Dieci settimane. Questo il tempo che Google ha a disposizione per rispondere alle pesanti accuse mosse da Bruxelles e difendersi dai rilievi della Commissione Europea, che nelle ultime ore ha avviato una procedura formale all’indirizzo del colosso di Mountain View per abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca su Internet.

Un’altra inchiesta è stata avviata in contemporanea e riguarda irregolarità che sarebbero state compiute dalla multinazionale nella gestione dei sistemi operativi mobile Android, installati sulla maggior parte degli smartphone e dei tablet in commercio.

Più nel dettaglio, l’indagine, coordinata dal commissario europeo per la Concorrenza Margrethe Vestager, è al momento focalizzata sui servizi di ricerca nel settore dello shopping online, ma non è escluso che possa estendersi ai campi delle mappe, della prenotazione viaggi e vacanze e dei voli aerei.

In tutti i casi, Google rischia grosso, poiché , qualora le accuse fossero confermate, Bruxelles sarebbe pronta a comminare una maxi sanzione, pari al 10% del fatturato globale dell’azienda: una cifra non inferiore ai sei miliardi di dollari.

È vero che nel recente passato il motore di ricerca californiano è stato oggetto di ben trentadue rilievi avanzati dalla Commissione Ue poi caduti nel vuoto, ma questa volta i margini per attendersi un contenzioso legale ci sono tutti, almeno a giudicare dalla sicurezza delle dichiarazioni di Vestager, che ha spiegato come “ Il nostro obiettivo è applicare le norme antitrust Ue per garantire che le imprese che operano in Europa, ovunque siano basate, non neghino artificiosamente ai consumatori il diritto di godere della più ampia scelta possibile. Oppure soffochino l’innovazione.

Nel caso di Google preoccupa che la società abbia dato un vantaggio sleale al proprio servizio di comparazione prezzi per lo shopping online, in violazione delle norme antitrust comunitarie. Bruxelles si attende che il gruppo della Silicon Valley dimostri il contrario. Oppure dovrà affrontare le conseguenze legali e cambiare il modo in cui svolge la propria attività in Europa”.

Di segno opposto la reazione dei diretti interessati, che per bocca del vicepresidente Amit Singhal hanno ribattuto di “essere fortemente in disaccordo con le accuse ricevute, a partire dal fatto che non siamo gli unici a beneficiare dell’efficienza dei nostri servizi di ricerca online e del successo di Android. Per questo non vediamo l’ora di discutere di questi aspetti con la Commissione europea”.