido sia l’ideale. La semplicità di gestione è la chiave per il successo del multicloud per l’87% degli intervistati mondiali.

La predicibilità del software orienta la scelta

Il nostro Paese è la capolista in termini di adozione del multicloud in Europa”, ha commentato Alberto Filisetti, Country Manager di Nutanix Italia. “Le aziende, inoltre, sono ben consapevoli dei potenziali ostacoli legati a gestione, sicurezza e mobilità delle applicazioni“.

Parlando di cloud, la mobilità delle applicazioni è un fatto centrale. Le applicazioni si possono dividere a seconda della predicibilità delle risorse, che può essere alta o bassa. Quelle della prima categoria andranno sul cloud pubblico, le seconde resteranno in azienda. Nutanix non ha mai rinunciato alla semplicità.

Alberto Filisetti, Country Manager di Nutanix Italia

Alberto Filisetti, Country Manager di Nutanix Italia

Per quanto riguarda il passaggio al telelavoro, c’è stata una reale accelerazione con componenti tecniche ed organizzative. Certo il public cloud ha aiutato: chi era tecnologicamente pronto ha semplicemente accelerato, mentre gli altri si sono dovuti impegnare di più. “Organizzativamente siamo italiani, inizialmente abbiamo subito quel cambiamento che ora stiamo apprezzando”, spiega Filisetti; “è un passaggio culturale, nel quale oggi il modello ibrido è compreso”.

Abbiamo chiesto al manager cosa si aspetti dal PNRR, in particolare sul cloud italiano. “Lavoriamo bene con la PA e da agosto ho focalizzato un team solo su questo mercato, sia PA centrale attività a Roma, sia locale con più aree”, ha spiegato. “Il PNRR lo auspico come stimolo per dare una mano di bianco, ma che sia reale, con dentro vera innovazione tecnologica”.

Mobilità delle applicazioni

Guardiamo più da vicino i principali dati dello studio ECI 2021 di Nutanix: si parla di multicloud, sfide e mobilità delle applicazioni. In quest’ultimo caso va rimarcato che Nutanix può stare sia dal lato privato, sia dal lato pubblico, per chi lo spostamento delle applicazioni non richiede replatforming.

La mobilità delle applicazioni è al primo posto. Il 97% delle aziende italiane (91% a livello globale) ha spostato una o più applicazioni in un nuovo ambiente IT negli ultimi 12 mesi. Per il 44% delle aziende italiane intervistate la sicurezza è la ragione più frequente per lo spostamento (41% a livello globale), seguita dalle prestazioni (42% in Italia e 39% a livello globale) e da un miglior controllo delle applicazioni (44% il dato italiano, 38% quello globale).

Il multicloud corre a tutta velocità. Per un terzo (36%), gli intervistati italiani hanno dichiarato di usare già due o tre provider di cloud pubblico e solo il 13% si è appoggiato su più di tre provider (+2%), una percentuale che sale al 33% se proiettata a tre anni.

Le principali sfide del multicloud sono sicurezza e gestione. La gestione della sicurezza (54% il dato italiano, 49% quello globale) e i costi di gestione del cloud (51% contro  43%) sono affiancati dall’integrazione dei dati (53% italiano, 49% globale).