Dal prossimo 1° novembre, la concorrenza sui mercati digitali dovrebbe essere finalmente più equa. Da tale data entrerà infatti in vigore nell’Unione europea il Digital Markets Act (DMA), il regolamento approvato dal Consiglio Europeo lo scorso 18 luglio che ha lo scopo di regolare il ruolo dei gatekeeper, ovvero quelle piattaforme online di grandi dimensioni che forniscono i punti di accesso per collegare le aziende commerciali e gli utenti finali.

L’obiettivo del DMA è garantire che nessuna realtà che possa fungere da gatekeeper nei confronti di un gran numero di utenti abusi di tale posizione a scapito delle imprese che desiderano accedere a tali utenti.

Il DMA è stato adottato dal Parlamento e dal Consiglio europei il 14 settembre 2022 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 12 ottobre. Come prevede l’iter delle normative europee, entrerà in vigore trascorsi 20 giorni ed essendo un regolamento EU sarà effettivo sin da subito in tutti gli stati membri, senza che questi debbano adottarlo nei rispettivi ordinamenti. Dal prossimo 2 maggio 2023 potranno essere attive le sanzioni per chi non rispetta il regolamento.

Chi sono i gatekeeper secondo la UE

Nella definizione del DMA, il Consiglio Europeo stabilisce in modo preciso quali aziende possono essere considerate gatekeeper. Si tratta anzitutto di quelle realtà che forniscono tutti i tipi di piattaforme online: motori di ricerca, social network, condivisione video, messaggistica, browser web, assistenti virtuali e servizi di intermediazione e pubblicità.

Inoltre, i gatekeeper

  • hanno una posizione economica forte, hanno un impatto significativo sul mercato interno e operano in più paesi dell’UE
  • occupano una forte posizione di intermediazione, ovvero collegano un’ampia base di utenti a un gran numero di imprese
  • detengono (o stanno per detenere) una posizione solida e stabile nel tempo sul mercato. L’azienda deve cioè aver risposto ai due precedenti criteri in ciascuno degli ultimi tre esercizi finanziari.

Per essere definito gatekeeper si devono però soddisfare anche alcuni requisiti quantitativi. Si deve avere una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro o un fatturato annuo di 7,5 miliardi. Si devono anche fornire servizi come browser, messenger o social media, che abbiano almeno 45 milioni di utenti unici mensili nella sola UE e 10.000 utenti commerciali all’anno stabiliti nella UE.

Cosa impone il DMA

Il DMA nasce per garantire in tutta l’Unione tutele normative coerenti e adeguate agli utenti commerciali e agli utenti finali dei servizi di piattaforma di base forniti dai gatekeeper per contrastare le pratiche sleali di questi ultimi. Si vogliono così agevolare le attività economiche transfrontaliere all’interno dell’Unione e migliorare il corretto funzionamento del mercato interno, eliminando la frammentazione esistente o che potrebbe emergere in settori specifici. Inoltre, pur avendo tendenza a impiegare modelli commerciali e strutture algoritmiche globali, i gatekeeper possono adottare, e hanno in qualche caso effettivamente adottato, condizioni e pratiche commerciali diverse in Stati membri diversi, il che può creare disparità tra le condizioni di concorrenza per gli utenti dei servizi di piattaforma di base forniti dai gatekeeper stessi.

Gli obblighi imposti ai gatekeeper dal DMA

Per evitare che ciò avvenga, il DMA impone ai gatekeeper di

  • garantire agli utenti il diritto di annullare l’abbonamento ai servizi di piattaforma di base a condizioni analoghe a quelle dell’abbonamento
  • per i software più importanti (ad esempio i browser web), non imporre tali software per impostazione predefinita all’installazione del sistema operativo
  • garantire l’interoperabilità delle funzionalità di base dei loro servizi di messaggistica istantanea
  • consentire agli sviluppatori di applicazioni di accedere alle funzionalità ausiliarie degli smartphone (ad esempio chip NFC) a condizioni di parità
  • dare ai venditori l’accesso ai loro dati di prestazione marketing o pubblicitaria sulla piattaforma
  • informare la Commissione europea in merito alle acquisizioni e fusioni da essi realizzate

Digital Markets Act: i divieti

Oltre a ciò, i gatekeeper non dovranno più

  • classificare i propri prodotti o servizi in modo più favorevole rispetto a quelli di altri operatori del mercato (autoagevolazione)
  • riutilizzare, ai fini di un altro servizio, i dati personali raccolti nel corso di un servizio
  • stabilire condizioni inique per gli utenti commerciali
  • preinstallare determinate applicazioni software
  • imporre agli sviluppatori di applicazioni di utilizzare determinati servizi (ad esempio sistema di pagamento o gestore di identità) da inserire nei negozi di applicazioni (app store)

Le sanzioni previste dal DMA

Dall’entrata in vigore del regolamento, tutti i gatekeeper avranno a disposizione sei mesi di tempo per adeguare le proprie infrastrutture. Trascorso tale termine, dovranno essere i gatekeeper stessi a dimostrare di essere conformi al DMA. Qualora ciò non accadesse, potrebbero andare in contro a tre tipi di sanzioni

  • Ammende fino al 10% del fatturato mondiale totale annuo dell’impresa, o fino al 20% in caso di violazioni ripetute.
  • Penalità di mora fino al 5% del fatturato medio giornaliero.
  • In caso di violazioni sistematiche degli obblighi, ovvero una violazione del regolamento di tre volte nell’arco di otto anni, alle piattaforme possono essere imposte ulteriori misure correttive a seguito di un’indagine di mercato. Tali misure correttive dovranno essere proporzionate al reato commesso. Se necessario e come opzione di ultima istanza, possono essere imposte misure correttive di carattere non finanziario, tra cui rimedi comportamentali e strutturali, quali l’obbligo di vendere un’attività o parti di essa.

Le reazioni e le accuse di lobbying opaco

Immediate le reazioni delle Big Tech, che si dichiarano notevolmente e ingiustamente penalizzate dal nuovo regolamento. Tuttavia, da accusatrici tali aziende potrebbero trasformarsi direttamente in accusate. Infatti, il 14 ottobre alcuni eurodeputati hanno presentato all’organo di lobbying dell’Unione Europea, il registro per la trasparenza dell’UE, denunce nei confronti di otto aziende e gruppi di lobby. Secondo tali eurodeputati, alcune grandi imprese tecnologiche avrebbero ingannato i legislatori facendo lobby attraverso piccole organizzazioni di facciata.

La richiesta di indagine riguarda Amazon, Google, Meta, la Computer & Communications Industry Association (CCIA), il gruppo IAB Europe e tre lobby che rappresentano le piccole e medie imprese: SME Connect, Allied for Startups e Connected Commerce Council.

Alla base della denuncia ci sarebbe il fatto che le Big Tech avrebbero ingannato i legislatori europei durante i negoziati dell’UE per la definizione proprio del Digital Markets Act e del Digital Services Act, il nuovo regolamento europeo sui servizi digitali approvato il 5 luglio 2022. Le aziende avrebbero agito nascondendosi dietro lobby che rappresentavano piccole e medie imprese, alle quali fornivano finanziamenti e istruzioni. Punto cruciale dell’accusa, come riportato dal sito Politico, sarebbe il fatto che le lobby fingevano di essere i rappresentanti ufficiali delle PMI e allo stesso tempo promuovevano e difendevano gli interessi commerciali delle Big Tech, senza rivelare i loro legami.

Ancora prima di entrare in vigore, anche se non direttamente, il DMA potrebbe aver già mietuto le “prime vittime”.