Apple fa ricorso contro l’EU: l’obbligo di interoperabilità è irragionevole e mina l’innovazione

Apple ha ufficialmente presentato ricorso contro le direttive dell’Unione Europea che impongono l’apertura del proprio ecosistema iOS ai dispositivi e alle applicazioni concorrenti. Una battaglia legale che rappresenta uno scontro fondamentale tra due visioni diametralmente opposte dell’innovazione tecnologica: da un lato l’approccio dell’UE che privilegia la concorrenza e l’interoperabilità, dall’altro la filosofia di Apple che enfatizza la sicurezza e l’integrazione proprietaria.
La controversia nasce dalle specifiche misure adottate dalla Commissione Europea nel marzo 2025 nell’ambito del Digital Markets Act, che richiedono ad Apple di garantire l’interoperabilità tra iOS e dispositivi di terze parti. La multinazionale californiana considera queste richieste “irragionevoli” e sostiene che comprometterebbero sia la sicurezza degli utenti europei, sia la capacità dell’azienda di continuare a innovare.
Il Digital Markets Act e le sue implicazioni
Il Digital Markets Act rappresenta la più ambiziosa legislazione europea per regolamentare il potere delle grandi piattaforme digitali. Apple è stata designata come “gatekeeper” in relazione a iOS, App Store e Safari nel settembre 2023, con l’aggiunta di iPadOS nell’aprile 2024. Questa classificazione comporta obblighi specifici per garantire che concorrenti e sviluppatori terzi possano accedere alle funzionalità essenziali dei suoi sistemi operativi.
La Commissione Europea ha adottato due decisioni sotto il Digital Markets Act specificando le misure che Apple deve intraprendere per conformarsi a certi aspetti della sua obbligazione di interoperabilità. Le misure richieste includono l’apertura di nove funzionalità di connettività iOS precedentemente riservate all’uso esclusivo di Apple, tra cui la connettività Wi-Fi peer-to-peer, le funzionalità NFC e l’accoppiamento dei dispositivi.
Secondo le disposizioni europee, i produttori di dispositivi e gli sviluppatori di applicazioni dovrebbero poter accedere a queste funzionalità per creare prodotti che si integrino efficacemente con l’ecosistema iOS. Questo significa che smartwatch non Apple potrebbero visualizzare correttamente le notifiche iOS, cuffie Bluetooth di terze parti potrebbero offrire un’esperienza di accoppiamento più fluida e applicazioni concorrenti potrebbero accedere a funzionalità precedentemente esclusive.
La risposta di Apple: sicurezza contro interoperabilità
Apple ha reagito con fermezza alle richieste europee, definendo le misure di interoperabilità come fondamentalmente viziate. La posizione dell’azienda si basa su tre argomentazioni principali:
- L’apertura forzata del suo sistema operativo comprometterebbe la sicurezza integrata che caratterizza l’ecosistema iOS. L’architettura chiusa di Apple è stata infattiprogettata per minimizzare i vettori di attacco e garantire che tutte le applicazioni e i dispositivi connessi rispettino standard di sicurezza rigorosi
- Le richieste di interoperabilità potrebbero esporre dati sensibili degli utenti a società che potrebbero non applicare gli stessi standard di protezione della privacy. Apple teme che l’accesso a funzionalità come NFC e connettività wireless possa creare nuove opportunità per la raccolta non autorizzata di dati personali
- Questi requisiti limiteranno la capacità di Apple innovare, costringendola a rendere pubbliche tecnologie proprietarie che rappresentano il risultato di anni di ricerca e sviluppo. L’azienda ha investito ingenti risorse nello sviluppo di un ecosistema integrato e teme che l’obbligo di condividere queste tecnologie possa ridurre i suoi incentivi all’innovazione futura
Nonostante le obiezioni legali, Apple ha dimostrato un impegno significativo nel tentativo di conformarsi alle richieste europee. Ha dedicato 500 ingegneri agli sforzi di conformità DMA e ha lanciato un portale per sviluppatori per le richieste di interoperabilità. Questo investimento rappresenta un costo considerevole in termini di risorse umane e tecniche, evidenziando la serietà con cui l’azienda sta affrontando le sfide regolatorie europee.
L’azienda, inoltre, ha già implementato alcune modifiche significative per conformarsi al DMA, inclusa l’apertura dell’ecosistema iPhone a marketplace di terze parti, a sistemi di pagamento alternativi e ad altre modifiche strutturali. Tuttavia, le richieste più recenti relative all’interoperabilità dei dispositivi rappresentano una sfida di natura diversa, poiché toccano il cuore dell’architettura di sicurezza di iOS.
Le implicazioni finanziarie di questa battaglia legale sono enormi. Le società che violano le regole DMA rischiano infatti multe fino al 10% dei ricavi annuali mondiali. Per Apple, che ha registrato ricavi superiori ai 380 miliardi di dollari nell’ultimo anno fiscale, una multa del 10% rappresenterebbe una penalità di oltre 38 miliardi di dollari.
Oltre alle sanzioni finanziarie, Apple rischia misure strutturali più drastiche. La Commissione ha infatti il potere di ordinare la separazione di parti dell’attività aziendale se ritiene che le violazioni siano sistematiche e gravi. Questo potrebbe teoricamente comportare la separazione forzata di servizi come l’App Store o iCloud dalle operazioni principali di Apple. Il ricorso presentato da Apple rappresenta quindi una strategia difensiva essenziale per proteggere non solo i ricavi attuali, ma l’intero modello di business dell’azienda.
La Commissione europea mantiene una visione radicalmente diversa dell’innovazione tecnologica. I regolatori europei sostengono infatti che i mercati aperti e competitivi stimolano l’innovazione meglio degli ecosistemi chiusi dominati da singole aziende e, secondo questa filosofia, l’interoperabilità forzata dovrebbe stimolare la concorrenza e portare a prodotti migliori per i consumatori.
L’UE è preoccupata che Apple non stia fornendo condizioni di parità per i dispositivi connessi di terze parti per integrarsi con le sue piattaforme. Questa preoccupazione riflette una visione più ampia secondo cui le grandi piattaforme tecnologiche utilizzano la loro posizione dominante per escludere i concorrenti piuttosto che competere sui meriti.