Per una manciata di chilometri il Tar del Lazio ha giudicato inammissibile il progetto di realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale (PSN) presentato dalla società Polo Strategico Nazionale che è partecipata da TIM, Leonardo, Cdp Equity e Sogei.

Detti chilometri sono la distanza tra le coppie di data center previste dal progetto: TIM l’aveva stabilita considerando il percorso stradale, mentre il TAR sostiene che il calcolo va fatto sul percorso in linea d’aria. La differenza tra i due calcoli non è enorme (23 km), ma sufficiente a far scendere il risultato sotto i 500 km, che sono il minimo consentito per la realizzazione del PSN.

Ma procediamo con ordine e vediamo come e perché il TAR del Lazio è giunto a questa sentenza, che è stata resa nota il 13 marzo.

Il PSN è di Aruba e Fastweb. Anzi no, è di TIM

Il Polo Strategico Nazionale è parte essenziale della Missione 1 del PNRR: è uno dei cardini della Strategia Cloud Italia ed è il luogo dove dovranno migrare i dati e i servizi critici della Pubbliche Amministrazioni. Per aggiudicarsi la realizzazione e la gestione del PSN si erano sfidate la primavera del 2022 due cordate: una è quella che fa capo a TIM e l’altra è costituita dal raggruppamento Aruba e Fastweb. La base d’asta era di 4,4 miliardi di euro. Tra le due proposte ricevute, l’aggiudicazione è andata all’offerta presentata da Aruba e Fastweb, che ha offerto, per la parte economica, uno sconto medio sui listini posti a base di gara del 39,19%. Il raggruppamento guidato da TIM, in qualità di mandataria, ha offerto una percentuale di sconto medio sui listini posti a base di gara del 23,36%.

Sembrava cosa fatta per Aruba e Fastweb, ma alla cordata guidata da TIM venivano concessi quindici giorni di tempo per esercitare il diritto di prelazione, impegnandosi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. E così è stato.

TIM, Leonardo, Cdp Equity e Sogei hanno esercitato il diritto di prelazione aggiudicandosi la gara alle stesse condizioni proposte da Aruba e Fastweb. Queste, ovviamente, non hanno accettato la situazione che si era creata e, mentre TIM e soci si prodigavano per dar vita alla società Polo Strategico Nazionale per la realizzazione del progetto PSN, hanno messo assieme gli strumenti per far ricorso al TAR del Lazio e chiedere l’annullamento della decisione presa. E ora arriva la sentenza che considera inammissibile il progetto del raggruppamento guidato da TIM. Essenzialmente per due ragioni: la distanza tra i data center e il rischio sismico.

Data center troppo vicini: i 23 km che fanno la differenza

Il bando di gara prevede che il progetto comprenda quattro data center, che siano dislocati a coppie in due Region dell’Italia distanti almeno 500 km. TIM, Leonardo, Cdp Equity e Sogei hanno scelto di usare due data center nei pressi di Milano (Rozzano e Santo Stefano Ticino) e due nei pressi di Roma (Acilia e Pomezia), valutando le varie distanze secondo un percorso stradale. Aruba e Fastweb hanno contestato il fatto che tale distanza fosse rispettata secondo ogni direttrice considerata. Infatti, la distanza minima sarebbe garantita solo su una direttrice (tra i data center di Santo Stefano e di Pomezia, distanti 513 km), mentre non sarebbe garantita in tutti gli altri casi (tra di data center di Rozzano e Acilia e da Pomezia vi sarebbero meno di 500 km; Santo Stefano disterebbe meno di 500 km da Acilia). Questo perché, sostengono Aruba e Fastweb, il calcolo va fatto considerando la distanza in linea d’aria.

I legali della cordata di TIM fanno notare che “anche a voler ritenere che la distanza tra i data center sia da calcolare in linea d’aria, dovrebbe osservarsi che tale misura minima non sarebbe raggiunta per pochissimi chilometri (al massimo 23) e che non sarebbe provato che una tale esigua differenza sia in grado di compromettere le esigenze di disaster recovery”.

Il TAR ha invece sottolineato che la previsione di una distanza minima tra i data center “è espressamente finalizzata a minimizzare il rischio che un evento avverso che dovesse verificarsi nell’area di una delle due Region possa compromettere i data center ubicati nell’altra Region”.

Il data center di Pomezia in zona “troppo” sismica

L’altro punto evidenziato da Aruba e Fastweb riguarda gli indici sismici. La gara iniziale prevedeva che fosse minimizzato il rischio sismico, localizzando i data center in aree dove tale rischio è più basso. “In altri termini, l’approccio adottato per minimizzare il rischio non si basa sulla maggiore o minore capacità degli edifici di resistere alle sollecitazioni sismiche, bensì sulla probabilità e la potenziale intensità dei terremoti”. Questo significa che i data center dovrebbero risiedere in aree aventi una classificazione sismica “non inferiore alla zona 3”, mentre il Comune di Pomezia nel novembre del 2009 è passato da una classificazione 3 a una 2B.

Aruba e Fastweb chiedono i danni

Accertate le motivazioni addotte inerenti alla distanza fra i data center e agli indici sismici, il TAR del Lazio ha dato ragione ad Aruba e Fastweb e ha così dichiarato, con una sentenza non definitiva, inammissibile il progetto raggruppamento guidato da TIM. E per il 19 luglio è attesa anche la sentenza del TAR relativa alla richiesta di risarcimenti avanzata da Fastweb e Aruba per i danni subiti: hanno rispettivamente chiesto 551,938 milioni di euro e 27,126 milioni di euro.

Nel frattempo, c’è da scommetterci, TIM e soci si organizzeranno per fare ricorso al Consiglio di Stato. Però non c’è tempo da perdere perché è previsto che il PSN inizi a operare entro breve. Infatti, il 28 aprile scade il bando per il trasferimento in cloud di una prima tranche di dati e servizi della Pubblica Amministrazione Centrale. Con il rischio di mettere a rischio la Missione 1 del PNRR