Per la maggior parte delle aziende a livello globale, la crescita esponenziale dei dati è diventato un vero e proprio onere, piuttosto che un vantaggio. Il volume, la velocità con cui si generano e la differente tipologia di dati in possesso delle aziende stanno infatti sopraffacendo la stessa tecnologia creando problematiche ai team e nei processi. In generale, la possibilità di trarre vantaggio dal possesso e dall’analisi dei propri dati si sta infrangendo su una serie di barriere, che vanno dal gap di competenze interne alle tematiche di privacy e sicurezza.

Uno scenario in cui il 73% delle imprese italiane ha visto una crescita dei dati generati internamente, mentre oltre il 60% dichiara di averne raccolti di più rispetto al passato. Questo è quanto emerge da uno studio globale di Forrester Consulting commissionato da Dell Technologies che ha analizzato i dati dei decision-maker in 45 Paesi del mondo.

Secondo lo studio, in Italia oltre il 70% delle aziende ha difficoltà a raccogliere, analizzare e prendere decisioni basate sui dati. Tra le barriere più rilevanti, emerge una significativa mancanza di competenze interne necessarie al prosieguo del processo di trasformazione digitale.

Circa il 40% delle aziende italiane, infatti, non riesce a trarre valore dal dato a causa della mancanza di figure professionali interne esperte di data science. Una cifra che arriva al 46% se si prendono in considerazione anche competenze tecniche più allargate, quali ad esempio la capacità di gestire eventi critici come i data-lake.

data scientist

Un fenomeno che trova riscontro anche a livello operativo. Solo il 22% delle aziende dichiara infatti di aver introdotto iniziative volte a democratizzare il dato all’interno della propria organizzazione, con il 61% che ammette di non basare i propri target di sviluppo professionale sui dati. Inoltre, appena il 10% del panel sta incentivando i propri dipendenti a innovare, facendo leva sui dati e sui processi di analisi degli stessi.

In questo quadro, il 45% delle aziende dichiara di non essere riuscito ancora a raggiungere i propri obiettivi di digitalizzazione. Una cifra notevole, alla luce dello scenario digitale, le cui dinamiche sono state accelerate dall’emergenza sanitaria ancora in corso. Ma che è inferiore rispetto a paesi generalmente considerati più maturi rispetto all’Italia dal punto di vista dell’innovazione. In Inghilterra, in questo caso, la cifra sale al 55%, mentre si assesta al 52% in Germania e al 56% in Francia.

Tuttavia, aumenta, ed è destinato a crescere ancora, l’investimento IT delle aziende italiane, con un incremento del 18% nel corso dell’ultimo triennio e un balzo del 65% entro il 2024.

“La ricerca ha evidenziato una serie di paradossi sul modo in cui le aziende stanno utilizzando i dati in loro possesso”, ha dichiarato Filippo Ligresti, Vice President e General Manager di Dell Technologies Italia. “Ci sono aziende che ritengono di essere data-driven, ma poi non massimizzano questi dati come vero capitale aziendale e non danno priorità all’utilizzo dei dati in tutta l’organizzazione. Altre realtà, che dispongono già oggi di una mole di dati maggiore rispetto alla loro capacità di gestione, realizzano che il business richiede un ulteriore set di dati. Infine, molte aziende riconoscono e credono nei vantaggi di un modello operativo as-a-service, ma solo un numero esiguo di esse ha compiuto i passi necessari per integrarlo. È chiaro che le aziende necessitano di una strategia efficace per la gestione dei dati e per affrontare questi paradossi. Questo sarà possibile solo grazie a un approccio integrato che tenga conto della necessità di finalizzare il proprio percorso di trasformazione digitale”.