L’acquisizione di VMware da parte di Broadcom ha scosso in profondità il mercato dell’infrastruttura IT aziendale. Al centro del nuovo corso c’è VMware Cloud Foundation (VCF), la piattaforma di cloud privato che rappresenta oggi il fulcro dell’offerta software di VMware sotto la guida Broadcom. La scelta strategica di abbandonare le licenze perpetue e spostare il modello commerciale verso pacchetti in abbonamento, che includono più componenti software integrati, ha però suscitato reazioni contrastanti tra i clienti.

La nuova offerta ruota intorno a bundle completi, come il VMware Cloud Foundation 9 appena lanciato, che includono non solo il noto hypervisor vSphere, ma anche strumenti per l’automazione, la gestione dei costi, la sicurezza e il monitoraggio delle configurazioni. Un pacchetto pensato per offrire una piattaforma privata all-in-one, capace di competere in funzionalità e semplicità d’uso con le offerte dei principali cloud pubblici. Secondo Hock Tan, CEO di Broadcom, la risposta del mercato enterprise è stata molto positiva, visto che l’87% dei primi 10.000 clienti VMware avrebbe già sottoscritto VCF come strategia a lungo termine. Ma mentre le grandi aziende sembrano aver accettato questa trasformazione, la situazione è molto diversa per le piccole e medie imprese, che lamentano aumenti di costo anche otto o quindici volte superiori rispetto ai vecchi modelli di licensing.

Il punto di vista di Broadcom: valore oltre il costo

Intervistato durante un recente evento mediatico dedicato al lancio di VCF 9, Joe Baguley, CTO di Broadcom per l’area EMEA, ha cercato di ridimensionare il malcontento. Secondo Baguley, molte critiche derivano da un’analisi superficiale dei nuovi bundle. “Quando ci sediamo con i clienti per esaminare nel dettaglio le loro esigenze e il valore reale che otterranno, spesso emerge che la percezione iniziale dei costi elevati non corrisponde alla realtà”, ha dichiarato Baguley.

Molti clienti, infatti, in passato acquistavano solo alcuni moduli separati di VMware (tipicamente vSphere e pochi altri strumenti) e integravano il resto della propria infrastruttura con soluzioni di terze parti, spesso poco integrate e frammentate. Con VCF, sostiene Broadcom, i clienti avrebbero finalmente a disposizione un ambiente unificato e coerente per la gestione completa di configurazioni, sicurezza, ottimizzazione dei costi e automazione. “Quello che sento dire più spesso dai clienti è che non sapevano nemmeno potessero fare tutto questo con VCF”, ha aggiunto Baguley.

I timori delle PMI: pacchetti imposti e licenze gonfiate

Le obiezioni sollevate da molti clienti non riguardano però solo i prezzi, ma la logica stessa dei nuovi bundle obbligatori. Diverse aziende sostengono infatti di essere costrette a pagare per componenti software che non utilizzano e di cui non hanno reale necessità. In un contesto dove ogni euro di budget IT è sotto stretta sorveglianza, la mancanza di flessibilità rappresenta per molti un problema strategico. A confermare il disagio di una parte del mercato, vi sono numerosi casi di aziende (anche di grandi dimensioni come Rackspace) che hanno deciso di avviare progetti di migrazione verso piattaforme alternative, pur consapevoli dei rischi e dei costi legati all’abbandono di VMware. Gartner, ad esempio, ha avvertito che una transizione completa da VMware a un altro stack tecnologico può rappresentare un progetto complesso, costoso e con un significativo grado di rischio operativo.

VMware Cloud Foundation

VMware Cloud Foundation 9

Cloud privato al centro della strategia hybrid

Dietro la spinta verso VMware Cloud Foundation c’è però anche una lettura strategica più ampia del mercato cloud. Secondo il report Private Cloud Outlook 2025 pubblicato da Broadcom, il 53% delle aziende globali considera oggi il cloud privato la principale priorità per l’allocazione di nuovi carichi di lavoro nei prossimi anni. Addirittura, il 69% starebbe valutando il “repatriation” di workload precedentemente migrati sui cloud pubblici. Un fenomeno che non significa abbandonare il cloud pubblico, ma piuttosto trovare un nuovo equilibrio, come sottolinea Baguley: “Se oggi sei un’impresa seria, devi comprendere che la risposta non è solo il cloud pubblico. Serve scegliere per ogni workload il posto giusto: pubblico o privato”.

Secondo l’analisi di Broadcom, molte grandi aziende sono ormai in una fase matura di questo percorso e, partite da datacenter tradizionali frammentati, sono passate all’entusiasmo del cloud-first, per poi rendersi conto che parte della spesa sul cloud pubblico non è sempre ottimizzata. Da qui la tendenza al rientro parziale di alcuni workload su infrastrutture private, più economiche, sicure e sotto maggiore controllo. Non a caso, proprio le grandi imprese costituiscono il target principale di Broadcom per la proposta VCF. Tuttavia, la visione ottimistica di Broadcom non trova pieno consenso tra tutti gli analisti. Roy Illsley, chief analyst di Omdia, sottolinea che i dati Broadcom sui repatriation vanno interpretati con cautela: “Se chiediamo quanti stanno considerando il rientro di workload dal cloud pubblico, il 69% conferma l’intenzione. Ma se analizziamo chi sta effettivamente realizzando queste migrazioni, la percentuale si riduce al 20% circa“. In sostanza, si tratta più di un ribilanciamento graduale, dove in parallelo cresce anche il ricorso a modelli SaaS.

Molte imprese restano caute

Una visione altrettanto prudente arriva da Andrew Buss, EMEA Senior Research Director di IDC, secondo cui l’adozione massiccia del cloud pubblico in forma esclusiva non è mai stata dominante in Europa. “I nostri studi negli ultimi cinque anni indicano che la maggioranza continua a preferire workload su IT privato. Solo l’1-2% ha realmente sposato un approccio full public cloud“, ha precisato Buss. Anche per quanto riguarda il forte incremento delle sottoscrizioni VCF rivendicato da Broadcom, Buss resta scettico: “Molto di quel software incluso nei bundle potrebbe restare semplicemente shelfware acquistato sotto pressione commerciale, ma poco utilizzato nella pratica quotidiana”.

Con VCF 9, Broadcom scommette quindi con decisione su un modello di cloud privato iper-integrato, consapevole che le grandi aziende multinazionali rappresentano il cuore della sua base clienti. Resta da vedere se la spinta verso bundle obbligatori riuscirà a convincere anche le realtà più piccole, o se genererà una fuga progressiva verso alternative più flessibili, soprattutto nel medio e lungo periodo.

(Immagine in apertura: Shutterstock)