Due anni abbondanti di pandemia hanno modificato la percezione di molti bisogni sul lavoro. Non si guarda più solo a ricavi e comodità, ma anche a sicurezze e garanzie. Da questa esperienza possiamo imparare molto: lo suggerisce Ivanti, che può dimostrarlo grazie al report 2022 Everywhere Workplace.

Molte organizzazioni hanno valutato il cambiamento in atto e molte altre continueranno a farlo. È necessario, a tutti. Ivanti occupa una posizione particolare e ha un punto di osservazione privilegiato: le sue varie anime (Landesk, Heat e Lumension in primis) si sono occupate dei principali aspetti di gestione di hardware, persone e della loro sicurezza fin dal 1985.

Nata nel 2017, Ivanti si dedica alla sicurezza dell’Unified IT, per ottimizzare la produttività e ridurre l’esposizione ai rischi informatici. L’offerta è incentrata su tre modelli applicativi: Unified Endpoint Management (UEM), Zero-Trust Access (ZTA), e Enterprise Service Management (ESM).

La piattaforma di automazione Neurons rileva, gestisce, protegge e supporta gli asset IT dal cloud all’edge, abilitando l’Everywhere Workplace e anticipando l’insorgere di problemi prima che abbiano effetti davvero negativi.

Come è cambiato quindi il mercato del lavoro sotto gli stimoli della pandemia? Cosa possiamo imparare per migliorare davvero l’operatività aziendale e il comfort dei dipendenti? La nuova ricerca di Ivanti ha provato a rispondere, raccogliendo le opinioni di 4.510 impiegati e 1.609 professionisti IT su tre continenti.

Capire gli atteggiamenti nei confronti del lavoro a distanza, i punti di disaccordo tra i diversi gruppi demografici, i benefici e le preoccupazioni hanno composto il centro di gravità di questo lavoro.

L’indagine è stata presentata e commentata da Marco Cellamare, Regional Sales Director per l’area Mediterranea (Italia, Grecia e Israele) e Marco Mozzi, EXM Sales Specialist.

La User Experience del dipendente è ora al centro

In estrema sintesi, esperienza, controllo investimenti e sicurezza MAP sono i tre filoni che emergono dal periodo pandemico. “Le organizzazioni hanno ora bisogno di un maggior controllo degli investimenti IT”, anticipa il manager dell’area mediterranea; “l’esperienza dei dipendenti in quanto utenti diventerà la priorità”.

Ancora una volta, poi, è necessario sottolineare la rilevanza della security: “una buona scelta è affidarsi all’approccio MAP, ovvero Manage, Automate, Prioritize”. I problemi maggiori dagli smartphone, poco adatti alla sicurezza.

Una volta assaporata, la flessibilità è immediatamente diventata un obiettivo centrale del dipendente, addirittura più importante della carriera o dell’aumento.

Per mantenere la flessibilità sul luogo di lavoro, infatti, la maggioranza dei dipendenti è pronta a pagare, rinunciando a una promozione (71%) o a una parte dello stipendio (64%). Secondo l’indagine, infatti, il 30% dei lavoratori vuole oggi lavorare esclusivamente da casa, mentre solo il 13% vuole lavorare esclusivamente in ufficio.

I nomadi digitali erano il 21% prima della pandemia e ora sono ben il 44%. Si tratta di aspettative rilevanti che un’azienda deve considerare nella gestione della forza di lavoro.

Il 24% dei rispondenti ha lasciato il lavoro nell’ultimo anno e il 27% sta pensando di lasciarlo. Le persone hanno cambiato lavoro principalmente nel nome della flessibilità: se questa venisse meno, il 24% lascerebbe il lavoro.

“Per i team le complessità sono aumentate e i perimetri classici sono frantumati” – spiega Mozzi – “il numero di device da seguire è in aumento esponenziale ed è più difficile avere supporto immediato per la continuità operativa”.

È chiaro che il lavoro a distanza ha generato, all’interno delle aziende, un profondo cambiamento nella User Experience dei dipendenti. Il punto centrale è la comunicazione con l’azienda attraverso le interfacce veloci e intuitive dei social media.

Inoltre, i sistemi che prima funzionavano correttamente, sono oggi esposti a minacce esterne e interne a causa di dispositivi e applicazioni che non sono controllati adeguatamente per l’uso in una rete aziendale.

Valutare correttamente il gender gap

Il divario di genere esiste ed è ora più facile da misurare e valutare correttamente. Gli effetti del lavoro a distanza sono diversi tra uomini e donne: le donne che operano nell’IT hanno avuto le maggiori difficoltà ad adattarsi al lavoro a distanza, subendone gli impatti negativi (70%) molto più degli omologhi maschi (30%).

“In pandemia le donne hanno sofferto molto più degli uomini”, conferma Cellamare, “ritenendo che l’azienda non le abbia supportate”. Non che siano state supportate dai compagni: il peso di eventuali figli è stato quasi esclusivamente delle donne, e più in generale “le esigenze domestiche sono diventate un vero e proprio secondo turno lavorativo”.

Le donne segnalano un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata (54%), un risparmio di tempo grazie alla riduzione degli spostamenti (54%) e un forte effetto sull’equilibrio complessivo (56%). Curiosamente, questi argomenti trovano meno spazio tra i maschi, che hanno esternato prevalentemente delle preoccupazioni relative alla carriera.

Le cose cambiano in fretta

Come sempre accade, un cambiamento anche terribile com’è stata la pandemia porta con sé analisi da punti di vista nuovi. Oggi la raccolta di informazioni aggiornate va fatta a un ritmo serrato, che spesso identifica più un particolare fotogramma che non la vera traiettoria in movimento.

A nostro avviso, in gran parte dei casi le valutazioni attuali risentono di fattori emotivi impulsivi, ma non razionali, che verranno rivalutati nel tempo. Inoltre non è chiaro come un cambiamento così improvviso potrà modificare i parametri economici non solo delle aziende, ma anche delle singole persone.

Per saperlo, restiamo vigili. E aspettiamo nuove indagini.

I parametri in gioco richiedono quindi, più di quanto accadesse nel 2020, un continuo monitoring personale e operativo. Per far sopravvivere la propria competitività, le aziende devono certamente cambiare passo nel controllo dinamico di asset e persone.