Non ho dati per sostenerlo con assoluta certezza, quindi prendetela solo come una previsione personale. Fatto sta che vedo tre motivi per cui la migrazione al cloud potrebbe subire un rallentamento transitorio. Ho anche visto alcuni dati recenti che sembrano confermarlo ed è una tesi che secondo me ha perfettamente senso se consideriamo il punto di maturazione che il mercato del cloud pubblico ha raggiunto oggi.

Innanzitutto, non possiamo tenere il passo con la folle corsa verso il cloud che è stata guidata dalla pandemia. Chi pensava che l’adozione del cloud sarebbe rallentata durante i lockdown imposti alle aziende ha riscontrato il contrario. In effetti, i cloud pubblici sono in gran parte “a prova di pandemia” rispetto ai data center fisici a cui non è stato possibile accedere durante i lockdown e le quarantene. Ciò, in concomitanza con l’esplosione dei programmi di lavoro a distanza, ha fatto sì che molti governi e aziende si siano affrettati a migrare nel cloud.

Non possiamo però mantenere questo ritmo per sempre e stiamo quindi assistendo a un rallentamento dei progetti di migrazione e a un loro ritorno ai ritmi pre-pandemia. Questa secondo me è una buona cosa considerando che la pianificazione e le best practice di buon senso sono state generalmente abbandonate come compromesso per la velocità.

In secondo luogo, ci sono pochi lavoratori specializzati in cloud. La carenza di skill, infatti, non è mai stata così grave e pressante come oggi e sta limitando la maggior parte delle aziende e dei governi quando considerano quanta migrazione vogliono fare rispetto a quante persone qualificate possono trovare per farlo.

IDC servizi professionali cloud 2022

Uno studio dopo l’altro sottolinea il fatto che la velocità di passaggio al cloud è in gran parte determinata dal numero di persone di talento che le organizzazioni possono trovare. La domanda sta ancora superando l’offerta e sospetto che ciò rallenterà la migrazione… se già non l’ha fatto.

Infine, abbiamo già spostato nel cloud i carichi di lavoro più facili. Lo vedo sempre più giorno dopo giorno: stiamo esaurendo le applicazioni che sfruttano la tecnologia abilitante di cui è facile trovare analoghi nei cloud pubblici, come le applicazioni basate su LAMP e i set di dati. Ciò lascia le applicazioni meno recenti, come quelle in esecuzione su sistemi legacy.

Questi carichi di lavoro meno recenti rappresentano un altro livello di difficoltà e spesso necessitano di importanti riprogettazioni e ricodifiche solo per passare al cloud. Forse avrete anche capito che questi sono carichi di lavoro meno convenienti in termini di valore che possono apportare quando li si sposta nel cloud. In molti casi, una minore efficienza del carico di lavoro ha un costo maggiore e ciò elimina qualsiasi aumento di valore.

Non vedo però questo rallentamento temporaneo come una cosa necessariamente negativa. Penso anzi che la rapida migrazione al cloud negli ultimi anni, unita alla mancanza di competenze, abbia indotto molte organizzazioni a commettere errori gravi che alla fine dovranno essere corretti. Molti infatti sono migrati al cloud due volte. La prima per spostare i carichi di lavoro e la seconda volta per correggere tutti gli errori conseguenti.