È una delle domande più importanti e attuali del cloud computing: è meno costoso gestire piani di lavoro nel cloud o in un ambiente IT in-house? La risposta secondo Charlie Burns, ricercatore della società di consulenza Saugatuck Technology, è “un forse definitivo”.

La risposta varia infatti troppo dai singoli casi (clienti, utilizzi, carichi di lavoro) per poter trovare una formula univoca. Nonostante ciò, Burns ha comunque indicato alcune regole generali, affermando che “tutto dipende da quanto si è capaci a gestire un ambiente IT in-house”.

Burns ritiene che le grandi aziende con compartimenti IT altamente ottimizzati e fatti su misura per le loro necessità potrebbero trovare l’ecosistema cloud più costoso. Se invece un’azienda ha dei carichi di lavoro dinamici a livello di capacità computazionali, allora l’opzione del cloud può portare a risparmi significativi.

“Le infrastrutture cloud possono portare a significative riduzioni di costo per aziende di diversa tipologia e dimensione. In realtà però questi risparmi dipendono molto dal tipo di lavoro, dalla sua adattabilità al cloud e dai livelli di efficienza e di ottimizzazione delle risorse IT in-house”, continua Burns.

Il tema centrale della ricerca di Saugatuck Technology – un IT in-house ottimizzato è meglio per operazioni statiche e il cloud si addice di più a carichi di lavoro dinamici – è sostenuto anche da altre importanti società di consulenza. In un rapporto dello scorso anno ad esempio Forrester faceva notare come il modello pay-per-use del cloud computing riduca per i clienti l’eccesso di risorse on-premise per gestire il picco di richieste nei loro ambienti IT. “Quando il carico di lavoro tende a variare, il cloud sarà quasi sempre vincente a livello di costi”, ha scritto l’analista Dave Bartoletti. Nel rapporto di Forrester compare però un avvertimento. “Meno costoso non è sempre meglio”, precisa il rapporto. Ecco perché, preoccupati da questioni importanti come sicurezza, prestazioni e affidabilità, molti dirigenti IT hanno preferito rimanere fedeli a soluzioni IT in-house.

Il costo di un servizio cloud non è solo quello per ogni ora di utilizzo della macchina virtuale o per ogni Gigabyte di storage

Burns afferma che ci sono un paio di importanti fattori che i dirigenti IT dovrebbero prendere in considerazione nel capire se il cloud sia veramente un’opzione più conveniente a livello di costi. Mentre la maggior parte delle risorse del cloud computing sono pay-per-use, molte altre si affidano invece a macchine virtuali (VM) di svariate dimensioni. Amazon Web Services ad esempio offre dozzine di macchine virtuali di diverse dimensioni che possono essere aumentate o diminuite di ora in ora. Ma anche con una scelta accurata in fatto di dimensioni delle VM, potrebbe non essere disponibile quella ottimizzata per il carico di lavoro richiesto.

Ci sono però alcune soluzioni che si possono adottare. Una serie di strumenti può infatti aiutare gli utenti cloud a trovare la giusta dimensione per le loro applicazioni, senza contare alcuni provider (Dimension Data, ProfitBricks, CloudSigma e la stessa Microsoft con Azure) che mettono a disposizione VM di dimensioni personalizzabili.

James Staten afferma che il cloud è essenzialmente un altro strumento a disposizione dell’amministratore IT

C’è poi la questione dei costi nascosti. Il costo di un servizio cloud non è solo quello per ogni ora di utilizzo della macchina virtuale o per ogni Gigabyte di storage. Anche le spese di banda, afferma Burns, rappresentano costi che molti clienti tendono a trascurare. Nel cloud di Amazon Web Services per esempio caricare dati sulla nuvola non costa nulla, ma Amazon fa pagare per mantenere questi dati e per le risorse che di rete che ciò comporta.

L’idea del cloud è comunque ideale per vari tipi di lavoro, almeno secondo Mike Pearl, consulting partner di PricewaterhouseCoopers a capo della gestione cloud dell’azienda. Rivolgersi al cloud, sia esso pubblico o privato dietro al firewall della vostra azienda, impatterà positivamente sui costi grazie al fatto che si hanno a disposizione risorse elastiche e on-demand. “Spostarsi su un’architettura cloud comporta dei benefici dimostrabili a livello di costi e di efficienza. La questione più importante se mai è se si debba optare per un cloud pubblico o allestito internamente. Di solito per deciderlo sono necessarie analisi più approfondite”, prosegue Pearl.

In un altro rapporto di Forrester intitolato “Cloud Computing is not the future of IT” l’esperto di cloud James Staten afferma che il cloud è essenzialmente un altro strumento a disposizione dell’amministratore IT. Funziona bene in certi casi e meno bene in altri casi. La cosa fondamentale è capire quando e per cosa utilizzarlo e scegliere la giusta piattaforma e il provider più adatto. Il cloud, conclude Staten, non sta però rimpiazzando il tradizionale IT, che infatti ci sarà sempre e comunque.