L’amministrazione Trump ha alzato il livello dello scontro con l’Unione Europea, ventilando l’ipotesi di introdurre dazi o restrizioni nei confronti dei fornitori di servizi europei. La mossa viene presentata come una risposta diretta a quelle che Washington definisce azioni “discriminatorie” contro le aziende statunitensi, in particolare nel settore digitale e dei servizi avanzati. Il messaggio, diffuso dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, segna un irrigidimento del tono e prefigura un possibile allargamento del conflitto commerciale oltre i tradizionali ambiti manifatturieri.

Secondo la posizione americana, l’Unione Europea e alcuni Stati membri starebbero adottando un approccio ostile verso i gruppi statunitensi attraverso una combinazione di cause legali, imposte, sanzioni e direttive regolatorie ritenute vessatorie. Al contrario, sostiene Washington, aziende europee attive nei servizi e nella tecnologia come Accenture, DHL, Siemens, Spotify e SAP opererebbero sul mercato statunitense senza subire trattamenti comparabili. Questo squilibrio, sempre secondo la Casa Bianca, giustificherebbe l’uso di “tutti gli strumenti disponibili” per ristabilire condizioni di concorrenza considerate eque.

Il riferimento ad Accenture è dovuto al fatto che nonostante sia un’azienda americana quotata al NYSE, il suo quartier generale è a Dublino. E’ probabile quindi che la presenza la sua presenza in questo elenco non sia stata valutata attentamente dall’amministrazione USA.

Il riferimento non è casuale e si inserisce in un contesto già segnato da decisioni regolatorie molto incisive da parte delle autorità europee. Negli ultimi mesi, Bruxelles ha infatti intensificato l’applicazione delle proprie normative sul digitale, colpendo alcune delle principali piattaforme statunitensi con sanzioni di entità rilevante. La multa inflitta a X e quella particolarmente elevata comminata a Google hanno rafforzato la percezione, negli ambienti politici statunitensi, di una strategia europea mirata a contenere il potere delle Big Tech americane.

Trump Accenture

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Non è però la prima volta che l’amministrazione Trump collega esplicitamente le politiche digitali europee alle relazioni commerciali più ampie. In passato, Washington aveva già suggerito una correlazione tra l’atteggiamento dell’UE sulle regolamentazioni tecnologiche e concessioni su altri fronti, come i dazi sull’acciaio. Parallelamente, il governo statunitense ha incoraggiato una vera e propria offensiva diplomatica per contrastare l’impianto normativo europeo, ritenuto penalizzante per la competitività delle imprese americane.

Da Bruxelles, tuttavia, la risposta è stata ferma. La Commissione Europea ha respinto le accuse di discriminazione, ribadendo che le regole in vigore si applicano in modo uniforme a tutte le aziende che operano nel mercato unico, indipendentemente dalla loro nazionalità. Secondo la posizione ufficiale dell’UE, l’obiettivo delle normative digitali non è colpire specifici attori, ma garantire un ecosistema più sicuro, equo e competitivo, in linea con le aspettative dei cittadini europei e con i principi del mercato interno.

La Commissione sottolinea inoltre che l’applicazione delle regole avviene senza favoritismi e nel rispetto dello stato di diritto, rivendicando la legittimità delle proprie scelte regolatorie. Allo stesso tempo, Bruxelles afferma di restare impegnata nel dialogo con Washington, richiamando gli impegni assunti nel quadro delle dichiarazioni congiunte UE-USA sul commercio e la cooperazione economica.

Il rischio, tuttavia, è che la contrapposizione si trasformi in una spirale di ritorsioni incrociate. L’eventuale introduzione di dazi o restrizioni sui servizi europei aprirebbe infatti un fronte inedito, colpendo settori ad alto valore aggiunto e accentuando le tensioni tra due economie profondamente interconnesse. In un contesto globale già segnato da instabilità geopolitica e rallentamento economico, il braccio di ferro tra Stati Uniti e Unione Europea sul digitale potrebbe avere ripercussioni che vanno ben oltre il perimetro delle Big Tech, ridefinendo gli equilibri del commercio transatlantico nei prossimi anni.