Airbus si sta preparando alla migrazione di carichi di lavoro mission-critical verso un cloud europeo realmente sovrano. Un’operazione di grande portata, che l’azienda aerospaziale stima valere oltre 50 milioni di euro e che dovrebbe coprire un arco temporale fino a dieci anni, anche se l’esito non è affatto scontato. Secondo le valutazioni interne riportate da The Register, le probabilità di individuare un fornitore adeguato si fermano infatti a un prudente 80%, lasciando emergere tutte le fragilità strutturali dell’ecosistema cloud europeo.

Il gruppo, che negli ultimi anni ha già razionalizzato i propri data center e adottato soluzioni come Google Workspace, punta ora a spostare in cloud applicazioni centrali per il business come sistemi ERP, piattaforme di manufacturing execution, CRM e strumenti di product lifecycle management, che includono dati e progetti sensibili legati alla progettazione degli aeromobili.

È proprio la natura di queste informazioni a rendere imprescindibile il requisito della sovranità digitale. Come ha spiegato Catherine Jestin, executive vice president of digital di Airbus, una parte rilevante dei dati trattati ha un valore strategico non solo aziendale, ma anche nazionale ed europeo e deve restare sotto un controllo giuridico e operativo pienamente europeo.

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La spinta verso il cloud non nasce però solo da esigenze di sicurezza. Un fattore determinante è l’evoluzione dell’offerta software, dal momento che fornitori chiave come SAP stanno concentrando le principali innovazioni esclusivamente sulle versioni cloud dei loro prodotti, rendendo sempre meno sostenibile il mantenimento di soluzioni on-premises tradizionali. In uno scenario di questo tipo, la migrazione diventa quindi quasi obbligata per restare competitivi e allineati agli standard tecnologici futuri.

La richiesta di offerta partirà all’inizio di gennaio, con l’obiettivo di arrivare a una decisione entro l’estate. Airbus cerca un partner in grado di garantire anche prevedibilità dei costi nel lungo periodo, un aspetto cruciale per un contratto di tale durata che rende la richiesta del gruppo un banco di prova impegnativo per qualsiasi provider europeo.

Anche perché le preoccupazioni di Airbus sulla sovranità digitale non sono astratte. Il dibattito è infatti alimentato da casi concreti e da ammissioni ufficiali come quella di Microsoft davanti a un tribunale francese, dove ha riconosciuto di non poter garantire una totale immunità da leggi extraterritoriali. A questo si aggiunge l’incertezza regolatoria, visto che Airbus attende chiarimenti dai regolatori europei sulla reale possibilità di essere protetta da interferenze esterne e sull’eventualità di interruzioni dei servizi in scenari di crisi.

Resta infine il nodo della scala industriale. Jestin mette infatti in dubbio la capacità degli operatori cloud europei di sostenere carichi di lavoro complessi e globali come quelli di Airbus. Da qui la stima prima citata dell’80%, che suona come un avvertimento al mercato e che suggerisce come senza collaborazione, investimenti e un’accelerazione decisa, l’Europa rischi di non essere pronta quando i suoi campioni industriali cercano alternative credibili ai giganti americani.

(Immagine in apertura: Shutterstock)